William Schwenck Gilbert

The Mikado

 


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Arthur Sullivan, The Mikado

National Broadcasting Company, 29 aprile 1960

(registrazione televisiva)

Groucho boia giapponese

Quando il 14 marzo 1885 The Mikado fu presentato al Savoy Theatre, l'”Esposizione del Giappone” era da pochi mesi a Kensington e Gilbert l’aveva visitata durante le prove dello spettacolo. Da decenni era florido il commercio europeo con l’estremo oriente e la mania per tutto quello che era giapponese aveva infettato la società vittoriana. Questo aveva reso i tempi maturi per un’opera ambientata in quel paese.

Gilbert aveva detto in un’intervista al New York Daily Tribune: «Non posso spiegare perché il nostro lavoro sia stato ambientato in Giappone. L’ambientazione ha offerto spazio per trattamenti, scenari e costumi pittoreschi, e penso che l’idea di un magistrato che è allo stesso tempo giudice e carnefice, ma che non farebbe male a un verme, forse sarebbe piaciuta al pubblico». In realtà ambientando l’opera in una terra straniera, il librettista era stato in grado di criticare più aspramente la società e le istituzioni britanniche. Quella del Mikado era una comicità che G. K. Chesterton aveva paragonato alla satira di Jonathan Swift nei Viaggi di Gulliver: «Gilbert perseguì e perseguitò i mali dell’Inghilterra moderna finché non ebbero letteralmente una gamba su cui stare, esattamente come fece Swift. […[ Dubito che ci sia una sola battuta nell’intera opera che si adatti ai giapponesi, ma tutte le battute nella commedia si adattano agli inglesi». La comicità della nona opera della premiata ditta Gilbert & Sullivan iniziava fin dalla scelta dei nomi dei personaggi: Nanki-Poo, Poo-Bah (e sappiamo cosa vuol dire poo in inglese…), Pish-Tush, Yum-Yum, Go-To, Pitti-Sing, Peep-Bo…

Abbondantemente tagliata per farla stare nell’ora concessa alla Bell Telephone Hour, un programma televisivo americano del 1960, questa produzione di The Mikado ha il suo punto di interesse nella presenza di Groucho Marx. Il surreale nonsense del libretto sembra il testo ideale per la comicità del terzo e più longevo dei cinque Fratelli Marx, settantenne al momento della registrazione. Ma più che nella “little list”, qui non sfruttata appieno nella sua irriverente comicità (siamo alla televisione dopo tutto…), l’umorismo beffardo di Groucho si sfoga negli altri numeri destinati al suo personaggio Ko-Ko, il “comic baritone” Lord High Executioner: «Taken from the county jail», «The criminal cried, as he dropped him down» (il surreale racconto della finta esecuzione) e soprattutto il tragicomico «On a tree by a river a little tom-tit» con quell’irresistibile ritornello «Oh, willow, titwillow, titwillow».

Il cast di supporto comprende illustri veterani come Helen Traubel, Stanley Holloway, Robert Rounseville e Dennis King, oltre a giovani artisti come Barbara Meister nel ruolo di Yum-Yum o la figlia tredicenne di Groucho, Melinda, nel ruolo di Peep-Bo. La regia è di Norman Campbell, l’orchestra è diretta da Donald Voorhees e le scene sono disegnate da Paul Barnes.

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The Mikado

Arthur Sullivan, The Mikado

 ★★★★★

Melbourne, Arts Centre State Theatre, 17 maggio 2011

(registrazione video)

Nuova vita all’operetta inglese in Australia

Dal più lontano avamposto del mondo di lingua anglosassone che possa deliziarsi degli spassosi versi di Sir William Schwenk Gilbert, arriva questa esilarante edizione del più bel frutto della ditta G&S. Il Giappone c’è tutto in questa edizione dell’opera di Melbourne del 2011, anche se è un Giappone coloratissimo (l’impianto scenico di Tim Goodchild ricorda le illustrazioni delle esotiche avventure di Tintin, compresi i vasi giapponesi oversize che fungono anche da mezzo di trasporto o vasca da bagno). Per non farci dimenticare che The Mikado non è altro che un travestimento esotico dell’epoca vittoriana i kimono dei «Gentlemen of Japan» sono in tessuto gessato e Yum-Yum sfoggia un esagerato accento british. 

