Dalibor

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Bedřich Smetana, Dalibor

direzione di František Vajnar

regia di Václav Kašlík

scene di Josef Svodoba

1985, Národní Divadlo, Praga

Ancora una volta è stato il benemerito Teatro Lirico di Cagliari a mettere in scena un titolo poco conosciuto nel nostro paese: nel 1999 viene infatti presentata in prima nazionale la terza opera di Smetana, Dalibor. Con l’ingenuo libretto in tedesco di Josef Wenzig il lavoro aveva debuttato a Praga il 16 maggio 1868 diretto dallo stesso autore ottenendo però un successo modesto. Neanche nel 1870, con la traduzione in ceco di Ervín Špindler e in una nuova revisione, non ebbe grande successo, che arrivò invece due anni dopo la morte dell’autore e soprattutto nel 1892 sotto la direzione di Gustav Mahler.

L’opera è ispirata alla vicenda di Dalibor di Kozojed, un eroe leggendario boemo che guidò una rivolta contadina a sostegno del popolo oppresso e fu condannato a morte nel 1498 durante il regno di Ladislao II di Boemia e rinchiuso nel sinistro torrione del Castello di Praga che ancora oggi porta il suo nome, “Daliborka” . Secondo la leggenda, durante la prigionia, Dalibor imparò a suonare il violino riuscendo a commuovere con la sua musica chiunque si avvicinasse alla torre.

La vicenda assomiglia a quella dell’opera Fidelio di Ludwig van Beethoven, in quanto il personaggio femminile centrale dell’opera si traveste in abiti maschili e cerca la fiducia di un carceriere per salvare l’amato.

Atto I. Dalibor, un cavaliere ceco, è sotto processo davanti al re per aver ucciso il burgravio di Ploskovice per vendicare l’esecuzione del suo amico, il musicista Zdeněk. Durante il processo, il re chiama la sorella del burgravio, Milada, che chiede la sua esecuzione. Quando Dalibor viene portato dentro, la folla si alza in piedi per sostenerlo. Quando Dalibor racconta della cattura e dell’omicidio del suo amico, la corte riduce la sua condanna da morte a ergastolo. Milada si rende dolorosamente conto di essersi innamorata di Dalibor e, in combutta con Jitka, un’orfana che ha fatto amicizia con il cavaliere, decide di liberarlo.
Atto II. Dopo una scena in un campo di mercenari, in cui Jitka e il suo amante Vítek complottano per liberare Dalibor, Milada entra nella prigione travestita da ragazzo e trova lavoro presso il carceriere di Dalibor, Beneš. Con il suo fascino, il carceriere la fa entrare nella prigione dove è rinchiuso Dalibor, per dargli il violino del suo amico. Il cavaliere sta sognando e inizialmente pensa che Milada sia una reincarnazione del suo amato Zdeněk. Poi, in un appassionato duetto, i due cantano la gioia di essersi ritrovati.
Atto III. Nella prigione, Dalibor attende con ansia la fuga (cantando la sua famosa Canzone alla libertà), ma sente che è un cattivo presagio quando una delle corde del violino di Zdeněk si rompe. Il piano per corrompere Beneš fallisce e il carceriere informa il re del loro tentativo di fuga. Il re ordina la morte di Dalibor. Milada, in attesa fuori dalla prigione, sente il rintocco della campana che segnala l’esecuzione di Dalibor. Accompagnata dai suoi seguaci, irrompe nel castello dove, dopo aver salvato Dalibor, viene ferita e muore tra le sue braccia. Dalibor si pugnala e si unisce alla morte della sua amata. In un finale alternativo Dalibor viene giustiziato prima che Milada possa salvarlo.

Dal punto di vista musicale in Dalibor sono presenti elementi stilistici nazionalisti cechi, come i ritmi delle danze o l’impiego in funzione solistica del violino, considerato in Boemia lo strumento nazionale, ma all’epoca Smetana non sfuggì alle solite critiche di wagnerismo. Nelle pagine di massa e corali non è lontano il modello tedesco, ma dal punto vista vocale si può invece avvertire una certa influenza del belcanto italiano, come nell’impervio ruolo di Jitka o nell’aria di Dalibor «Slyšels to příteli, tam v nebes kůru?» (Lo senti, amico, lassù in cielo?) uno dei pezzi più estatici dell’opera slava. Non è da meno la sua seconda aria in prigione. «Ó Zdenku, jedno jen obejmutí, a žalář bude rájem mi» (Oh, Zdenek, solo un abbraccio e la prigione diventerà il Paradiso).

Con Dalibor Smetana riesce a trasformare una storia d’amore ambientata in epoca medievale in un inno all’orgoglio nazionale e alla libertà e grazie a una musica di altissimo livello ricca di raffinatezze liriche riesce a mantenere fino alla fine una grande tensione emotiva. Questo lavoro non trova confronti in nessun’altra opera ceca coeva, ponendosi all’avanguardia e contribuendo così a formare uno stile fortemente innovativo.

Unico documento video dell’opera è questa registrazione della televisione ceca dell’allestimento del 1985 del Teatro Nazionale di Praga con le scene ferrigne di Josef Svoboda, il Dalibor di Leo Marian Vodička, la Milada di Eva Děpoltová, il Vladislav di Václav Zítek, il carceriere di Karel Průša e la Jitka di Dana Šounová-Brouková.