Invettive musicali

Nicholas Slonimsky, Invettive musicali

Adelphi Editore, 430 pagine, 2025

Il nome di Nicolas Slonimsky non dice molto al di qua dell’Atlantico, ma oltre oceano la sua figura è quasi leggendaria: nato a San Pietroburgo nel 1894 e genio musicale fin da piccolo, durante la Rivoluzione Russa lascia il paese e dopo un lungo e rocambolesco viaggio arriva a Parigi nel ’21 dove la sua attività di pianista gli dà la possibilità di entrare in contatto con le maggiori personalità musicali del tempo. Nel 1923 è negli Stati Uniti, acquisisce la cittadinanza americana nel 1931 e morirà qui all’età di 101 anni. Nel 1988 aveva pubblicato il suo libro di memorie Perfect Pitch e a questo proposito Leonard Bernstein scrisse: «Se unite l’Enciclopedia Britannica con una storia della musica scritta da Oscar Wilde, avete qualcosa che assomiglia a questo straordinario memoir».

Lexicon of Musical Invective, “critical assaults on composers since Beethoven’s time” è il suo testo più famoso. Uscito nel 1953 e con una seconda edizione ampliata nel 1965, si tratta di una minuziosa raccolta dei «giudizi prevenuti, ingiusti, maleducati e singolarmente poco profetici» espressi anche da illuminati esegeti sui musicisti elencati in ordine alfabetico da Bartók a Webern e con le citazioni riguardanti ogni singolo compositore presentate in ordine cronologico. Mentre è comprensibile che “il rifiuto dell’insolito”, come Slonimsky intitola il saggio che accompagna il suo irriverente campionario, colpisca i musicisti nel loro tempo, stupisce come ancora nel 1881 John Ruskin in una lettera a John Brown ammettesse che Beethoven gli suonasse «come un sacco di chiodi che vengono rovesciati, a cui ogni tanto si aggiunge la caduta di un martello» mentre nel 1899 Philip Hale sul “Musical Record” a proposito della Nona sinfonia scrivesse: «il Finale mi sembra per la maggior parte fiacco e orrendo  […]  musica stupida e irrimediabilmente volgare […] indicibile grossolanità del tema principale»…

Nessun compositore sfugge alla idiozia di certi critici: si arriva a definire «straziante cacofonia» la musica di Chopin; Berlioz è classificato come «lunatico delirante»; Wagner è, a seconda dei casi, «eunuco demente» o «ciarlatano disperato»; quella di Debussy è «mal de mer»; di Stravinskij «le massacre du printemps»; quelli di Bartók «escrementi»; quella di Schönberg «la sinfonia da camera degli orrori». Non si salva neppure Puccini, ovviamente. Sul New York Herald Tribune del 5 febbraio 1901 ecco che cosa viene scritto  sulla sua Tosca: «Libidine e ferocia sono presentate nella loro nudità, e non c’è tempo di riflettere sui meccanismi (e ce ne sono parecchi  nella musica di Puccini) in cui la musica diventa un intralcio insolente, dove frasi di autentica sostanza sono mischiate a incredibili scemenze»! Ogni commento appare superfluo.