Le coreografie di Carole Todd e la regia di Stuart Maunder ci restituiscono uno spettacolo che non dà tregua né all’udito né alla vista e mette in evidenza la bravura degli interpreti, cantanti-attori nella migliore tradizione dello show business in lingua inglese .

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E secondo tradizione in questa versione di The Mikado il ruolo di Ko-Ko è affidato a un attore, lo spassoso Mitchell Butel, che si dimostra anche brillante cantante e due anni dopo sarà John Styx in una travolgente produzione di Orphée aux Enfers sempre dell’Opera Australia. La sua interminabile “little list” è il punto culminante di questa messa in scena: oltre cinque minuti di salaci battute aggiornate alla più stringente attualità. Nell’immancabile bis la lista continua su iPad.

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L’orchestra impiegata in questa produzione è volutamente alleggerita e la direzione di Brian Castles-Onion mantiene l’effervescenza della partitura senza stanchezza dall’inizio alla fine. Di ottimo livello gli interpreti, i cui nomi sono però poco noti alle nostre latitudini. In Australia sembra che l’operetta di G&S abbia trovato una nuova vita con divertenti produzioni. In questi anni ci sono stati tra gli altri dei Pirates of Penzance che fanno il verso ai Pirati dei Caraibi disneyani.

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The Grand Duke

 

Arthur Sullivan, The Grand Duke


Altri tre anni sarebbero passati da Utopia, Limited perché il duo G&S si ricomponesse, ma questa sarà l’ultima volta.

Il quasi insuccesso della loro ultima fatica, The Grand Duke or The Statutory Duel, che debuttò al Savoy il 7 marzo 1896, pose termine definitivamente al loro sodalizio: Gilbert si ritirò come gentleman in campagna e Sullivan continuò a comporre balletti, opere comiche e drammi. Si ritrovarono insieme, ma senza scambiarsi una parola, solo alla fine del 1898 quando salirono sul palcoscenico di una ripresa di The Sorcerer per salutare il pubblico. Un ultimo tentativo di incontro fatto da Gilbert non ebbe esito per la cattiva salute di Sullivan che morì il 22 novembre 1900 mentre Gilbert era in Egitto per curare le sue febbri reumatiche. Il librettista visse ancora fino al 29 maggio 1911.

Curiosamente la vicenda di The Grand Duke riprendeva quella della loro prima esperienza, Thespis con gli attori di una compagnia teatrale che si trovano a recitare ruoli diversi da quelli previsti. La troupe di Ernest Dummkopf sta per debuttare nella tragedia greca Troilo e Cressida e per festeggiare, quella sera stessa, il matrimonio dei due commedianti Ludwig e Lisa. La mancanza di un prete non permette però la celebrazione: tutti i religiosi sono stati convocati dal Granduca Rodolfo per discutere del suo futuro matrimonio con la Baronessa von Krakenfeldt. L’odiato Granduca però non sa che c’è una cospirazione in atto per assassinarlo e mettere un altro sul trono. La trama si basa inoltre sull’erronea interpretazione di una legge di cento anni prima sui duelli decisa dalla sorte di un mazzo di carte. Prima che la vicenda sia risolta ben quatto donne donne aspireranno a diventare Granduchesse, quasi un’iperbolica parodia dell’opera di Offenbach, La Grande-duchesse de Gérolstein.

Il tema del teatro che rispecchia la vita e il ruolo sociale che mette in ombra la propria identità ritornava così per l’ultima volta in un lavoro di G&S.

In rete è disponibile la produzione del 1996 dei Washington Savoyards.

Utopia, Limited

Arthur Sullivan, Utopia, Limited


Gli attriti che avevano preceduto la composizione di The Gondoliers ritornarono a turbale la relazione tra G & S per una questione di spese che avevano urtato Gilbert al suo ritorno da un viaggio in India con la moglie. Per quasi tre anni compositore e librettista andarono per la propria strada. Il primo riuscì a soddisfare il suo desiderio di scrivere un’opera sera – e fu Ivanhoe su un libretto di Julian Sturgis basato sul romanzo di Sir Walter Scott – mentre il secondo scopriva le gioie della campagna dopo aver acquistato una grande casa nel Middlesex o collaborava a un musical (The Mountebanks) per il Lyric Theatre. In mancanza di lavori di Gilbert e Sullivan il Savoy dovette mettere in scena delle operette di Dance e Desprez (The Nautch Girl or The Rajah of Chutneypore) e di Grundy e Solomon (The Vicar of Bray).

