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Wolfgang Amadeus Mozart, Sinfonia n° 34 in Do maggiore K 338
I. Allegro vivace
II. Andante di molto
III. Allegro vivace
Dmitrij Šostakovič, Sinfonia n° 10 in mi minore op. 93
I. Moderato
II. Allegro
III. Allegretto – Largo – Più mosso
IV. Andante – Allegro
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Daniele Gatti direttore
Torino, Auditorium RAI Arturo Toscanini, 16 maggio 2024
Per il suo ritorno con l’Orchestra Sinfonica Nazionale RAI Daniele Gatti ha scelto Mozart come entrée al plat de résistance della serata costituito dalla Decima Sinfonia di Šostakovič. Cronologicamente il primo e l’ultimo pilastro della evoluzione della sinfonia che, nata nella sua forma classica con Haydn e Mozart nel secondo Settecento, è arrivata al XX secolo e qui ha trovato nel compositore russo il suo ultimo grande interprete.
Se le 104 sinfonie di Haydn spaziano su un periodo molto lungo, il culmine della sua creazione è quello delle ultime dodici (le “Sinfonie londinesi”) che appartengono al periodo 1791-1795 e vengono quindi dopo le ultime sei di Mozart: dal 1782 della “Haffner” (K 385) al 1788 della “Jupiter” (K 551). La K 338 in programma è stata scritta prima della partenza di Mozart per Monaco (novembre 1780) per l’allestimento dell’Idomeneo. La sinfonia è in Do maggiore e ha un carattere esuberante così messo in evidenza da Massimo Mila: «È il capolavoro di quella musicale tracotanza, di quell’orgoglio della propria maestria, che caratterizza le composizioni di Mozart dopo i suoi ritorni dai viaggi all’estero», in questo caso da Parigi, dove aveva presentato, tra l’altro, la sua Sinfonia n° 31, la “Pariser” appunto. Nel complesso il viaggio era stato deludente, ma era comunque stato un’utile esperienza per l’ex enfant prodige. La K 338 è dunque l’ultima sinfonia della sua gioventù salisburghese e fa da ponte alla successiva dirompente maturità viennese, quando è finalmente lontano dalla provinciale corte arcivescovile. Originariamente concepita in quattro movimenti, fu poi ridotta a tre, una struttura più comune nel primo classicismo. A questo proposito il musicologo Alfred Einstein ha avanzato una sua tesi secondo cui il Minuetto in Do maggiore K 409, scritto a Vienna nel maggio 1782, sarebbe stato composto per questa sinfonia, ma non esiste alcuna prova a sostegno di tale affermazione e per di più il Minuetto richiede due flauti che sono invece assenti nell’organico della sinfonia che come fiati prevede due oboi, due corni, due fagotti e due trombe.
Una vivace fanfara in tempo di marcia introduce il primo tema dell’Allegro vivace iniziale mentre il secondo è più lirico. Tono molto festoso è anche quello del secondo movimento, un “Andante di molto” [sic] in Fa maggiore per soli archi, ad eccezione di un fagotto che raddoppia i bassi. Ancora più allegro è ovviamente il finale con un ritmo che richiama quello di una tarantella. Daniele Gatti non sopravvaluta i meriti di questo lavoro che presenta nella sua olimpica gioia compositiva lasciando agli strumentisti dell’orchestra la possibilità brillare nei loro interventi. Nella lettura a memoria di Gatti è la fluidità dei temi e la trasparenza del suono a trovare la più felice realizzazione.
Nei 172 anni che trascorrono tra il lavoro di Mozart e quello di Šostakovič come è cambiato il mondo! Sono mutate la società, la cultura in generale e la musica in particolare. Soprattutto la sinfonia, che è diventata un oggetto più pregno di significato e ideologicamente importante, quasi scomodo, di quanto fosse stato nel passato. È successo con Beethoven e succederà ancora di più con Bruckner e Mahler a fine Ottocento. Non solo a livello estetico, ma anche a livello sociale la sinfonia assume un’importanza e un ruolo che nessun’altra forma strumentale possiede, come fu messo ben in chiaro la prima volta da Paul Bekker nel suo saggio del 1918 Die Sinfonie von Beethoven bis Mahler – testo fondamentale incredibilmente mai tradotto in italiano! Con Šostakovič nel Novecento la sinfonia assurge a un peso tale da farla implodere su sé stessa: le sue quindici partiture, composte tra il 1926 e il 1971, costituiscono un grandioso monumento ideale, spirituale e formale, ma forse saranno le ultime sinfonie. Sulla pelle del massimo compositore russo del Novecento è passata tutta la fatica e la paura di una nazione che è stata protagonista e vittima di una delle più sanguinose vicende che l’umanità abbia patito nella sua storia: prima la rivoluzione russa, poi l’assedio bellico nazista, poi l’epoca di Stalin e il post-stalinismo. Tutte queste vicende sono state vissute di persona da Šostakovič e hanno lasciato un forte impatto nelle sue composizioni. Nel loro insieme le sue sinfonie costituiscono il diario storico e dell’anima di una personalità sensibile, tagliente e attiva in una congiuntura sociale e umana drammatica quant’altre mai furono.
Della Decima sinfonia e dei suoi pregi costruttivi è già stato scritto in occasione della esecuzione di James Conlon con la stessa OSN un anno e mezzo fa. Il moderato iniziale è ritenuto la migliore pagina sinfonica di Shostakovich in assoluto: il compositore rinuncia al movimento allegro per disegnare un «disperato deserto» tramite «una tetra trenodia di desolante miseria» (Franco Pulcini) e Gatti riesce a rendere rabbrividente quell’inizio strisciante dei violoncelli e contrabbassi in un crescendo lentissimo e inesorabile che porta al lancinante pieno a tutta orchestra a metà del movimento e poi alla successiva livida estinzione sonora. Non è solo un gioco di decibel, ma di una diversa qualità del suono quella ottenuta dal direttore milanese: livido all’inizio, dolorosamente abbagliante nel fortissimo. Espressivamente potente è il relativamente breve secondo movimento, lo Scherzo-Stalin, un diabolico gioco di incastri in cui l’alternanza dei piani acustici viene magistralmente realizzata dall’orchestra. Un certo richiamo a Mahler è evidente nel valzer sempre più beffardo del terzo movimento, mentre il quarto porta a quella «isterica aggressività» del finale che lascia il pubblico senza fiato ma prodigo di applausi copiosi e insistenti.
Una serata ricca di intense emozioni quella regalataci dal vincitore del “Premio Abbiati” della critica musicale italiana come miglior direttore del 2023, premio assegnatogli per la terza volta nella sua quarantennale carriera.
⸪