foto © Rosellina Garbo
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Emma Dante, Il tango delle capinere
Torino, Teatro Gobetti, 30 gennaio 2024
Un nostalgico viaggio a ritroso nel tempo sulle note delle canzoni
Nel 1983 con Le bal (Ballando ballando in Italia) Ettore Scola aveva raccontato cinquant’anni di storia di una nazione facendo diventare un film l’omonimo spettacolo teatrale di Claude Penchenat. Ora Emma Dante con Il tango delle capinere racconta cinquant’anni di storia di una coppia. Se il film affidava solo alla musica e ai costumi il passaggio del tempo, qui brevi dialoghi aiutano a definire la vita di una vecchia coppia che, a ritroso nel passato ripercorre i momenti salienti della esistenza assieme. Ed è proprio lo stare assieme, l’aggrapparsi l’uno/a all’altra/o che dà significato al loro vivere. Tanto che quando uno dei due viene a mancare sarà la fine anche dell’altro.
Il teatro della Dante è arcaico, rituale, fatto dai corpi degli attori e questo spettacolo non è diverso. In scena solo due bauli e la graticcia trapunta di lampadine. Una vecchia ingrigita e malferma è china su un baule aperto, poi si alza con in mano una spina elettrica e una presa; non appena le collega sopra la sua testa si accende il firmamento. Da un altro baule appare un uomo vecchio che la guarda e le sorride amoroso. Ballano. Lui con la testa poggiata sulla testa di lei, lei aggrappata alla giacca di lui. Il vecchio ha un sussulto di piacere. Anche la donna prova piacere, ma poi ha dei colpi di tosse e deve prendere delle medicine. Meno 5, meno 4, meno 3, meno 2, meno 1… Al rintocco della mezzanotte lui fa scoppiare un piccolo petardo. Lui e lei si baciano. Lui infila la mano in tasca ed estrae una manciata di coriandoli. Li lancia in aria, festoso. Lei fa suonare un vecchio carillon. Si tolgono la maschera da vecchi, inforcano gli occhiali e riprendono a ballare sulle note di vecchie canzoni che punteggiano a ritroso la loro storia d’amore.
Dal baule usciranno l’abito da sposa, i costumi della gara di ballo, i costumi da mare di quando si sono incontrati la prima volta. Gli abiti li rinvigoriscono e riportano indietro nel passato sulle note delle canzoni delle varie epoche. Ecco allora le voci di Mina, Francesco de Gregori, Gianni Morandi, Rita Pavone, Edoardo Vianello, il Quartetto Cetra. Fino a Nilla Pizzi che canta quel Tango delle capinere che dà il titolo al lavoro: «Laggiù nell’Arizona | terra di sogni e di chimere […] A mezzanotte va | la ronda del piacere | e nell’oscurità | ognuno vuol godere».
L’amore reciproco e la passione per il ballo sono il collante di una relazione che, come tutti, essi credono eterna e festeggiano l’anno nuovo ogni anno fino alla fine. Sulle note di quell’ultimo tango lui cade a terra e lei lo veste con una camicia da notte bianca. Lui non ce la fa a camminare, allora lei lo prende in braccio come un bambino, lo depone nel suo baule e chiude il coperchio. Adesso è ancora lei a tossire, prendere qualche pillola e andare a sistemarsi nel baule tomba.
La vecchiaia è spesso al centro degli spettacoli di Emma Dante: «È una fase della vita straordinaria, delicata, importante. I vecchi sono creature quasi mitologiche, custodiscono la storia di tutti noi», dice la regista, «quindi mi interessa interrogarli: non sono mai noiosi o banali. Inoltre, mi affascina il loro corpo, a mio avviso molto teatrale. Somiglia a quello dei bambini: sono timorosi, sbilanciati, hanno sempre paura di cadere e, nonostante i dolori fisici, è come se ricominciassero a camminare, a vivere, proprio come i bimbi». Ma questa volta alla Dante manca un disagio da denunciare, uno stato di oppressione da affrontare. La drammaturgia è evanescente, non genera tensione, non è quello che ci si aspetta dall’artista palermitana che qui intesse una lode dell’amore fin troppo limpido e lineare, quasi sdolcinato.
Coprodotto dal Teatro Biondo di Palermo con l’Emilia Romagna Teatro, il Teatro di Roma, il Centre Dramatique National di Montpellier e altri, lo spettacolo arriva sulle scene del Teatro Gobetti con gli stessi attori, Sabino Civillari e Manuela lo Sicco, che avevano interpretato Ballarini, l’ultimo capitolo della Trilogia degli occhiali (2010), da cui è tratto. I due straordinari interpreti raccontano con gesti minuti e movimenti danzati una vicenda che è uguale a tante altre e per questo tocca di più un pubblico che risponde con lunghi applausi.
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