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Leoš Janáček, Příhody lišky Bystroušky (La piccola volpe astuta)
Praga, Národní Divadlo, 29 maggio 2018
«Che opera ci si potrebbe fare!»
I primi problemi Rudolf Těsnohlídek, l’autore del romanzo da cui è tratta l’opera di Janáček, li aveva avuti con la dattilografa cui dettava le bozze della vicenda, in quanto l’allegra franchezza di alcune pagine toccavano la pruderie della signorina. Poi ci fu la tipografia, che cambiò l’originale Bystronožka (piè veloce) in Bistrouška (orecchi aguzzi). Comunque alla fine grande fu il successo per le puntate pubblicate nell’edizione pomeridiana del “Lidové noviny” (Il giornale del popolo) di Brno tra il 7 aprile e il 23 giugno del 1920, con le illustrazioni di Stanislav Lolek, raccolte l’anno seguente in volume. Il 6 novembre 1924 l’opera debuttava al Teatro Nazionale di Brno.
Sembra che sia stata la governante di casa Janáček a suggerire la storia al padrone di casa: «Signore, lei conosce bene il linguaggio degli animali, sta sempre ad annotare il canto degli uccelli. Che opera ci si potrebbe fare!». Il compositore prima aveva sorriso alle illustrazioni, poi si era interessato alla vicenda e così nacquero Le avventure della volpe orecchi aguzzi, come suona in originale il titolo. Le ore passate sulle alture di Hukvaldy ad ascoltare i rumori della natura – il brusio degli insetti, il cinguettio degli uccelli, il fruscio degli alberi – gli suggerirono i suoni di questa “favola per anziani”.
Opera di routine al Teatro Nazionale Praghese, questa produzione di qualche anno fa si avvale della ingegnosa scenografia di Martin Černý: un piano inclinato in cui sono ritagliate quattro sezioni circolari, con pali conficcati che suggeriscono gli alberi del bosco, che ruotando creano le tane degli animali, ma servono anche a creare il suolo instabile sotto i piedi degli ubriachi che tornano a casa. Nella parte anteriore, come nei libri pop-up, si aprono gli ambienti della taverna e della fattoria.
Kateřina Štefková innesta sugli abiti anni ’20 code e orecchi per i personaggi animali, oppure esilaranti costumi per le galline di cui fa strage la volpe. Il regista Ondřej Havelka illustra con linearità la vicenda del ciclo della natura tramite l’intrecciarsi delle vite del guardacaccia e della volpe. Quella dell’animale segue un arco drammatico ben definito che manca a quella dell’umano e alla sua infelice storia d’amore con Terynka, qui un personaggio in carne ossa.
Gli eccellenti interpreti non hanno problemi con la lingua e sono abituati al teatro di Janáček che qui è di repertorio, i cori di bambini sono perfettamente intonati e si muovono in scena con grande agio, le coreografie sono essenziali ma di gusto e il direttore, Robert Jindra, di ineccepibile professionalità.
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