Il paese dei campanelli

photo © Mario Finotti

Virgilio Ranzato e Carlo Lombardo, Il paese dei campanelli

Novara, Teatro Coccia, 29 settembre 2023

★★★★☆

Scambio di coppie a ritmo di foxtrot

Anche a Novara diverte il pubblico lo spettacolo di Martina Franca, felice incursione nel mondo dell’operetta del Festival della Valle d’Itria, ossia Il paese dei campanelli, prodotto con la Fondazione Teatro Carlo Coccia.

Con la medesima scintillante massa in scena di Alessandro Talevi e quasi lo stesso cast, qui di diverso c’è il direttore d’orchestra, e si sente. Roberto Gianola dirige con passione e gusto l’Orchestra Filarmonica Italiana, ma non c’è la leggerezza e la trasparenza della concertazione di Fabio Luisi, il volume sonoro è talora eccessivo e copre le voci, si perdono le preziose nuances e le sottigliezze strumentali della sapiente orchestrazione. In questa esecuzione si ha anche l’occasione di ascoltare per intero i due finali primo e secondo, due numeri complessi con intervento del coro, mentre qui a Novara è meno evidente il contrasto tra i momenti lirici, quelli dovuti soprattutto alla firma di Ranzato, e quelli più ritmicamente marcati, usciti dalla penna di Lombardo. Tra i primi, il “duetto del ricamo” e il numero di Bombon «Quello che egli ama in te», ripreso in seguito da Nela e da Hans. Tra i secondi, i ritmi di foxtrot, shimmy, charleston e java: un catalogo dei balli alla moda in quegli anni. I numeri musicali hanno la classica struttura delle canzoni di quel periodo: un’introduzione e un refrain, dove si concentra l’elemento melodico più evidente, spesso ripetuto in modo che il motivo ben si imprima nella memoria del pubblico. Ripreso più volte nel corso dello spettacolo, quello più intrigante accompagnava spesso la passerella finale degli artisti tra l’entusiasmo del pubblico.

Qui non c’è la passerella, ma la regia di Alessandro Talevi rimane comunque un miracolo di eleganza e ironia che induce gli spettatori alla risata con una serie di trovate, come l’ingresso di una zebra, di fenicotteri danzanti e di un gorilla, elementi che aggiungono un tocco surreale alla strampalata vicenda dei campanelli che suonano quando avviene un incontro extraconiugale in un improbabile paese olandese qui diventato una sala di caffè concerto dove sono gli abat jour sui tavolini a “tintinnare”. Il palcoscenico del Coccia è più profondo e meglio accoglie le eleganti scenografie di Anna Bonomelli a cui si devono anche i preziosissimi costumi e più curate sono qui le luci di Ivan Pastrovicchio. Sempre godibili sono le coreografie di Anna Maria Abruzzese. Cinque palme danno il tocco esotico e rimandano a quell’Italietta che negli anni ’20, l’epoca in cui Talevi ambienta la vicenda e anche quella del debutto dell’operetta di Lombardo-Ranzato, si scopriva colonialista sotto il regime fascista: negli anni successivi sarebbe nata l’Africa Orientale Italiana e sarà stato proclamato ufficialmente l’Impero italiano, ma a casa propria il paese era cambiato poco, soprattutto per la condizione delle donne, qui esemplificate nella figura di Nela, «la pupa da étagère o il bibelot», come le fa notare la più smagata Bombon che ha viaggiato per il mondo intero – e le mancano solo Giappone, Honduras e Nepal! L’ingenuità disarmante del personaggio di Nela è tale che nessuno pensa a un doppio senso quando, nella sua prima romanza, esalta le virtù del latte appena munto: «Oh quanto è buono il latte che v’offriamo […] ne prenda chi ne vuol»… In evidente contrasto sono le “inglesine” capeggiate da Ethel, «Sempre rapida e sicura, | va l’intrepida inglesina | per il monte e per il pian! | Pronta sempre all’avventura». Altamente spregiudicate ed emancipate dovevano sembrare al pubblico femminile che affollava il Lirico di Milano esattamente cento anni fa.

I cantanti confermano le doti già ammirate: Francesca Sassu (Nela) e Norman Reinhardt (Hans) vestono i personaggi in cui maggiormente sono richieste qualità canore, che troviamo nell’afflato lirico e patetico della prima, e nell’eleganza e il “british touch” del secondo (anche se è americano…). I caratteri “brillanti” sono affidati alla vivacità e alla presenza scenica di Marina Tampakopoulos (Bombon) mentre una new entry è Francesco Tuppo (La Gaffe). Silvia Regazzo (Ethel) completa il quintetto di voci cantanti e si confermano spigliati attori Federico Vazzola (Pomerania), Stefano Bresciani (Attanasio Prot), Fabio Rossini (Tarquinio Brut), Pasquale Buonarota (Basilio Blum) e Leonardo Alberto Moreno (Tom) nei ruoli solo recitati.

Sia a scena aperta sia alla fine applausi scroscianti salutano gli artefici dello spettacolo da parte di un pubblico variegato e divertito. Oggi si replica.