Le pressioni di Richard D’Oyly Carte alla fine vinsero le resistenze dei due che si riconciliarono per un’opera ambientata su un’isola del sud e così Utopia, Limited or The Flowers of Progress poté andare in scena al Savoy il 7 ottobre 1893 dove fu replicata 244 volte. Satira delle istituzioni britanniche, il nuovo lavoro echeggiava opere precedenti come il personaggio del capitano (di H.M.S. Pinafore), la politica (Iolanthe) o l’educazione femminile (Princess Ida), ma aveva comunque una sua originalità e una trama ben congegnata.

Sull’isola immaginaria di Utopia King Paramount è un fervente ammiratore dei costumi britannici tanto da aver inviato la figlia Zara in un college in Inghilterra. Quando questa ritorna porta con sé sei gentlemen, i “fiori del progresso”, per migliorare il paese di Utopia. Tra i loro consigli c’è quello di trasformare l’isola in una “società a responsabilità limitata” e re Paramount accetta con entusiasmo. Ma presto si fa strada il malumore tra i sudditi: l’assenza di guerre ha reso inutili la marina e l’esercito, il sistema sanitario è così efficiente che i dottori si trovano disoccupati e li leggi così perfette che il crimine non esiste più e tribunali e avvocati sono senza lavoro. Ma nella creazione di questa società si erano dimenticati un elemento: il governo dei partiti. Nel sistema britannico ogni partito contraddice gli sforzi fatti dall’altro in modo che non ci sia progresso così da raggiungere il risultato propugnato da ognuno. Il popolo entusiasta canta le lodi di un piccolo gruppo di isole al di là del mare: la Gran Bretagna!

In rete è disponibile l’edizione del 2015 dei Durham Savoyards.

The Gondoliers

Foto dell’atto I della produzione del 1907

Arthur Sullivan, The Gondoliers

Terz’ultima delle Savoy Operas, The Gondoliers or The King of Barataria fu anche l’ultimo grande successo di Gilbert & Sullivan, 553 repliche successive alla prima del 7 dicembre 1889.

Le relazioni tra librettista e compositore, anche a causa del tiepido successo della loro ultima collaborazione, The Yeomen of the Guard, erano diventate tese. Alle smanie di Sullivan per scrivere un’opera seria in cui la musica «doveva essere predominante» Gilbert aveva risposto: «Se voi avete la sorprendente impressione di essere stato negletto negli ultimi dodici anni, e se siete serio nella vostra intenzione di voler scrivere un’opera in cui “alla musica debba essere assegnato il riguardo primario” (dal che capisco trattarsi di un’opera in cui il libretto, e di conseguenza il librettista, devono occupare un posto subordinato), non c’è certo la possibilità di trovare un modus vivendi soddisfacente per entrambi. Voi siete un esperto nella vostra professione, e io nella mia. Se ci vogliamo rimettere insieme deve essere come maestro e maestro, non come maestro e servo». Essi si riappacificarono, ma rimase sotterranea una vena di rancore fra i due che alla fine sarebbe uscita allo scoperto.

Il tempo trascorso su The Gondoliers fu più lungo che per le altre opere, Sullivan dimostrò tutta la sua maestria in cori e concertati complessi dal punto di vista del contrappunto delle voci. I loro sforzi non furono inutili e i risultati non delusero le aspettative: i critici furono estremanente favorevoli e il pubblico in delirio.

Come era successo con The Mikado l’ambientazione esotica, qui una Venezia di fantasia nel primo atto e il palazzo del regno di Barataria negli altri due, aveva spinto Gilbert a premere sul pedale della satira sociale. La giovane Casilda, figlia dei Grandi di Spagna, i Duchi di Plaza-Toro, deve andare sposa al futuro re di Barataria e arriva quindi nella città lagunare per incontrare il marito, ma non riesce a identificarlo giacché da piccolo questi fu affidato alle cure di un gondoliere ubriaco che scambiò il principe con il proprio figlio. A complicare la vicenda c’è l’assassinio del re di Barataria e i due giovani gondolieri devono quindi spartirsi il trono fino all’arrivo della balia che sola potrà determinare quale dei due è l’erede legittimo. La giovane regina scopre nel frattempo che i due gondolieri si sono sposati da poco con delle ragazze del posto. D’altronde anche lei è innamorato di un altro uomo…

