Leonor Bonilla

Don Giovanni

Wolfgang Amadeus Mozart, Don Giovanni

★★★★☆

Barcellona, Gran Teatre del Liceu, 22 ottobre 2020

(live streaming)

bandiera francese.jpg Ici la version française

Don Giovanni è invecchiato

Un Don Giovanni in costume? Sì, ma con i soliti intriganti risvolti psicologici a cui ci ha abituato Christof Loy.  Produzione proveniente dall’Opera di Francoforte, la registrazione video che il Liceu mette a disposizione è la recita destinata ai giovani alla fine delle repliche, quando il teatro deve chiudere a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Questo è lo spettacolo inaugurale della sua nuova stagione.

La narrazione di Loy è chiara e fedele al testo, gli abiti sono d’epoca, ci sono le spade, il «picciol libro» di Leporello, i «candidi pennacchi» di Don Giovanni. I costumi da Moschettieri di Ursula Renzenbrink situano la vicenda ai tempi previsti dal Burlador di Tirso de Molina, da cui deriva l’opera di Mozart, mentre la scena unica di Johannes Leiacker propone una grande stanza vuota che ha conosciuto un lontano splendore. Due finestre a sinistra, un grande camino a destra e al fondo una parete con una grezza apertura verso l’esterno sono gli unici elementi presenti in scena. L’idea di fondo è il vuoto sentimentale dei personaggi e delle loro interazioni, siano essi i vani libertinismi o i futili matrimoni. Un sipario rosso steso al proscenio può raffigurare un rivolo di sangue su cui si accascia il Commendatore. Ritornerà nella scena finale per la sua entrata: l’opera termina infatti con la morte di Don Giovanni come nella versione viennese. Per la necessità di terminare la rappresentazione prima delle 23 come prescritto dalle autorità viene dunque tagliato non solo il concertato finale (nella lettura di Loy il pistolotto moralistico qui proprio non avrebbe avuto senso), ma mancano anche gli interventi di Don Ottavio («Dalla mia pace la sua dipende»), Donna Elvira («Mi tradì quell’alma ingrata») e il duettino Zerlina/Leporello, come nella versione praghese.

Don Giovanni e il Commendatore all’inizio sono identici, praticamente due gemelli: la loro somiglianza sfuma la dualità morale che dovrebbe distinguere il libertino dall’integerrimo padre di famiglia. Ma presto Don Giovanni abbandona il vestito scuro e persino la barba bianca che si fa maldestramente tingere di nero da Leporello, per indossare il costume bianco da cavaliere. Alla fine sembra invecchiato di colpo: i movimenti sono stentati e per camminare si aiuta con un bastone, si rimette il vestito nero e la barba ritorna al colore naturale per assomigliare di nuovo al Commendatore. Sennonché questi ha nel frattempo ripreso il costume bianco di Don Giovanni! Loy cambia spesso le carte in tavola nei suoi spettacoli. Per non dire delle donne nobili vestite da uomo nell’atto primo e Donna Elvira che riconosce subito Leporello nel travestimento come Don Giovanni, ma si fa andare bene la cosa.

I recitativi sono molto curati e il maestro concertatore Josep Pons prende tempi molto rilassati che talora fanno mancare la tensione, ma quando è ora la grinta in orchestra non manca. Christopher Maltman ritorna ancora una volta al personaggio – era stato tra l’altro l’interprete della versione cinematografica Juan di Holten – la voce è un po’ affaticata quindi coerente col personaggio invecchiato per cui l’ossessione per il sesso è quasi sublimata (è Zerlina che cerca di trascinare un Don Giovanni svagato nel «casinetto») nel rimpianto della perduta giovinezza, come risulta chiaro nel suo «De’ vieni alla finestra», che più che un invito è un canto nostalgico. Uno dei migliori Leporelli mai visti sulle scene è quello di Luca Pisaroni, eccelso attore e cantante dalla cristallina articolazione vocale (è anche l’unico italiano) e ampio registro.

   Don Ottavio è un vocalmente soave Ben Bliss, eccellente stilista nelle variazioni della ripresa nella sua unica aria. Adam Palka è un autorevole Commendatore mentre Josep-Ramon Olivé incarna un realistico Masetto. Interpretate da Véronique Gens e Miah Persson, le donne nobili hanno una punta di stridulo nelle voci, come se la vergogna (di Donna Elvira) e la voglia di vendetta (di Donna Anna) incidessero sulla linea vocale. Beniamina del pubblico locale è Leonor Bonilla, una Zerlina tutt’altro che soubrette, che rivela anche lei una certa durezza nel timbro. Tutti quanti si dimostrano ottimi attori in scena, qualità essenziale in uno spettacolo così “teatrale” come questo di Loy.

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