Idalma

Bernardo Pasquini, Idalma ovvero Chi la dura la vince

★★★★☆

Innsbruck, Haus der Musik, 12 agosto 2021

Idalma, opera ponte fra due secoli

L’ha tenuta trent’anni nel cassetto dopo averla scoperta alla Bibliothèque Nationale de France, ma ora finalmente Alessandro de Marchi la può mettere in scena al Festival di Musica Antica di Innsbruck arrivato alla sua 45esima edizione.

L’Idalma di Bernardo Pasquini (1637-1710) è la settima della ventina di opere di un compositore che viene ricordato soprattutto per le sue Cantate ed Oratorii. Il lavoro vide la luce al romano teatro Capranica il 6 febbraio 1680 come commedia per musica in tre atti su testo di Giuseppe Domenico de Totis, l’arcade Filedo Nobacrio, librettista anche per Alessandro Scarlatti.

Sulla tradizione di una commedia di cappa e spada del Siglo de Oro spagnolo, la vicenda di Idalma ha come personaggio Lindoro, un Don Giovanni che si stufa presto dell’amata e la abbandona per altre avventure. Come Donna Elvira, anche Idalma continua ad amare l’infedele. Qui però a differenza dell’L’empio punito che era andato in scena pochi anni prima, trionfa il lieto fine e nessun dissoluto viene inghiottito dalle fiamme dell’inferno. La vicenda di tradimenti, gelosie, malintesi non è poi così complicata come nei vecchi libretti, ma le relazioni tra i cinque personaggi principali non si può nemmeno dire siano molto semplici.

Atto primo. Lindoro ha lasciato la sua amata Irene a Roma e si è recato a Napoli, dove si è innamorato di ldalma e l’ha sposata in segreto. La porta a Roma, ma lì si stanca di lei e la lascia per tornare da Irene. Il fratello di Irene, Almiro, trova Idalma che dorme nella foresta e si innamora di lei che però vuole rimanere fedele a Lindoro. Questi è disperato quando viene a sapere che Irene ha nel frattempo sposato il suo amico Celindo. Irene viene a sapere da ldalma che Lindoro l’ha abbandonata; è indignata e decide di farriconciliare i due. Il paggio Dorillo fraintende la sua indignazione e suppone che Irene stessa si sia sentita tradita da Lindoro; Irene gli ordina di portarle l’infedele.
Atto secondo. Celindo ha ricevuto una lettera da suo fratello che gli chiede di venire a Napoli perché il suo onore è stato violato. Dorillo gli consiglia di restare, perché Irene sarebbe l’amata di Lindoro. A colloquio con Lindoro, Irene finge di credere ai suoi giuramenti d’amore e gli chiede di mantenere la sua “promessa” (che ha fatto a ldalma!). Idalma li spia, pensa che Irene non sia sincera e diventa gelosa. Quando spiega a Celindo che Irene è la sua rivale, lui promette di costringere Lindoro a rimanerle fedele, mentre lei gli dà istruzioni su cosa dirgli a nome suo. Irene è convinta che Lindoro avrebbe confessato il suo amore a Celindo. Ora le due donne si scagliano l’una contro l’altra. Almiro corteggia di nuovo ldalma e viene respinto un’altra volta. Irene manda Dorillo a far venire Lindoro. Idalma e Irene hanno fatto pace tra loro. Irene fa appello alla coscienza di Lindoro, Idalma origlia da un nascondiglio. Lindoro fugge quando vede Celindo avvicinarsi con un pugnale; vuole uccidere Irene, ma anche lei riesce a fuggire. Idalma cerca di far rinsavire Celindo, Almiro viene in suo aiuto.
Atto terzo. Lindoro ammette la sua incostanza. Il suo servo Pantano chiede a Dorillo di permettergli di parlare con Irene, il paggio la pagina si rivela corruttibile. Nel frattempo, non solo Celindo, ma anche Almiro è convinto dell’infedeltà di Irene, i due vogliono uccidere lei e Lindoro. Pantano dice a Irene che Lindoro vuole fuggire con lei e la sta aspettando davanti alla città. Almiro prende i due di sorpresa, Pantano fugge. Idalma desidera la morte. Almiro vuole uccidere Irene, ma viene distratto da ldalma, che è caduta svenuta; sua sorella fugge. Almiro e Celindo hanno catturato Pantano e minacciano di costringerlo a tradire il piano di fuga di Lindoro e il punto d’incontro dove aspetta Irene. Dorillo spinge Irene a fuggire; lei preferirebbe morire, ma alla fine si lascia convincere a farlo. Lindoro viene colto alla sprovvista da Celindo e Almiro nella foresta; vogliono ucciderlo, ma Idalma li ostacola. Lindoro si pente di averla trattata così crudelmente. Idalma insiste che Irene ha parlato a Lindoro solo nel suo interesse. Poiché Celindo non vuole crederle, lei menziona il nome di suo padre: è Rosmondo di Valenza, il fratello di Celindo. Suo zio pensa che lei abbia macchiato l’onore della famiglia, ma Lindoro confessa che Idalma è sua moglie. Celindo è ormai convinto dell’innocenza di sua moglie. Quando lei si presenta con Dorillo, lui si riconcilia con lei e anche con Lindoro. Morale della storia: “chi la dura la vince”.

