foto © Mattia Gaido
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Ludwig van Beethoven
Concerto n° 4 in Sol maggiore per pianoforte e orchestra op. 58
Allegro moderato
Andante con moto
Rondò. Vivace
Johannes Brahms
Serenata n°1 in Re maggiore per orchestra op. 11
Allegro molto
Allegro non troppo. Trio: Poco più moto
Adagio non troppo
Menuetto I – Menuetto II
Scherzo. Allegro. Trio
Rondò. Allegro
Camerata Salzburg, Giovanni Guzzo primo violino e direzione, Alexander Lonquich pianoforte
Torino, Auditorium Agnelli, 7 maggio 2025
Sostituzione di lusso
Aimez-vous Brahms… è il titolo di un romanzo che Françoise Sagan dava alle stampe nel 1959. Qui, il giovane Simon, innamorato di Paule, divorziata 39enne, la invita a un concerto con musiche di Brahms alla Salle Pleyel di Parigi in un tentativo di seduzione andato a segno: credendo di vedere in lui una persona sensibile alla musica, Paule si arrende e accetta la passione che il giovane le offre.
Chi avesse pensato di usare lo stesso stratagemma con il penultimo appuntamento della stagione di Lingotto Musica per far colpo su qualcuno o qualcuna sarebbe rimasto in parte deluso: a causa della indisposizione della pianista Hélène Grimaud, l’impaginato tutto brahmsiano previsto è stato modificato e invece del Concerto n° 1 in re minore del grande amburghese, il pianista “rimediato” all’ultimo momento – nientemeno che Alexander Lonquich – porta nella sala Giovanni Agnelli le note del Concerto n° 4 in Sol maggiore di un altro grande B della musica tedesca, Ludwig van Beethoven. Una sostituzione di lusso che una combinazione di coincidenze fortuite ha messo insieme per salvare la serata con grande soddisfazione del pubblico che si è lasciato trasportare dalla eccelsa tecnica e personale interpretazione del pianista nato a Treviri ma praticamente italiano per adozione. Lonquich ritorna al Lingotto quattro anni dopo la sua ultima apparizione in una maratona che comprendeva l’integrale dei concerti beethoveniani per pianoforte e orchestra.
Dopo i primi tre, che si muovono ancora nel solco tracciato dagli ultimi concerti mozartiani, con il Concerto n° 4 in Sol maggiore, composto negli anni 1805-1806 quando lavorava alla sua Sinfonia n°5, Beethoven prende una strada nuova fin dall’inizio affidato esclusivamente al solista a precedere l’introduzione orchestrale che porterà all’affettuoso colloquio tra pianoforte e orchestra nel primo movimento. L’Allegro moderato che segue è invece sorprendentemente violento nel contrasto tra i solista e ensemble, che espongono con evidenza la lotta tra il wiederstrebende Prinzip (principio di opposizione) dell’orchestra e il bittende Prinzip (principio implorante) del pianista cara al compositore di Bonn. Brillante e non drammatico è invece il gioco tra solo e tutti nel movimento che conclude il concerto.
Lonquich si divide tra il suo strumento e la direzione di un’orchestra che forse è stata presa di contropiede e rimane un po’ all’ombra del solista che in perfetto equilibrio tra scavo introspettivo e prodigiose sonorità, tra intimismo emotivo e sfoggio di virtuosismo espresso nella singolare abnorme cadenza del primo tempo, con fraseggio da manuale e cantabilità sognante, offre una lettura trascinante di questo lavoro. Prima di abbandonare la sala deve cedere alle insistenze del pubblico per regalare altri due bis di grande impegno: la Novelletta op. 21 n. 2 in re maggiore di Robert Schumann e la sesta Bagatella op. 126 n. 6 in mi bemolle maggiore di Beethoven.
Pochi mesi dopo la prima esecuzione del Concerto n° 1, ad Amburgo il 28 marzo 1857 Brahms presentava la Serenata n°1 in Re maggiore op. 11 inizialmente scritto per nove strumenti (flauto, 2 clarinetti, fagotto, corno, violino, viola, violoncello, contrabbasso) e poi per grande orchestra (2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, timpani, archi), la versione eseguita qui dalla Camerata Salzburg nella seconda parte della serata.
Nata nel 1952 nella città austriaca, la Camerata Salzburg è un’orchestra da camera che vanta, oltre a innumerevoli concerti e collaborazioni, l’incisione di oltre sessanta album su un ampio repertorio. Alla guida della compagine orchestrale è il suo primo violino e maestro concertatore Giovanni Guzzo, che suona un Gagliano nel 1759. Molto più a loro agio in questo lavoro, il primo di due serenate, si ammira la perfetta coesione tra i musicisti, il suono caldo e avvolgente dei fiati, gli attacchi precisi. Rispetto al coevo impetuoso concerto, la Serenata predilige atmosfere rilassate e serene, in un periodo in cui il compositore sembrava volersi staccare dalle passioni, come espresso in una lettera di quell’anno a Clara Schumann: «Le passioni non sono connaturali all’uomo. Sono sempre eccezione o anomalia. La persona in cui esse eccedono rispetto alla giusta misura dev’essere considerata malata e deve ricevere cure mediche per preservare vita e salute. Il vero uomo ideale è tranquillo nella gioia e tranquillo nel dolore e nella sofferenza. Le passioni devono passare presto oppure bisogna reprimerle». L’esecuzione che abbiamo ascoltato dalla Camerata Salzburg, con i suoi tempi placidi, l’atmosfera pastorale del primo movimento, l’ampio respiro lirico del terzo e il baldanzoso finale sembrano riflettere appunto quelle parole.
⸪
