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Leonard Bernstein, Candide, overture
George Gershwin, Concerto in fa per pianoforte e orchestra
I. Allegro
II. Adagio – Andante con moto
III. Allegro agitato
Aaron Copland, Appalachian Spring Suite
Leonard Bernstein, Divertimento per orchestra
I. Sennets and Tuckets
II. Waltz
III. Mazurka
IV. Samba
V. Turkey Trot
VI. Sphinxes
VII. Blues
VIII. In Memoriam – March: The BSO Forever
John Axelrod direttore, Nicolas Namoradze pianoforte
Torino, Auditorium RAI Arturo Toscanini, 24 maggio 2023
La musica di New York
Innanzitutto una mesta considerazione: se neanche un programma così popolare come questo riesce ad attirare un folto pubblico giovanile, siamo proprio messi male. Un timido applauso tra i due primi tempi del concerto rivela la presenza di qualche neofita, ma ci vuole altro: la platea dell’Auditorium Arturo Toscanini è occupata per poco più di metà, balconata e galleria sono desolatamente vuote. In una città di 900 mila abitanti meno dello 0,5 ‰ sente il bisogno di frequentare il suo auditorium neppure quando in programma ci sono musiche che sembrano fatte apposta per attirare folle. Come invece avviene quasi dappertutto oltralpe. E non si dica che è colpa dei prezzi: con meno dell’equivalente di un aperitivo, chi ha meno di 35 anni può passare una serata più stimolante di uno spritz sul marciapiedi.
L’Orchestra Sinfonica Nazionale RAI conclude la sua stagione con una serie di concerti, definiti pop, affidati a bacchette di grande prestigio, come quella di John Axelrod che apporta la sua contagiosa vitalità in un programma di compositori americani del ‘900. Ecco quindi Leonard Bernstein ad aprire la serata con un’esecuzione travolgente dell’ouverture della sua opera Candide (1956) e a concluderla con un lavoro del 1980, il Divertimento per orchestra in otto ironici movimenti commissionatogli dalla Boston Symphony Orchestra (da qui la sigla BSO) per celebrare il centenario della sua fondazione. Sono otto piccole miniature orchestrali basate sulle note si e do che nella notazione anglosassone corrispondono alle lettere B e C, iniziali di Boston Centennial. “Sennets and Tuckets” si riferisce invece ai termini che usa Shakespeare per indicare gli squilli di trombe, qui per denotare un festoso pezzo introduttivo. I tre seguenti si affidano a danze: uno sghembo valzer che evoca quello della Patetica di Čajkovskij; una mazurka dal tono mesto; una samba sincopata; un zoppicante turkey trot; i due pezzi Sphinxes e Blues sono lenti e hanno il colore livido di un’alba a New York.
In questo impaginato non poteva mancare George Gershwin, di cui si ascolta il celeberrimo Concerto in fa per pianoforte e orchestra (1925) la cui popolarità è seconda solo a quella della sua Rhapsody in Blue. I temi idiomatici contaminati dal jazz e del blues del pezzo, che doveva inizialmente intitolarsi New York Concerto, sono resi magnificamente dalla bacchetta di Axelrod e dalle mani del pianista Nicolas Namoradze che dopo un’esecuzione raffinatissima deve concedere un bis ed ecco The Man I Love in una versione quasi schubertiana.
Con Aaron Copland e la sua Appalachian Spring (19449) si entra nel solco del ‘900 più tradizionale: qui le influenze della musica nera sono quasi assenti. Originariamente un balletto per Martha Graham, che suggerì al compositore il titolo tratto da un verso del poeta Hart Crane, per tredici strumenti e quattordici numeri, divenne poi una suite per grande orchestra in otto movimenti.
A furor di applausi Axelrod concede ancora un fuori programma: mancava Scott Joplin all’appello e il direttore texano ci offre una rutilante versione orchestrale del suo Maple Leaf Rag che manda a casa ancora più contento il pubblico.
⸪