In rete sono disponibili le registrazioni di un concerto dei Proms del 1997 con un cast stellare, e dei seguenti allestimenti scenici: Opera-Lytes (2010), Loyola University Film and Music Industry Studies (2011), University of  St Andrews Gilbert and Sullivan Society (2013), The Edinburgh University Savoy Opera Group (2015), Earlville Opera House (2016).

The Yeomen of the Guard

Arthur Sullivan, The Yeomen of the Guard

Quasi un grand opéra può essere considerato The Yeomen of the Guard or The Merryman and his Maid della ditta Gilbert & Sullivan. Il librettista la reputava «the best thing we have done», il musicista la sua preferita. Il maggior impegno si vede nell’ouverture scritta in forma sonata, il primo atto contenente un insolito numero di pezzi sentimentali, l’orchestra allargata a un secondo fagotto e a un terzo trombone e i dialoghi in inglese antico. Il tono più serio e scuro fu apprezzato dal recensore del Times: «Si deve riconoscere al Signor Gilbert di essere riuscito ad abbandonare i solchi abituali per innalzarsi a livelli più elevati».

Il poster di un beefeater (i guardiani della Torre di Londra) nella metropolitana aveva ispirato la vena di Gilbert che decise che quella figura «would make a good picturesque central figure for another Savoy opera», che sarebbe stata la numero dieci. L’ondata di patriottismo accesa dal giubileo di Queen Victoria ben si collegava all’ambientazione Tudor di questa vicenda tratta da un lavoro francese (Don César de Bazan) in cui si narrava di un cavaliere in prigione e condannato a morte che sposava una zingara e dopo essere fuggito e ferito ritornava travestito da monaco. Il titolo ebbe numerose varianti: inizialmente The Tower of London, poi The Tower Warder, poi ancora The Beefeater e infine quello definitivamente adottato. Scritta in gran fretta, con l’ouverture composta durante le ultime prove e le parti ancora fresche d’inchiostro gettate nella buca dell’orchestra all’ultimo momento, la sera del 3 ottobre 1888 segnò comunque un caloroso successo che rinfrancò il duo dopo la fredda accoglienza del precedente Ruddigore. Sarebbero seguite altre 422 repliche.

In rete sono disponibili le produzioni della Connecticut G&S Society del 2103 e della Rowan Opera Company del 2011.

Ruddigore

Arthur Sullivan, Ruddigore

Con Ruddigore or The Witch’s Curse Gilbert & Sullivan firmano la nona delle Savoy Operas. Alla fine della rappresentazione del 22 gennaio 1887 però agli applausi si mescolarono alcuni fischi: dopo l’immenso successo di The Mikado era difficile mantenere quello stesso livello e la nuova opera aveva comunque qualche debolezza, a iniziare dal titolo originale Ruddygore che aveva urtato la sensibilità vittoriana essendo simile a “Bloodygore”, un’espressione considerata troppo volgare per un pubblico rispettabile. Come pure la vicenda, in cui l’eroe buono diventa il cattivo, il gaglioffo diventa il buono e la ragazza virtuosa cambia fidanzato ogni momento. La modifica della lettera nel titolo avrebbe solo in parte risolto il problema e Ruddigore si dovette accontentare di 288 rappresentazioni (rispetto alle 672 dell’opera precedente) e fu ripresa solo nel 1920 e in una nuova versione.

L’opera è basata sulla parodia dei melodrama vittoriani popolati da malvagi baronetti e innocenti fanciulle. Infatti qui ci sono: un briccone che porta via la fanciulla come obbligatorio crimine quotidiano; la pedante povera ma virtuosa eroina; l’eroe mascherato e il suo vecchio fedele seguace che sogna i vecchi giorni di gloria; il marinaio che dice di star seguendo il suo cuore; la ragazza selvaggia e arrabbiata; la vanteria e il patriottismo del mangiatore di fuoco; i fantasmi che tornano in vita a rafforzare una maledizione; un manipolo di damigelle professionali in servizio dalle dieci alle quattordici ogni giorno che però da mesi sono in ozio perché nel villaggio della Cornovaglia di Rederring nessuno si sposa più.

