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Accademia dei folli, Anime salve
Sansicario, Teatro Sansipario, 2 gennaio 2025
Viaggio in alta quota
Anime salve è il titolo dell’ultimo album in studio di Fabrizio De André. Pubblicato nel 1996, è il suo testamento musicale ed etico.
Un viaggio nel mondo del cantautore genovese è quello proposto dall’Accademia dei Folli, variegato gruppo torinese formato da attori provenienti dalla Scuola dello Stabile e da musicisti del Conservatorio e del Centro Jazz di Torino, compagnia di musica-teatro fondata nel 2000 che ha al suo attivo numerosi spettacoli presentati anche dal Teatro Stabile e che da sempre porta sulla scena le note dei grandi cantautori – Giorgio Gaber, Tom Waits, Bruce Springsteen, Bob Dylan, B.B. King, Leonard Cohen, Fred Buscaglione.
Nel 2014 è nato il suo primo omaggio a Fabrizio De André, “Attenti al gorilla”, e ora nella stazione sciistica dell’Alta Valsusa presenta il suo più recente tributo, un viaggio in alta quota nel mondo delle figure femminili, degli emarginati, degli oppressi raccontati con la pietas del cantautore genovese.
Con la voce intrigante e la capacità affabulatoria di Carlo Roncaglia, gli struggenti interventi del fisarmonicista MatteoCastellan, il giovane Andrea Cauduro alle chitarre, il ricco sottofondo del basso di Enrico De Lotto, le molteplici percussioni di Fabio Romano e Matteo Pagliardi, alcune delle più intense canzoni di ‘Faber’ vengono riproposte in un arrangiamento di grande gusto che esalta la bellezza e ricercatezza della musica, una cosa che si è irrimediabilmente persa nell’offerta pop di oggi.
Il viaggio che i sei artisti hanno proposto a un pubblico attento e partecipe non poteva iniziare se non dal mare, da quelle stradine strette che scendono dalle scoscese alture liguri verso le spiagge di sassi. Non poteva mancare quindi “Creuza de mä”, dall’omonimo album del 1984. Dopo il medio oriente di “Il sogno di Maria” (La buona novella, 1970) e il nuovo continente di “Il fiume Sand Creek” (L’indiano, 1981, dalle memorie di un guerriero Cheyenne), si rientra in patria con le vicende di “Bocca di rosa” e di “Via del campo” (Volume I, 1967), dedicate alle donne sfruttate e messe al bando dalla ipocrita morale borghese.
Con le sapide reinvenzioni dei musicisti dell’Accademia rivivono le figure dell’assassino de “Il pescatore” o dei reclusi in carcere del suicida Miché (Volume 3, 1968) e del Don Raffaé mafioso col suo caffè (Le nuvole , 1990). Ma è pur sempre l’amore, declinato nelle sue diverse forme, uno dei temi primari del mondo di De André: che sia la cinica “Ballata dell’amore cieco” (Canzoni, 1974) dove «un uomo probo […] s’innamorò perdutamente d’una che non lo amava niente», o «l’amore che vieni, amore che vai» (Volume 3, 1968). E poi c’è la particolare religiosità “laica” dell’autore espressa nella stupenda “smisurata preghiera” che chiude il suo Anime salve. O il destino che “volta la carta” (Rimini, 1978) dove «Madama Dorè ha perso sei figlie tra i bar del porto e le sue meraviglie». Il lato surreale è espresso invece da “Se ti tagliassero a pezzetti” (L’indiano) o da “Dolcenera” (Anime salve).
Non un semplice concerto, lo spettacolo di Carlo Cornaglia e dei suoi pregevoli musicisti costruisce una drammaturgia intrigante dove le canzoni sono protagoniste assolute, seppure ricreate con personalità e un pregevole gusto musicale.
Una volta di più riscopriamo così l’assoluta contemporaneità – e necessità – dell’arte di De André. Grazie, Accademia dei folli.
⸪
