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Bedřich Smetana, Dvě vdovy (Le due vedove)
Ostrava, Národní divadlo moravskoslezské, 9 giugno 2022
(video streaming)
Memento mori vs. Carpe diem
Le otto opere teatrali di Smetana si possono suddividere in 3 gruppi distinti: il primo è costituito dai tre melodrammi di argomento serio e storico I Brandeburghesi in Boemia, Dalibor, Libuše; il secondo dalle due opere di carattere comico La sposa venduta, Le due vedove; il terzo infine dalle tre opere romantico-comiche Il bacio, Il segreto, Il muro del diavolo. Le due vedove riprende la vena leggera e sentimentale della precedente Sposa venduta, ma si arricchisce di un’ironia più salottiera ed elegante e di una ricchezza melodica spumeggiante e piena di invenzioni.
Nella Boemia della fine degli anni Sessanta e dell’inizio degli anni Settanta del XIX secolo Dalibor, l’opera più recente di Smetana di argomento epico, fu accolta piuttosto freddamente. Era quindi giunto il momento per il compositore di tornare al genere comico che aveva intrapreso con il successo de La sposa venduta del 1866. La commedia francese in un atto Les deux veuves di Jean Félicien Mallefille del 1860 fu rappresentata a Praga il 25 agosto 1868 nella traduzione ceca di Emanuel Züngel, che divenne l’autore del libretto di Smetana. Il librettista trasferì la trama all’ambiente ceco e cambiò i nomi dei personaggi principali, tuttavia, la leggerezza, l’eleganza e l’arguzia del salotto francese sono rimaste. Nel musicarlo, Smetana scelse la forma di una conversational opera con dialoghi parlati e numeri musicali e Züngel ampliò l’atto unico originale in due atti, dando al compositore spazio per la musica.
Atto I. Siamo in un castello in Boemia. Le due vedove che vi abitano, Karolina e Anežka, sono molto diverse. Karolina, la padrona di casa, è una vedova saggia e piena di energia che non ha rinunciato al mondo e vorrebbe che la cugina, vedova anch’essa ma chiusa nel proprio dolore apparentemente impenetrabile, tornasse a vivere e persino ad amare. Karolina è pressata dal suo corteggiatore, il possidente Ladislav. Ma lei non vuole sposarlo e cospira perché Anežka se ne innamori. Fa in modo che Ladislav venga arrestato da Mumlal e condannato per un giorno agli arresti domiciliari nel castello. Ma neanche così Anežka riesce a interessarsi a lui, mentre i giovani Lidka e Toník cantano il loro amore.
Atto II. In prigione Ladislav canta una canzone d’amore che risveglia i sentimenti di Anežka. Ma la donna non riesce a confessarli. È solo quando Karolina inizia a flirtare con Ladislav che Anežka ammette la colpa del suo affetto per lui, nato quando ancora era sposata. L’invidioso Mumlal non riesce a distogliere Lidka e Toník dall’amarsi l’un l’altra e al ballo finale entrambe le coppie si sposano.
L’opera andò in scena per la prima volta al Teatro Provvisorio di Praga il 27 marzo 1874, in un momento in cui Smetana era sotto accusa per la sua gestione della compagnia d’opera (non sempre del tutto ingiustificata), e nell’autunno dello stesso anno la situazione divenne disastrosa quando divenne completamente sordo. Come per La sposa venduta, Smetana fu il suo più grande critico e rielaborò la pièce originale ritenendo che ci fosse uno squilibrio tra parole e musica, forse legato a un’insoddisfazione per la recitazione dei cantanti, come osservato, tra gli altri, dal critico del giornale Národní listy. Nella seconda versione Smetana aggiunse al quartetto originale di personaggi una coppia di giovani promessi sposi, Toník e Lidka, ampliò il finale primo e aggiunse il trio di Toník, Lidka e Mumlal al secondo atto. Ladislav, che non aveva un assolo importante, nella nuova versione ebbe una nuova aria e i dialoghi parlati vennero sostituiti da recitativi cantati. In questa versione il lavoro andò in scena il 15 marzo 1878. Nonostante la bellezza della sua componente musicale, non mancarono altre revisioni i cui risultati furono infine eliminati dalla messa in scena di Otakar Ostrčil nel 1923 e nella versione ora del Teatro Nazionale di Ostrava, la città della Repubblica Ceca capoluogo della Moravia-Slesia.
La regia è affidata al regista e scenografo sloveno Rok Rappl, conosciuto con lo pseudonimo di Rocc, che ha scritto: «Le due vedove è una commedia lirica, ma il titolo è un po’ ingannevole. Si tratta di temi molto profondi: l’amore (come probabilmente ogni opera lirica), ma anche il rapporto con la morte. Qui incontriamo due principi contraddittori. La vedova Agnese rappresenta il principio del memento mori: ricorda il marito e non vuole andare avanti nella vita. Il principio opposto è rappresentato da Carolina, che vuole dimenticare il passato e trarre il massimo dalla vita. Quando si aggiunge Ladislav emerge uno strano triangolo. È di questo che vogliamo parlare, perché è qualcosa di vicino al pubblico di oggi». Nella sua messa in scena i personaggi annegano le loro frustrazioni nell’alcool, avendo sempre una bottiglia o un bicchiere in mano. Vestono i costumi ottocenteschi disegnati da Belinda Radulović, mentre il coro è in abiti contemporanei. La scena minimalista prevede una pedana rialzata per gli interni borghesi e specchi da camerino ai lati del palcoscenico, una soluzione poco convincente che mescola tradizione e teatro nel teatro. Tocchi di humour macabro – la bara del marito morto di Anežka nel salotto – una recitazione un po’ sopra le righe, soprattutto per il personaggio di Karolina, e un finale in stile cafonal per gli invitati alla festa di matrimonio connotano la lettura registica.
Marek Šedivý alla guida dell’orchestra del teatro è corretto ma non sembra voler svelare le preziosità della partitura, semmai ci siano, e il suono della buca non sempre ha la leggerezza che ci si aspetterebbe da quest’opera “francese”. Insomma, il risultato non sembra voler consegnare al repertorio più corrente questo titolo di Smetana che ha i suoi momenti migliori nei quartetti del primo atto e in alcune arie dove la vena melodica è più fluente. Veronika Rovná è una Anežka lirica dal bel timbro vibrato che evolve da vedova inconsolabile a donna che confessa il suo rimorso ed è pronta per una nuova vita; Lada Bočko è Karolina, la vedova che del Carpe diem ha fatto il suo motto e sfoggia agilità congrue col suo carattere; nei panni di Ladislav Podhajský il tenore Martin Šrejma ha un ruolo vocalmente piuttosto impegnativo ma affrontato e risolto con agio; il Mumlal ha in Martin Gurbal’ un interprete affetto da un’intonazione calante. Václav Čížek e Ivana Ambrúsová danno voce ai due giovani amanti.
Il video dello spettacolo è disponibile su operavision.
⸪