Dal punto di vista musicale Sullivan non rinuncia a parodiare l’amata opera seria, come quando il lamentoso flauto che accompagna l’entrata di Margaret la Pazza non può fare a meno di ricordare la Lucia di Lammermoor.

In rete si trovano numerose produzioni amatoriali: Durham Savoyards (2014), Stanford Savoyards (2013), Hull University Gilbert & Sullivan Society (2015), Halifax Gilbert & Sullivan Society (2015).

Princess Ida

Arthur Sullivan, Princess Ida

Settima delle Savoy Operas, l’unica in tre atti e con i dialoghi in versi, Princess Ida or Castle Adamant debutta al Savoy Theatre il 5 gennaio 1884 e vi viene rappresentata per 246 recite, sotto la media quindi.

Il soggetto è tratto da The Princess di Alfred Tennyson, un narrative poem semiserio. Gilbert ne aveva già fatto una parodia in decasillabi nel 1870 e molte parti del dialogo furono inserite nell’opera che mette in burla il femminismo, l’educazione delle donne e l’evoluzionismo darwiniano, temi in grande discussione nell’Inghilterra vittoriana, in un’ilare variazione su un soggetto medievale (si pensi alla vicenda del Comte Ory).

La principessa Ida sfugge ai suoi obblighi matrimoniali, stabiliti fin dalla sua nascita col principe di un regno vicino, per fondare e gestire un’università femminile in un castello. Il principe Hilarion ha aspettato il giorno delle sue nozze per vent’anni e non intende rinunciarci, perciò si traveste da fanciulla e si introduce nel castello portandosi dietro gli amici Cyril e Florian, anche loro in abiti muliebri. Diverse ragazze scoprono il segreto delle “fanciulle”, segreto che cercano di mantenere celato anche perché si sono innamorate dei giovani, ma Ida scopre l’inganno e fa arrestare gli intrusi. I rapporti fra i due regni allora diventano tesi e si minaccia la guerra. Alla fine ovviamente Ida ammorbidirà le sue pretese e tutti festeggeranno il suo matrimonio con Hilarion.

Princess Ida aveva di fatto rappacificato Sullivan e Gilbert, che nell’estate 1883 avevano rischiato di sciogliere la loro collaborazione per divergenze sui soggetti – sarà solo il primo di una serie di litigi. Il libretto di Princess Ida dava modo a Gilbert di mostrare le sue qualità letterarie e Sullivan lo servì con musiche particolamente raffinate che avvicinano il lavoro al grand opéra per ricchezza armonica e per complessità e quantità dei numeri musicali.

Tra le meno frequentemente allestite, in rete è disponibile la registrazione della produzione della Ocean State Lyric Opera Company, 1997.

The Sorcerer

Arthur Sullivan, The Sorcerer

Gran parte dell’immutabile fascino delle operette di Gilbert e Sullivan è dovuta al fatto che sono datate e che sembrano portare con sé l’innocenza, la freschezza e il divertimento di un’era passata. Ora che è trascorso ben oltre un secolo dalla loro creazione, i manierati dialoghi, con riferimenti a temi e persone che da tempo sono usciti dalla storia, danno loro un valore aggiunto di oggetto d’epoca.

Non sfugge a questa considerazione questo terzo frutto della collaborazione di William Shenk Gilbert e Arthur Sullivan, secondo delle Savoy Operas. The Sorcerer (Lo stregone) debutta sullo Strand di Londra al teatro Opera Comique il 17 novembre 1877, cui seguono 178 repliche, poche se confrontate a quelle dei lavori più fortunati. Per la ripresa del 1884 è approntata una nuova versione, che è quella comunemente messa in scena, come nell’allestimento della University of Michigan G&S Society del 2016 disponibile in rete.

Ampliamento di un suo precedente testo, The Elixir of Love, il libretto mette in scena una pozione magica che però fa innamorare la persona sbagliata, come succede nel Midsummer Night’s Dream scespiriano, per non parlare del Tristan und Isolde. È poi sempre presente la satira sulle classi sociali dell’epoca vittoriana.

