
★★★★☆
«Qu’elle est blanche!»
L’Africana: titolo quanto mai fuorviante, giacché la protagonista è indiana. L’incongruenza con la vicenda deriva dal susseguirsi di interventi sul libretto originario, che prevedeva che la vicenda fosse ambientata nella Spagna di Filippo III e incentrata su uno sconosciuto navigatore spagnolo diretto nelle Americhe il quale avrebbe fatto naufragio sulle coste africane. I successivi rimaneggiamenti dovuti alla morte del librettista finirono col far perdere la coerenza fra titolo e trama.
Già nel 1837 Meyerbeer aveva firmato un contratto con Eugène Scribe per la composizione di un Vasco da Gama, ma il compositore preferì dedicarsi alla lavorazione del suo Prophète e il progetto languì. Ripreso alla fine del ’41 fu continuamente elaborato fino al ’45 e momentaneamente archiviato. Meyerbeer ritorna all’opera solo negli ultimi anni di vita. Nel ’63 termina la strumentazione, ma l’anno dopo il musicista muore e la partitura viene completata da François-Joseph Fétis ed è nella sua versione che L’Africaine debutta il 28 aprile 1865 all’Opéra. Le vicissitudini dell’opera sono state ampiamente descritte da Tommaso Sabbatini sul programma di sala della ripresa alla Fenice nel 2013.
Atto I. L’azione si svolge agli inizi del XVI secolo. A Lisbona si svolge un Consiglio della Corona, composto dall’ammiraglio Don Diégo, dal nobiluomo Don Alvar, dal grande Inquisitore, da vescovi e nobili e presieduto dal potente Don Pédro. L’argomento è la conquista di nuove terre oltremare al regno del Portogallo, secondo i desideri del re stesso. Incombe sul consiglio la sfortunata spedizione verso il Capo delle Tempeste (divenuto poi Capo di Buona Speranza) diretta dall’ammiraglio Bartolomeu Dias, scomparso con tutti i componenti della spedizione in un naufragio. Inaspettatamente, si apprende che la sfortunata spedizione ha avuto un superstite in Vasco da Gama, del quale è innamorata Inès, figlia dell’ammiraglio Don Diégo, che lo aveva creduto morto. Vasco viene introdotto al consiglio e perora caldamente l’invio di una seconda spedizione, magnificando le possibilità di conquista di terre favolose e a riprova delle sue affermazioni, presenta due schiavi catturati durante la spedizione del Dias e scampati anch’essi alla cattiva sorte: Sélika, regina di una popolazione indigena ed il suo servo Nélusko. Ma il consiglio respinge le proposte del da Gama che attacca per questo il Grande Inquisitore e viene fatto imprigionare con i suoi due schiavi.
Atto II. In prigione Sélika, che si è innamorata di Vasco, si offre, in cambio del suo amore, di condurre il navigatore alle terre agognate, delle quali è regina. Tutto ciò con gran scorno di Nélusko, innamorato di lei, che medita vendetta. Ne ha l’occasione allorché Inès ottiene la scarcerazione di Vasco, il quale dimentica l’indigena per la sua antica fiamma che però l’ammiraglio Don Diégo ha promesso in sposa al potente Don Pédro il quale, impossessatosi delle carte nautiche del da Gama, ha armato un veliero con lo scopo di doppiare per primo il Capo delle Tempeste e conquistarsi così la gloria.
Atto III. Siamo nei pressi del Capo delle Tempeste. Sul veliero sono imbarcati anche Inès, Sélika e il vendicativo Nélusko che, all’approssimarsi della grande prova, prega il dio del mare affinché faccia affondare l’imbarcazione. Don Pédro e Nélusko restano tuttavia entrambi delusi al comparire di un altro veliero portoghese, comandato da Vasco da Gama che ha già doppiato il capo e che giunge a offrir loro aiuto. Don Pédro ordina ai suoi di eliminare l’intruso, ma interviene Sélika in sua difesa minacciando di uccidere Inès: Vasco ha salva la vita ma Sélika viene condannata a morte. Buon per lei che sopraggiunga un’orda di indiani, i quali attaccano i portoghesi e li massacrano, riconoscendo poi in Sélika la loro regina.
Atto IV. Durante le celebrazioni di festa per il ritorno della regina (finalmente i balletti!), gli indiani scoprono che un portoghese è scampato al massacro dell’equipaggio: Vasco da Gama. Per salvarlo Sélika dichiara che egli è suo sposo, invitando Nélusko a testimoniare la veridicità della sua affermazione: il povero servo, combattuto fra amore e gelosia finisce con l’assecondare la sua regina. Finalmente salvo, Vasco giura eterno amore a Sélika.
Atto V. Ma Inès era sfuggita al massacro e da un drammatico colloquio con Sélika, quest’ultima si rende conto che non può opporsi all’amore dei due portoghesi e quindi ordina che vengano imbarcati entrambi affinché possano tornare in patria. Affacciatasi ad un promontorio, la sfortunata Sélika osserva l’amato andarsene definitivamente, quindi si toglie la vita annusando profondamente i fiori di un albero velenoso locale.
Nel 1988 al War Memorial Opera House di San Francisco viene registrata questa storica ed unica edizione in DVD dell’opera. Interpreti straordinari danno vita ai personaggi. Sélika è una sontuosissima e spettacolare Shirley Verret: timbro limpido, fraseggio duttilissimo e pieno di colori, presenza affascinante. L’amato Vasco è un Plácido Domingo insuperabile in questa parte che sembra sia stata scritta per lui. Entrambi avevano già debuttato nei ruoli nello stesso teatro nel 1972.
Ruth Ann Swenson, dal timbro luminoso e dalla grande agilità vocale, delinea una Inès di riferimento. Con qualche problema di intonazione, Justino Díaz riesce però a dare carattere al suo Nélusko, forse il personaggio più riuscito de L’Africaine. Pregevole la direzione di Maurizio Arena.
Messa in scena tradizionale e coerente di Lofti Mansouri, ma il palcoscenico del teatro di San Francisco si dimostra troppo piccolo per la vicenda, in cui una folla di personaggi si accalca in pochi metri quadrati.
I costumi sono al di fuori di qualunque logica: va bene che grand opéra oblige, ma Inès sfoggia incongrui abiti vittoriani e Sélika, che è stata in balia di un tifone su un «canot fragile» prima di essere catturata come schiava, è agghindata da subito come un’imperatrice e così si perde l’effetto di quando si presenta da regina durante le celebrazioni per il suo ritorno in patria.
Immagine in 4:3 ripresa da Brian Large con la solita professionalità, ma l’illuminazione non è l’ideale per le telecamere di allora. Una sola traccia stereo e sottotitoli anche in italiano.
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