L’uomo, la bestia e la virtù

foto © Pino le Pera

Luigi Pirandello, L’uomo, la bestia e la virtù

regia di Roberto Valerio

Torino, Teatro Gobetti, 27 novembre 2025

Pirandello tra farsa, incubo e verità

Prodotto da Teatri di Pistoia–Centro di Produzione Teatrale in collaborazione con il Teatro Nuovo Giovanni da Udine, L’uomo, la bestia e la virtù approda al Teatro Gobetti, dove resterà in scena fino a domenica 7 dicembre 2025, portando con sé tutta la sua miscela di ironia corrosiva e inquietudine pirandelliana. L’allestimento di Roberto Valerio ne esalta il lato grottesco e onirico, trasformando la farsa pirandelliana in un incubo brillante tra maschere, istinti e apparenze che crollano restituendo tutta l’ambiguità e la complessità del testo, sospeso tra comicità e turbamento.

Quando debuttò nel 1919, il pubblico rimase spiazzato: cos’era, esattamente, quel testo? Una farsa? Un incubo? Un esperimento grottesco? Forse tutto insieme. Pirandello si diverte – e ci sorprende ancora – con uno dei suoi lavori più anomali, un’opera che mescola comicità e perturbazione, leggerezza e crudeltà, lasciandoci sospesi tra sogno e realtà. Al centro, un triangolo amoroso che più spinoso non si può: un marito assente e brutale, una moglie virtuosa ma abbandonata, e l’amante di lei, un professore di reputazione immacolata. Da questo intreccio scaturisce un gioco di specchi che mette a nudo desideri, convenzioni soffocanti e quell’irriducibile ambiguità che anima – e tormenta – l’essere umano.

La storia è nota, ma sempre sorprendente. Il capitano Perella – la Bestia, almeno in apparenza – naviga più tra città e amanti che tra doveri domestici. Sua moglie, la Virtù incarnata, resta a casa a rimuginare solitudine e decoro. Accanto a lei, l’Uomo: Paolino, professore irreprensibile e precettore del figlio dei Perella, che però con la signora intreccia una relazione clandestina. A complicare tutto, una gravidanza che rischia di far saltare il castello delle apparenze.

La soluzione escogitata da Paolino è una delle invenzioni più improbabili – e irresistibilmente comiche – del teatro pirandelliano: somministrare al capitano un afrodisiaco micidiale con l’aiuto del medico e del farmacista, così da indurlo, nell’unica notte che trascorre a casa, a “consumare” il matrimonio e salvare così l’onore di tutti. Da questo espediente nasce una spirale tragicomica che finisce per rimettere in discussione ogni etichetta: Paolino è davvero l’Uomo? Perella davvero la Bestia? E la signora Perella così ineccepibilmente Virtuosa? Pirandello costruisce tutto sul paradosso: i personaggi indossano maschere così rigide da soffocare passioni e volontà; il perbenismo diventa una corazza che si crepa al primo urto; la “bestialità” non è dove ci si aspetterebbe.

L’allestimento di Roberto Valerio amplifica questa tensione, spingendo il testo verso un ritmo scattante, un registro farsesco e un’atmosfera costantemente ambigua. I personaggi si muovono come creature in bilico tra umano e animale, secondo un’indicazione che affonda le radici nella poetica pirandelliana: il comportamento civile si sgretola, l’istinto guadagna terreno e il pudore svanisce come un ricordo lontano.

L’impianto scenico ha una venatura sinistra, quasi allucinata. L’ingresso dei personaggi è accompagnato da un tappeto sonoro inquietante firmato da Anselmo Luisi, in equilibrio tra thriller e surreale; le luci fredde e stranianti di Emiliano Pona accentuano il disagio; i cambi scena, frenetici e affidati agli stessi interpreti con maschere anonime e perturbanti, si svolgono su una musica stridente che taglia lo spazio.

Tra gli elementi più affascinanti emergono le scene oniriche: vere pause visive in cui affiorano le maschere pirandelliane, simboli viventi delle verità sommerse dei personaggi. Queste apparizioni trasformano il palcoscenico in uno spazio mentale, una sorta di camera della coscienza dove prendono corpo pensieri, paure e sensi di colpa. Una soluzione scenica raffinata e profondamente teatrale, che dona allo spettacolo un’aura quasi metafisica.

In questo contesto si muovono gli interpreti: Max Malatesta accompagna Paolino in un crescendo di goffaggine animalesca; Vanessa Gravina scolpisce pose plastiche che rendono la signora Perella fragile e combattiva; Nicola Rignanese, nei panni del capitano, dosa grugniti, furie e inaspettata lucidità finale, costruendo una Bestia insieme grottesca e autentica. Accanto a loro, Beatrice Fedi, Massimo Grigò, Franca Penone, Lorenzo Prestipino e Mario Valiani compongono un coro scenico solido e partecipe, fondamentale nel disegnare un mondo che oscilla tra farsa, sogno e ferinità.

Quello di Valerio è un allestimento che abbraccia l’ambiguità pirandelliana, la amplifica e la rilancia attraverso un’estetica visionaria e cinematografica, fissando il dramma in un presente assoluto, teso e incombente. Una lettura che illumina, con ironia e inquietudine, la vertigine eterna tra apparenza e verità.

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