Gli abitanti di Ploverleigh festeggiano la festa di fidanzamento di Alexis, figlio ed erede di Sir Marmaduke Pointdextre, con Aline, l’unica ragazza di lignaggio del paese in quanto figlia di Lady Sangazure. Alexis e Aline firmano il contratto di matrimonio, ma Alexis, che comunque ama la sua promessa sposa, non condivide gli antiquati principi di suo padre che solo uomini e donne di rango equivalente dovrebbero sposarsi, senza riguardo a sciocchezze quali i sentimenti. Alexis assume un mago, John Wellington Wells, per provare la sua teoria. Wells crea una magica pozione d’amore che viene somministrata a tutti gli abitanti del villaggio attraverso il tè versato da una grande teiera durante il banchetto. Tutti quelli che lo bevono si addormentano subito, proprio come ha previsto Wells. Quando si svegliano, prevede che ognuno si innamorerà della prima persona che vede. Coloro che sono già sposati ne sono convenientemente immuni. Quando gli abitanti a mezzanotte si risvegliano, si verifica il caos. Il signor Marmaduke si innamora dell’anziana e modesta signora Partlett, sagrestana della chiesa locale; Lady Sangazure si innamora del mago stregone, che spende la maggior parte del secondo atto cercando di eluderne la cattura; anche la fidanzata di Alexis, la bella Aline, beve la pozione e si innamora del vicario del villaggio. L’ordine può essere ripristinato solo dal sacrificio di Alexis o di Mr Wells. Quest’ultimo, scelto per voto popolare, scompare nella terra al suono di un gong e tutto ritorna alla normalità. La gioia generale è accresciuta dal fidanzamento di Sir Marmaduke con Lady Sangazure.

The Sorcerer contiene due tra i migliori personaggi di Gilbert: il sentimentale Dr Daly, che tra l’altro è l’unico religioso presente nelle Savoy Operas, e la stravagante ma alla fine tragica figura di John Wellington Wells.

Con questo lavoro Gilbert e Sullivan smisero di lavorare con grandi attori su cui costruire le parti: da allora preferirono selezionare attori meno conosciuti, ma più malleabili. Gilbert supervisionava l’allestimento delle scene e dei costumi e si occupava anche della regia; Sullivan si occupava direttamente della orchestrazione dei lavori e il risultato finì col portare una ventata di novità nel teatro inglese dell’epoca vittoriana.

Thespis

Arthur Sullivan, Thespis

Primo frutto della collaborazione di William Shenk Gilbert e Arthur Sullivan, Thespis or The Gods Grown Old ebbe il debutto come “operatic extravaganza” al Gaiety Theatre il 26 dicembre 1871, prima di 64 repliche. Quattro anni dopo si consoliderà il loro sodalizio che alla fine conterà altri tredici titoli comunemente ricordati come Savoy Operas: Trial by Jury (1875), The Sorcerer (1876), H.M.S. Pinafore (1878), The Pirates of Penzance (1879), Patience (1881), Iolanthe (1882), Princess Ida (1884), The Mikado (1885), Ruddigore (1887), The Yeomen of the Guard (1888), The Gondoliers (1889), Utopia Limited (1893) e The Grand Duke (1896).

