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Un intenso lavoro magnificamente interpretato
Su libretto di Peter Sellars, che ne cura anche la messa in scena e la peculiare regia televisiva, la quinta opera di John Adams debutta a San Francisco nel 2005. Come nelle altre sue opere, Adams si concentra sulla psicologia dei personaggi: Robert Oppenheimer, direttore del Manhattan Project; la moglie Kitty; il fisico ungherese Edward Teller e il generale Leslie Groves, il militare a capo del progetto. Il titolo riecheggia il film di Stanley Kubrick Dr. Strangelove (Il dottor Stranamore, 1964), ma non ne ha l’umorismo nero e graffiante impersonato là dal geniale e quasi omonimo Peter Sellers.
Atto I. Scena 1. Il laboratorio del Progetto Manhattan, Los Alamos, Nuovo Messico. Giugno 1945. Il lavoro sulla bomba atomica si avvicina al suo punto culminante, guidato dal fisico J. Robert Oppenheimer e dal comandante dell’esercito generale Leslie Groves. Dopo la resa della Germania, molti scienziati hanno iniziato a mettere in dubbio la necessità di usare la bomba contro il Giappone. Edward Teller e Robert Wilson sono particolarmente turbati dalle implicazioni morali e sociali e cercano di convincere gli altri a firmare una petizione al Presidente Truman. Oppenheimer li ammonisce. È appena tornato da Washington e descrive la decisione di bombardare le città giapponesi, concentrandosi sugli obiettivi civili. Scena 2. La casa degli Oppenheimer a Los Alamos. Oppenheimer risponde alle domande preoccupate della moglie Kitty con i versi di uno dei loro poeti preferiti, Baudelaire. Per qualche breve istante, i due vengono trasportati nel clima ebbro della poesia. Rimasta sola, Kitty riflette sulle contraddizioni della pace, della guerra e dell’amore. Scena 3. Il sito di sperimentazione “Trinity” ad Alamogordo, New Mexico. 15 luglio 1945. È la notte del test della prima bomba atomica. Un’enorme tempesta elettrica sta sferzando il sito di prova e la bomba, parzialmente armata e issata su un’alta torre, rischia di essere colpita da un fulmine. Il capo meteorologo Frank Hubbard avverte il frustrato generale Groves che tentare il test in queste condizioni è estremamente pericoloso. Il capitano Nolan del Corpo Medico dell’Esercito cerca di far capire a Groves le proprietà tossiche e mortali del plutonio e dell’avvelenamento da radiazioni, che stanno appena iniziando a essere comprese. Quando il panico comincia a farsi strada, il generale congeda tutto il personale per conferire da solo con Oppenheimer. Il fisico ironizza dolcemente con Groves sui suoi problemi cronici di peso e Groves se ne va per dormire un po’. Oppenheimer affronta la sua crisi personale da solo nel deserto, ricordando un sonetto di John Donne che gli ha ispirato il nome del sito di sperimentazione “Trinity”: «Colpisci il mio cuore, Dio trino».
