Palestrina’s Requiem

foto © Giulio Solzi Gaboardi

Claudio Monteverdi,

Claudio Monteverdi, Lauda Jerusalem (II), mottetto per cinque voci e basso continuo SV 203

Giovanni Pierluigi da Palestrina, Missa pro defunctis cum quinque vocibus
Kyrie – Offertorium – Sanctus – Agnus Dei – Libera me, Domine – Kyrie

Claudio Monteverdi, da Messa a quattro voci et salmi  […]  Messa in Sol minore SV 190
Claudio Monteverdi, Laudate, pueri, Dominum (III) SV 196

Peter Phillips direttore, Tallis Scholars

Cremona, Chiesa di San Marcellino, 26 giugno 2025

La gloriosa polifonia italiana

Ancora un titolo in inglese per uno dei concerti più attesi del Monteverdi Festival di Cremona che non solo ripropone le gemme musicali del passato, ma ne fa riscoprire di nuove e offre esecuzioni critiche alla luce degli ultimi studi.

È il caso della  Missa pro defunctis che Giovanni Pierluigi da Palestrina compose per la romana Cappella Giulia il cui organico prevedeva una parte di Cantus (voce di soprano), una di Altus (contralto), due di Tenor e una di Bassus, assolutamente conforme quindi alle abitudini del compositore, soprattutto nell’ultimo periodo della sua produzione, il lavoro è infatti del 1588 e Palestrina morirà sei anni dopo. Oltre alla revisione critica, l’esecuzione prevede l’inserimento del Libera me, Domine dopo la sequenza canonica Kyrie, Offertorium, Sanctus, Agnus Dei e prima del Kyrie finale, un responsorio ritenuto per molto tempo di dubbia attribuzione e solo recentemente ristabilito con autorevolezza nella sua autenticità da Riccardo Pintus. Un bel modo di celebrare il compositore a 500 anni dalla nascita.

La pagina, che unisce i profili del “cantus firmus’ liturgico con l’intreccio polifonico delle diverse parti, viene eseguita dai Tallis Scholars, l’ensemble il cui nome si riferisce al compositore inglese cinquecentesco Thomas Tallis,  fondato nel 1973 da Peter Phillips che ora li dirige con gesto sobrio ma efficace, lasciando alle sole voci interconnesse nel sapiente intreccio la magia di ricreare questa testimonianza di fede. Dieci i cantanti presenti: Amy Haworth, Victoria Meteyard (soprani), Caroline Trevor, Elisabeth Paul (contralti), Steven Harrold, Simon Wall, Jonathan Hanley e Tom Castle (tenori), Tim Scott Whiteley, Rob Macdonald (bassi), voci perfettamente fuse eppure chiaramente individuabili in certi passaggi solistici. Un’armonia vocale che riflette quella del messaggio religioso del testo.

Nella sua città natale non poteva mancare Monteverdi, che incornicia il piatto forte di Palestrina: il concerto inizia infatti con il suo Lauda Jerusalem (II), mottetto per cinque voci e basso continuo, opera pubblicata nel 1650, sette anni dopo la morte dell’autore. Il basso continuo  qui non è presente, in scena ci sono solo le voci, a meno che non si consideri basso continuo l’unz-unz sparato dalle casse in piazza Stradivari, neanche tanto vicina, dove la festa di inizio estate dei dj richiama fino a oltre mezzanotte la gioventù cremonese stordita dai decibel invece che dalla polifonia barocca. Mai come in questo caso si può dire che è tutt’altra musica… Sul testo del Salmo 147, «Lauda, Jerusalem, Dominum; lauda Deum tuum, Sion», i dieci interpreti vocali fanno a meno della tiorba, che abitualmente nelle registrazioni di questi sei minuti di musica fornisce il basso continuo, riempiendone lo spazio con un suono pulito ma denso e intonazione perfetta quanto la dizione.

Il gioco delle voci si fa più mosso nella Messa in Sol minore a quattro voci, con due tenori in meno quindi, anch’essa pubblicata nel 1650. Sono passati alcuni decenni dalla messa di Palestrina e la luce di Venezia sembra rendere i colori più vividi e brillanti, gli interventi delle voci più “teatrali”. L’«incarnatus est» del Credo è cantato dai contralti con un’intensità inusuale, marcatamente dolorosa è quella del «crucifixus», il Sanctus e il Benedictus sono particolarmente gioiosi.

Conclude il programma ancora Monteverdi col suo Laudate, pueri, Dominum, mottetto per cinque voci e basso continuo dalla stessa Messa a quattro voci et salmi  a 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 et 8 voci, concertati, e parte da capella, et con le letanie della B. V. Qui tornano in scena i due tenori per completare l’ensemble che al termine suscita gli applausi entusiastici dal pubblico che ha gremito la chiesa e che ottiene un ghiotto fuori programma, il Regina Cœli lætare del compositore fiammingo Nicolas Gombert, qui nella versione a dieci voci.