Le vicende del duo Gilbert & Sullivan sono così ben raccontate da Carlo Majer che lasciamo a lui la parola: «Gilbert sta per William – dal 1907 Sir William – Schwenck Gilbert (1836-1911), autore teatrale e librettista londinese. La notorietà di Gilbert ebbe inizio nel 1861, quando incominciò a collaborare con la rivista “Fun” come critico di teatro, poeta e disegnatore satirico, firmandosi con lo pseudonimo BAB. Le poesie che scriveva, poi confluite nelle raccolte Bab Ballads e More Bab Ballads, rivelano un verseggiatore brillante a suo agio in qualsiasi metro, con un gusto spiccato e tutto inglese per la rima insolita. Hanno titoli come Captain Reece, A una Fanciulla da parte di un Poliziotto, I Pericoli dell’Invisibilità, Il Vescovo di Rum-Ti-Foo. Accompagnate spesso da un ritratto a china dei loro protagonisti, diventarono immediatamente popolari, poiché stilizzavano con ironia ed esattezza la grande varietà di tipi sociali e psicologici presenti nell’Impero Britannico, che proprio allora stava arrivando al suo apogeo. Nel 1863 Gilbert fu chiamato a collaborare con i teatri londinesi di varietà. All’inizio si adattò a scrivere o riscrivere all’ultimo momento il testo di qualche canzone per spettacoli che erano già in prova, ma la sua disponibilità e la sua maniera facile e frizzante presto si imposero. Già nel 1866 andava in scena il suo primo spettacolo professionale completo, una burlesque tratta da L’Elisir d’amore e intitolata Dulcamara! Seguirono altre burlesque, fra l’altro ispirate a La fille du régiment di Donizetti, a Robert le Diable di Meyerbeer e alla Norma di Bellini. Il suo ritmo di lavoro diventò frenetico. […] L’influsso del teatro parigino su quello londinese all’epoca era piuttosto forte e nella produzione di Gilbert si notano anche adattamenti di testi di Meilhac e Halévy, i geniali librettisti di tante operette di Offenbach nonché della Carmen di Bizet. Non stupiscono perciò i molti punti di contatto con Orphée aux Enfers di Offenbach del libretto di Thespis, con cui nel 1871 per la prima volta Gilbert lavorò con Sullivan».

E questo per quanto riguarda il librettista, il primo nome della ditta G&S. «E adesso presentiamo l’altro termine del binomio. Sullivan sta per Arthur – dal 1883 Sir Arthur – Seymour Sullivan (1842-1900), compositore molto serio, formatosi all’ombra di Mendelssohn a Lipsia con Ignaz Moscheles e altri insegnanti di quella famosa scuola. Al rientro in patria nel 1862 si fece conoscere con una suite di musiche per The Tempest di Shakespeare eseguita con grande successo al Crystal Palace. Charles Dickens, che era fra il pubblico, alla fine del concerto [gli] fece visita […] diventarono amici e qualche mese dopo visitarono insieme Rossini a Parigi: […] “In Inghilterra c’era così poco per me da imparare. Oramai avevo ascoltato e conoscevo praticamente tutta la musica che si esegue a Londra (e che è tanto poca rispetto a quella che si ascolta qui!)”. In questa frase si riassume il problema della vita musicale inglese dell’epoca. Per chi volesse accedere al mondo della musica colta c’erano due modelli, quello tedesco e quello italiano. Quello italiano voleva dire soprattutto Opera, che al Covent Garden veniva eseguita tutta in italiano, perfino Wagner (fino al recente restauro, quasi tutti i cartelli su quel palcoscenico erano ancora in italiano e inglese); oppure le romanze di Tosti, predilette dalla regina Vittoria. Quello tedesco era oratorio – soprattutto Mendelssohn, più qualche Händel sfigurato per elefantiasi – musica sinfonica e Lied. Il resto era puro entertainment. […] Gli anni Sessanta videro Sullivan consolidare la sua fama di compositore classico. Il suo catalogo registra una sinfonia, le ouverture In Memoriam e Marmion, un concerto per violoncello, l’oratorio The Prodigal Son, e soprattutto una vasta produzione di inni sacri come Onward, Christian Soldiers e romanze come The Lost Chord che gli valsero popolarità e rispetto nei college e nei salotti britannici. A questa produzione seria, quasi impettita, che lo accompagnerà tutta la vita, dal 1866 Sullivan incominciò ad accostare una produzione meno seria di teatro musicale, dapprima rappresentando in privato l’operetta Cox and Box, poi l’anno dopo rappresentando The Contrabandista, or The Law of the Ladrones, un’operetta che per le musiche spagnoleggianti ricorda vagamente La Périchole di Offenbach, che è del 1868». E si arriva così all’incontro con Gilbert e alla creazione di Thespis.