Atto II. Scena 1. La casa degli Oppenheimer. A duecento miglia dal sito del test, Kitty e la sua cameriera indiana, Pasqualita, osservano il cielo notturno alla ricerca di segni dell’esplosione. Pasqualita controlla di tanto in tanto il bambino degli Oppenheimer che dorme. Kitty riflette ancora una volta sulla guerra, sulla morte e sulla resurrezione dello spirito. Interludio orchestrale. Pioggia sulle montagne Sangre de Cristos. Katherine Oppenheimer, di sette mesi, si sveglia piangendo. Pasqualita la consola cantando una ninna nanna. Scena 2. Il sito dei test. Mezzanotte del 16 luglio 1945. Tutto il personale è stato allontanato dall’area dell’esplosione. Wilson e Jack Hubbard sono alla torre della bomba, per effettuare le misurazioni dell’ultimo minuto ordinate da Groves. Entrambi sono molto preoccupati di testare la bomba nel bel mezzo di una tempesta elettrica. Nel bunker di osservazione, gli scienziati discutono della possibilità che la detonazione possa innescare una reazione a catena incontrollata che porti alla distruzione dell’atmosfera terrestre. Oppenheimer sostiene che un tale risultato non è possibile. Con la pioggia che continua a scendere, Groves ignora tutti gli avvertimenti sulla tempesta e Oppenheimer ordina a tutti di prepararsi per il colpo di prova alle 5.30 del mattino. Scene 3 e 4. Groves è tormentato dal timore di un sabotaggio, mentre Oppenheimer è in uno stato di estremo esaurimento nervoso. Tutti aspettano, ognuno assorto nei propri pensieri. Gli uomini fanno scommesse, cercando di indovinare la resa della bomba. Oppenheimer sorprende tutti con la sua previsione pessimistica, e persino Groves non riesce a nascondere la sua fede calante. Improvvisamente, il cielo notturno si riempie di una terrificante visione di Vishnu, come descritto nella Bhagavad Gita: “Alla vista di questo, la tua forma stupenda, piena di bocche e di occhi… terribile con le zanne… quando ti vedo, Vishnu… con le tue bocche spalancate e gli occhi di fiamma fissi, tutta la mia pace se ne va; il mio cuore è turbato”. Allo zero meno dieci minuti, viene sparato un razzo di avvertimento e suona una sirena. Poi scoppia la tempesta e il cielo sopra Ground Zero si schiarisce improvvisamente. Un altro razzo di avvertimento viene lanciato e, allo zero meno 60 secondi, un terzo segnala il conto alla rovescia finale. Il Campo Base assomiglia a un avamposto di morti: file di scienziati e personale dell’esercito distesi a faccia in giù in fosse poco profonde. Non c’è movimento né sussurro di attività, solo il ritmico conto alla rovescia trasmesso dall’altoparlante. A zero meno 45 secondi, un ingegnere preme l’interruttore del timer automatico. I circuiti di innesco iniziano ad attivarsi. “Zero meno uno”. C’è un silenzio inquietante e poi inizia un’era.
La musica è meccanica, impersonale, frenetica nella prima scena in cui si prepara l’ordigno. A tratti ricorda certi ritmi incessanti di Janáček o di Philip Glass. Le corsette e i saltelli della coreografia di Lucinda Childs sono quelli già visti in Einstein on the beach. Melodica, quasi sentimentale è invece la musica della seconda scena, con la moglie di Robert Oppenheimer, Kitty, e la sua struggente «Am I in your light?» (1). Dopo una parentesi di quiete, scena terza, in cui l’arrogante generale mostra un inaspettato lato debole del suo carattere, l’atto termina con un pezzo di sublime bellezza in cui Oppenheimer è solo con l’ordigno e la sua coscienza. L’aria «Batter my heart» sulle parole di John Donne (il 14° dei suoi Holy Sonnets) si può considerare una delle pagine più ispirate della musica moderna, qui stupendamente interpretata dal baritono canadese Gerald Finley, creatore della parte.
Come una luna minacciosa, la sfera dell’ordigno incombe sulla scena del secondo atto mentre l’orizzonte si veste di colori sinistri. Kitty è in preda a funeste visioni mentre sulle pianure di Los Alamos infuria la tempesta in una tensione insopportabile e finalmente inizia il conto alla rovescia, il primo della storia. A pochi minuti dall’ora zero il tempo in scena si dilata, un altro intervallo di quiete, questa volta affidato alle voci femminili e poi su una tensione crescente l’esplosione, che però è solo luminosa e l’orchestra piano piano tace e l’opera termina sulle parole di una donna sopravvissuta a Hiroshima: «Datemi acqua, acqua per i miei bambini».
Registrata ad Amsterdam nel 2007 questa recita ha come protagonisti gli stessi del debutto, a parte Kitty che qui è l’intensa Jessica River. Ecco quindi Eric Owens come il generale Groves, Richard Paul Fink come Teller e James Maddalena come Hubbard. Tutti molto compresi nella parte. Della magnifica resa di Gerald Finley si è detto. Lawrence Renes dirige l’orchestra filarmonica olandese.
Ricchi gli extra contenuti nel bluray.
(1) Anche l’altro personaggio femminile, la bambinaia Pasqualita, è occasione per portare un po’ di sentimento in questo mondo tutto maschile.
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