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Giulia Vannoni, Il canto della scienza
184 pagine, Bulzoni Editore, 2022
Non solo amori, passioni o imprese eroiche sono stati cantati nel melodramma. “Come il teatro musicale interpreta Galileo, Einstein e gli altri” è il sottotitolo di questo testo che tratta della musica che ha per oggetto uno scienziato, un argomento che è diventato importante solo nel XX secolo. Non è che prima fossero assenti nel melodramma, ma erano motivo di umoristica presa in giro, come il Mesmerismo di Despina del Così fan tutte o il medico imbroglione Dulcamara de L’elisir d’amore o inquietante presenza, come lo Spalanzani costruttore di automi di Les contes d’Hoffmann.
Come risulterà evidente dall’elenco troveremo solo compositori ancora viventi o comunque appartenenti al Novecento: l’Ottocento a questo proposito si comporta «quasi come un buco nero», com’è il titolo dell’ultimo capitolo del libro. Buon gioco ha avuto ovviamente l’elemento irrazionalista e antiscientifico del Romanticismo nel XIX secolo, ma è anche la mancanza di una sponda letteraria indispensabile la causa di una tale trascuratezza.
Nel suo testo Vannoni prende in considerazione tutte le opere musicali che hanno come soggetto uno scienziato, dal passato ai giorni nostri. Primi fra tutti i giganti dell’astronomia. Copernico e la sua rivoluzione eliocentrica nel Kopernikus, Rituel de la mort (1980) di Claude Vivier, Copernicus (2015) di Oliver Korte, la Seconda Sinfonia “Kopernikowska” (1973) di Henryk Górecki. Il misterioso Brahe entra come personaggio del Musikdrama Der Golem (1926) di Eugen d’Albert o nel Tycho (1987) di Poul Ruders. Keplero e la sua “Armonia delle sfere” in Die Harmonie der Welt (1952) di Paul Hindemith, Keplers Traum (1990) di Giorgio Battistelli e Kepler (2009) di Philip Glass. Lo stesso Glass aveva scritto Galileo Galilei sette anni prima. Sul dramma Leben des Galilei di Bertolt Brecht si basano il Galileo Galilei (1964) di Corneliu Cezar e il Galilei (2006) di Michael Jarrell. Newton si deve accontentare invece di essere menzionato nella Émilie (2010) di Kaija Saariaho che dedica il suo “monodramma in nove scene” alla marchesa Émilie du Châtelet a cui si deve la divulgazione, durante l’Illuminismo, dei Principia.
“La scienza conosce il peccato” è il titolo del capitolo dedicato da Vannoni agli scienziati del Novecento. Con Albert Einstein i compositori moderni prendono a modello il massimo fisico del secolo per parlare della problematicità della scienza e del suo rapporto con la politica, la società e l’ambiente, come nell’Einstein (1974) di Paul Dessau. Mentre Einstein on the Beach (1976), ancora di Philip Glass, è opera metafora della relatività di spazio e tempo in una composizione che ha rivoluzionato il teatro d’opera grazie alla regia e alla drammaturgia di Robert Wilson, le coreografie di Lucinda Childs, la poesia di Christopher Knowles, la recitazione di Samuel M. Johnson.
Al nostro passato prossimo appartengono anche le figure di Marie Curie, soggetto di Madame Curie (2011) di Elżbieta Sikora; Robert Oppenheimer, il personaggio tormentato di Doctor Atomic (2005) di John Adams; Ettore Majorana, figura emblematica della questione morale nella scienza moderna e carica di mistero irrisolto. Al fisico siciliano si è dedicato il compositore italiano Roberto Vetrano con la sua “opera in n variabili” Ettore Majorana, Cronaca d’infinite scomparse (2017).
Ma la figura scientifica che ha maggiormente stuzzicato la fantasia dei musicisti sembra sia al momento Turing: The Life and Death(s) of Alan Turing (commissionato nel 2005 ma andato in scena solo nel 2023) di Justine F. Chen; Enigma, The Life and Death of Alan Turing (2012) di Barry Truax; Code Breaker: the Alan Turing Story (2014) di James McCarthy, per soprano solo, coro e orchestra; Sentences (2015), monologo drammatico per controtenore e orchestra di Nico Muhly; Anathema: the Turing Opera (2017) di William Antoniou; Turing Machine (2008), lavoro multimediale composto da una trilogia e due installazioni dei finlandesi Eeppi Ursin e Visa Oscar. Ma forse il lavoro più intrigante è I am Turing (2020), progetto di Matthew Suttor e un team dell’Università di Yale: un dialogo tra macchine e un libretto generato tramite un modello di intelligenza artificiale.
La mappatura di Giulia Vannoni continua con le figure di Darwin, soprattutto i suoi conflitti famigliari come in Darwin (2017) del compositore danese Niels Marthinsen e On the Origin (2010), ancora di Justine F. Chen. Sulla figura di Tesla l’azione drammaturgica in tre scene Tesla (2009), dell’italiano Raffaele Grimaldi, o Les éclairs (2021) di Philippe Hersant.
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