Atto I. Sul monte Olimpo gli dèi si lamentano di sentirsi vecchi e di aver perso la loro influenza sulla Terra. Mercurio li accusa di esser pigri e di lasciargli tutte le incombenze, mentre a lui non va alcun merito per la fatica. Giove ammette che si è raggiunto un livello di crisi, ma non sa come rimediare. Proprio allora gli dèi vedono un nugolo di mortali che salgono sulla montagna e si ritirano per osservarli da lontano. La filodrammatica di Tespi entra per un pic-nic per festeggiare il matrimonio di due suoi membri, Sparkeion e Nicemis. Gli attori, essendo senza un quattrino, non sono riusciti a contribuire sostanzialmente al pic-nic. Sparkeion flirta con la sua ex-fidanzata, Dafne, il che infastidisce Nicemis che per dispetto flirta con Tespi, che però si rifiuta di stare al gioco. Entrano Giove, Marte e Apollo e tutti gli attori fuggono terrorizzati, salvo Tespi. Giove chiede a Tespi se è impressionato dal padre degli dèi e Tespi replica che gli dèi sono ormai insignificanti e suggerisce loro di scendere in Terra in incognito per scoprire ciò che la gente pensa di loro. Gli dèi acconsentono a passare agli attori i loro poteri mentre essi si prendono una vacanza giù sulla Terra. Tespi assicura che lui e la sua compagnia si prenderanno cura dell’Olimpo durante la loro assenza e ogni attore prende il posto di uno degli dèi, con Tespi stesso che sostituisce Giove. Mercurio rimane per offrire eventuali consigli.
Atto II. Un anno dopo. Sotto il comando di Tespi, l’Olimpo è ritornato al suo antico splendore e tutti gli attori si godono la loro ambrosia e il loro nettare. La regola di Tespi è molto liberale, e ha consigliato alla sua troupe di non essere ostacolata da routine, burocrazia e simili. Le assegnazioni celesti, tuttavia, hanno causato alcune difficoltà, in quanto gli intrighi amorosi degli attori nella vita reale sono in conflitto con quelli degli dèi che rappresentano:  Venere, ad esempio, interpretata da Pretteia, dovrebbe essere sposata con Marte, ma l’attore che interpreta Marte è suo padre. Una soluzione già sperimentata sarebbe quella di Venere che ha sposato Vulcano, ma Vulcano è suo nonno. Sparkeion, che ha assunto il ruolo di Apollo, accompagna sua moglie, che interpreta Diana, per i suoi viaggi notturni, ma così il sole splende anche di notte. Mercurio informa Tespi che gli dèi sostituti hanno ricevuto molti reclami da parte dei mortali perché alcuni non svolgono le loro funzioni e certi azzardati esperimenti hanno provocato lo scompiglio nel mondo sottostante. Per esempio Timidon, il sostituto di Marte, è un pacifista e un codardo; il sostituto di Imene si rifiuta di sposare chicchessia e lo pseudo-Plutone è troppo tenero dicuore per far morire qualcuno. Dafne, che interpreta la musa Calliope, sostiene poi, in base a un’edizione espurgata dei miti greci, di essere sposata ad Apollo mentre Apollo, interpretato da Sparkeion, è il fratello di Diana, rappresentata dalla moglie di Sparkeion, Nicemis. Tespi decide allora che Sparkeion è sposato con Dafne mentre sono dèi e il suo matrimonio con Nicemis riprenderà quando saranno di nuovo mortali. Quando gli dèi ritornano sono furiosi: Tespi ha sconvolto l’intero schema della società. Gli attori chiedono di rimanere sull’Olimpo, ma Giove li punisce crudelmente: «Away to Earth, contemptible comedians, | and hear our curse before we set you free; | you shall all be eminent tragedians, | whom no one ever, ever goes to see!» (Tornate alla Terra, spregevoli commedianti e ascoltate la maledizione prima di essere liberati: sarete tutti eminenti attori tragici che nessuno andrà mai a vedere).

Una particolarità di Thespis è lo stile burlesque, molto diverso da quello delle opere successive. A parte la ballad «Little Maid of Arcadee» (pubblicata al tempo delle rappresentazioni) e il coro «Climbing over Rocky Mountains» (poi incorporato in The Pirates of Penzance), di Thespis è andata persa la partitura manoscritta e lo spartito vocale non è mai stato stampato, il che rende problematico l’allestimento di questo lavoro. Cionondimeno, ultimamente è stato fatto un lavoro  di raccolta dei frammenti che ha portato ad alcune rappresentazioni. In rete si possono trovare spezzoni di alcune produzioni.

Dopo Thespis il librettista e il compositore presero inizialmente strade diverse: Gilbert a scrivere commedie, Sullivan a comporre musica sacra, canzoni e ballads. Solo il caso e il fiuto impresariale di Richard D’Oyly Carte li avrebbe fatti riunire nuovamente.