∙
William Skakespeare, Otello
regia di Kriszta Székely
Torino, Teatro Carignano, 22 febbraio 2024
«Jago è un brav’uomo»
La parola “negro”, che ieri al Teatro Regio per Un ballo in maschera non è stata cancellata dal libretto ma che è ormai stata bandita da qualunque discorso “politically correct”, è tra i termini più ripetuti in questa versione dell’Otello di Shakespeare messo in scena in prima nazionale per il Teatro Stabile di Torino da Kriszta Székely. È spesso sulla bocca di Jago, il personaggio principale in questa drammaturgia di Ármin Szabó-Székely.
La regista ungherese, che ritorna al TST per la terza volta dopo un’intrigante Hedda Gabler e un meno convincente Riccardo III, basa la sua lettura sulla diversità del comandante moro, che qui ha le fattezze caucasiche dell’attore Barna Bányai Kelemen, e sulla rancorosa gelosia del suo capitano. Ma la centralità del personaggio di Jago qui è talmente accentuata da trasformare la tragedia del bardo in un “one man show” per la stupefacente prestazione dell’attore che lo interpreta, Lehel Kovács.
Nel depurato spazio scenico di Nelli Pallós, teli sia trasparenti che traslucidi appesi a putrelle di metallo delimitano un luogo dove, con precisione cronometrica e infallibile senso teatrale, agiscono dieci formidabili attori che mettono in scena una versione sintetica ma fedele – lo spettacolo dura in tutto un’ora e 40 minuti senza intervallo – del gioco di manipolazione effettuato da quell’anima nera di Jago, il personaggio che non vacilla, non torna indietro di fronte a nulla ed è allo stesso tempo determinato e subdolo nelle sue candide bugie che instillano il dubbio e il veleno nelle orecchie del moro veneziano. Il quale crede al suo capitano perché questi è bravissimo a recitare la parte dell’uomo onesto, a presentare la realtà come equivocabile e trascinare tutti nella distruzione. Kriszta Székely vede un forte filo conduttore tra Jago e Riccardo III: «Ho creato prima Jago come studio preliminare per Riccardo. Il pubblico vede mostri e come agiscono fino a provare simpatia nei loro confronti. Agli applausi finali di solito si rende conto e pensa: oddio, ma per chi sto simpatizzando? La Storia è così. In Europa oggi ci sono molti Jago, soprattutto intorno al potere, per questo è tutto così sporco. Pensavo che il mio Riccardo fosse una cosa estrema, invece di recente ci sono state molte cose avvenute nel mio paese, l’Ungheria, che sarebbero potute entrare nello spettacolo».
La regista esamina con lucidità in questo suo lavoro il «cancro del nostro presente, cioè la volontà distruttiva ed egoistica del potere e il meccanismo socialmente dominante delle fake news». Un tema di drammatica contemporaneità che tocca il pubblico che risponde con insistiti applausi a questa messinscena in cui la barriera della lingua non costituisce un impedimento alla sua fruizione.
Solo quattro repliche al Teatro Carignano. Spettacolo che sarebbe un peccato perdere.
⸪