Molière, Tartufo, regia di Jean Bellorini
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Molière, Tartufo
regia di Jean Bellorini
Torino, Teatro Astra, 24 gennaio 2024
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Carlo Goldoni, Un curioso accidente
regia di Gabriele Lavia
Torino, Teatro Carignano, 26 gennaio 2024
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La modernità dei classici
Sulle scene torinesi sono contemporaneamente presenti due titoli dei maggiori drammaturghi del XVII secolo francese (Molière) e del XVIII secolo italiano (Goldoni). Un’opportunità per considerare il ruolo dei classici nel teatro contemporaneo e dei problemi della loro messa in scena.
Al teatro Astra Jean Bellorini presenta Tartufo, ossia la versione in italiano di Le Tartuffe ou L’imposteur di Molière, pièce in cinque atti in versi creata il 5 febbraio 1669 al Théâtre du Palais-Royal a Parigi. Originariamente una farsa in tre atti intitolata Le Tartuffe ou L’hypocrite era stata data al Castello di Versailles cinque anni prima, ma su insistenza dell’arcivescovo di Parigi ne erano state vietate le rappresentazioni pubbliche. Riveduta da Molière per renderla meno provocatoria nel soggetto, la nuova versione venne data una volta sola il 5 agosto 1667 al Palais-Royal e nuovamente vietata.
La proibizione della commedia fu certo dettata da considerazioni di politica religiosa, in particolare dalla necessità di non indebolire la Chiesa cattolica in un momento in cui il dissenso giansenista la minacciava di scisma. Tartufo è infatti il falso devoto, ipocrita e manipolatore che cerca di ingannare un uomo, rubargli la fortuna e sedurne la sposa. Quasi ci riuscirebbe perché la vittima, Orgone, è “cieco”, non ne vede i misfatti, anzi li giustifica egli stesso e apre gli occhi solo alla fine di fronte alla dimostrazione più inappellabile. Quanti anche oggi non vedono o vedono quello che vogliono vedere – terrapiattisti, trumpiani… – e negano l’evidenza più lampante per seguire i propri falsi giudizi.
Prodotto dal Teatro di Napoli, dopo il passaggio al Théâtre National Populaire di Villeurbanne di cui Bellorini è il direttore, lo spettacolo approda a Torino per la stagione del Teatro Piemonte Europa intitolata appunto “Cecità” e due sono gli elementi a favore dello spettacolo: la traduzione di Carlo Repetti che, anche se non riproduce fedelmente gli alessandrini di Molière, fornisce però una versione in rime e ritmi che ricreano efficacemente il suono originale; e la recitazione degli attori, massimo fra tutti il Tartufo di Federico Vanni, giocato con un perfido calibratissimo umorismo nero. L’ambientazione scelta dallo stesso regista colloca la vicenda nell’epoca presente in una grande cucina di una casa che la scempiaggine del proprietario rischierebbe di perdere senza l’intervento di un deus ex machina, che dopo essere stato appeso a una grande croce per tutto il tempo, ne discende per salvare la situazione. Le trovate sceniche – il lancio della farina, i momenti truculenti… – sono sempre al limite di una farsa senza però mai valicarlo, mentre il ritmo, le accelerazioni controllate, la velocità e le pause, le nostalgiche canzoni italiane anni ’80 rendono lo spettacolo estremamente godibile. Gli attori – oltre al citato Vanni, Gigio Alberti, Teresa Saponangelo, Betti Pedrazzi, Ruggero Dondi, Daria d’Antonio, Angela de Matteo, Francesco de Nicolais, Luca Iervolino, Giampiero Schiano e Jules Garreau, l’unico francese della compagnia – nei costumi di Macha Makeïeff restituiscono dei personaggi di grande empatia umana che il pubblico della prima ha applaudito con calore.
Non così popolare è il titolo proposto dal Teatro Stabile di Torino, un Goldoni poco conosciuto in Italia ma molto tradotto all’estero. Un curioso accidente è un’opera in tre atti scritta nel 1760 e portata per la prima volta sulle scene a Venezia senza successo. Ambientata in Olanda e basata su un fatto vero, narra del ricco mercante Filiberto che ospita a casa sua Monsieur de la Cotterie, un giovane militare francese ferito in guerra, innamorato, ricambiato, della figlia del mercante, Giannina la quale non volendo rivelare la realtà, gli dice che il francese ama Madamigella Costanza (figlia di Riccardo) e i due non possono sposarsi in quanto il padre della fanciulla non vuole che la figlia si sposi con un uomo considerato non alla loro altezza. L’inganno porta Filiberto a suggerire, per far dispetto all’amico/nemico Riccardo e liberarsi dell’incomodo militare, il rapimento della fanciulla e il matrimonio. Cosa che infatti avviene, ma con la propria figlia…
Gabriele Lavia monta sulle scene del Carignano uno spettacolo di metateatro – nella scenografia di Alessandro Camera un secondo sipario sbilenco, bauli, attrezzi di scena, un camerino… – dove la presenza del pubblico è volutamente esibita: sul palco prendono posto alcuni spettatori e lo spazio dove si muovono gli attori invade i corridoi della platea con il coinvolgimento di chi sta seduto. Il flusso della recitazione non è sempre perfettamente fluido e qualche inciampo viene prontamente corretto con il mestiere, ma quello che viene fuori è uno spettacolo poco convincente con una recitazione o dimessa (i personaggi femminili) oppure sopra le righe (il Monsieur de la Cotterie di Simone Toni) e una certa gigioneria da parte del Monsieur Filiberto di Gabriele Lavia. Anche qui vengono introdotti momenti musicali con canzoncine e l’accompagnamento di due pianoforti, ma senza una particolare esigenza drammaturgica. Lavia tratta con libertà il testo goldoniano, inserisce un prologo ricavato dalle note de “L’autore a chi legge”, aggiunge divagazioni, battute sul secolo dei lumi, gag ripetute («ah, questi francesi!»), anche un Arlecchino per buona misura.
Il pubblico comunque abbocca a questo aspetto un po’ ruffiano dello spettacolo e ne decreta il successo con prolungati applausi.
Carlo Goldoni, Un curioso accidenti, regia di Gabriele Lavia
⸪