Idalma è una specie di anello di congiunzione tra l’opera barocca secentesca e quella che si svilupperà nel secolo successivo. Il recitar cantando si trasforma quasi senza soluzione di continuità in ariosi e concertati,  tanto che si può parlare di una struttura durchkomponiert. Ancora non è stabilita la netta alternanza recitativo-aria con da capo, ma soprattutto per la parte di Idalma si hanno momenti di colorature che costituiranno l’elemento essenziale delle arie settecentesche.

Alessandro de Marchi ricrea l’opera partendo da una stringata partitura che, com’era costume nell’epoca, non prevede la strumentazione, che è a carico dell’esecutore. Quello che ascoltiamo è quindi in gran parte frutto del lavoro di de Marchi, che ha curato l’edizione critica assieme a Giovanna Barbati. La sopraffina strumentazione tiene conto dei diversi personaggi ed ecco quindi che ad accompagnare la protagonista del titolo sono soprattutto le tiorbe e i mandolini, per i servi le chitarre barocche, mentre le percussioni esaltano i ritmi e i colori delle danze e dei motivi popolari che infarciscono la musica – c’è anche una bellissima canzone napoletana intonata da Pantano. La Innsbrucker Festwochenorchester è formata esecutori che si dimostrano eccellenti solisti coi loro strumenti.

Il soprano Arianna Vendittelli (Idalma) si conferma splendida cantante, dal fraseggio e dal legato magistrali e sempre perfettamente a suo agio nelle agilità richieste dalla parte. Margherita Maria Sala si distingue per il bel colore caldo del suo timbro di contralto, il cospicuo volume sonoro e la perfetta immedesimazione nella parte di Irene. Il tenore Rupert Charlesworth (Lindoro) e il baritono Morgan Pearse (Almiro) si dimostrano stilisti di valore e di vivace presenza scenica. La vivacità non manca a Rocco Cavalluzzi (Pantano) il cui registro basso suona però un po’ arido. Così come il registro acuto di Juan Sancho (Celindo), che il tenore spagnolo risolve con una voce di testa inespressiva. Anita Rosati, un efficace Dorillo en travesti, completa il cast di questa interessante produzione.

Gustosa la regia di Alessandra Premoli che immagina i personaggi come fantasmi che si risvegliano scendendo dai loro ritratti per fare i dispetti agli operai e all’architetto incaricati di restaurare il palazzo suggerito dai pannelli scorrevoli della scenografa Nathalie Deana. L’idea è un po’ quella scelta da Davide Livermore per il Demetrio e Polibio presentato al ROF nel 2010, qui realizzata con mezzi più modesti sul palco della Haus der Musik, generalmente dedicato alla musica concertistica e che non ha le attrezzature tecnologiche di un vero palcoscenico teatrale. Con i costumi d’epoca di Anna Missaglia e le luci di Antonio Jesús Castro Alcaraz è stato comunque realizzato un piacevole spettacolo che ci ha permesso di apprezzare per la prima volta un’altra gemma nascosta del nostro passato musicale. Passato che in Italia troppo spesso trascuriamo per riproporre ad nausam i soliti titoli del repertorio ottocentesco.