La fida ninfa

photo © Birgit Gufler

Antonio Vivaldi, La fida ninfa

Innsbruck, Haus der Musik, 17 agosto 2023

★★★☆☆

bandiera francese.jpg  ici la version française sur premiereloge-opera.com

La “favola pastorale” del Vivaldi più maturo

Con la prima de La fida ninfa, il 6 gennaio 1732 veniva inaugurato uno dei più costosi edifici teatrali del XVIII secolo, il Teatro Filarmonico di Verona. La commissione dell’opera era andata ad Antonio Vivaldi, ma solo perché Giuseppe Maria Orlandini, che originariamente avrebbe dovuto mettere in musica il libretto, non fu più disponibile quando finalmente venne il momento di produrre l’opera. Scritta probabilmente in meno di due mesi, l’opera andò in scena con grande successo: furono lodate le scenografie del Bibbiena, i balletti di Andrea Catani, il testo di Scipione Maffei (figura di spicco nella cultura italiana del Settecento e finanziatore della costruzione del nuovo teatro), l’orchestra, «che riuniva eccellenti virtuosi provenienti da diverse parti» e, finalmente, anche le musiche «del signor Vivaldi». Meno plausi ebbero i cantanti, nomi insigni (Giovanna Gasperini, Gerolama Madonis, Francesco Venturini, Giuseppe Valentini) ma svantaggiati dalle poche prove. L’opera sarà poi rappresentata nel 1737 per celebrare la nascita della prima figlia dell’imperatrice Maria Teresa al Theater am Kärntnertor di Vienna, la città in cui Vivaldi avrebbe trascorso il suo ultimo anno di vita.

Con il numero di catalogo RV714, La fida ninfa è la 32esima opera vivaldiana secondo Reinhard Strohm, il massimo studioso del teatro musicale del Prete Rosso. Frutto della sua piena maturità, i tre atti presentano una serie di magnifiche arie con cui Vivaldi trasfigura codici e luoghi comuni dell’opera seria di cui il libretto del Maffei è ricco. Il testo mescola ninfe (intese però come giovani donne associate a pastori e contadini) e pirati in un complesso plot dove rapimenti, scambi di identità, agnizioni, intricate relazioni amorose, finte morti, suicidi annunciati, tempeste di mare e interventi divini sono spiegati solo alla fine dell’opera, come in un thriller di Agatha Christie, tanto da far dire a Narete: «Il tutto è chiaro» mentre Morasto conclude con: «O sommi dèi! | per quali occulte vie | conducete i mortali!». Tutto questo è rivestito di suoni di straordinario livello: i venti numeri musicali comprendono una serie di ensemble (un duetto, un trio, un quartetto e alcuni brevi cori) e pagine solistiche da antologia, tra le più impegnative di Vivaldi e in competizione tra loro per il virtuosismo vocale.

Atto I. Oralto, comandante pirata e signore di Nasso, rapisce un pastore, Narete, e le sue due figlie, Licori e Elpina. Licori era sposa di Osmino, che era stato anche lui rapito da soldati traci. Osmino, ora chiamato Morasto, diventa tenente di Oralto, ma nessuno lo riconosce. Il giovane è angosciato quando scopre che altri suoi compatrioti sono stati ridotti in schiavitù. Il fratello di Osmino, Tirsi, vive anch’egli nell’isola. I suoi genitori gli avevano dato poi il nome di Osmino in memoria del fratello creduto morto. Si innamora quindi di Licori. Ma per attirarne l’attenzione e renderla gelosa, seduce sua sorella. Licori piace anche ad Oralto che chiede aiuto a Osmino/Morasto per aiutarlo a ottenere la ragazza. Nel frattempo, il vecchio Narete trova scolpito su un albero i nomi di Osmino e Licori.
Atto II. Licori crede di aver riconosciuto in Osmino la persona a cui era destinata. Narete, tuttavia, tenta di negoziare con Oralto la redenzione di tutta la famiglia con un pagamento enorme al fine di ritornare in patria. Ma Oralto, irritato dal disprezzo di Licori, vuole venderli come schiavi del sultano. Morasto comincia la corte a Licori. Scopre tutta la verità, ma teme di rivelare il segreto. Osmino dichiara apertamente i suoi sentimenti per Licori. Elpina, profondamente ferita, accusa Osmino di abusare della sua fedeltà. Narete, che indovina le intenzioni di Oralto, chiede l’aiuto di Morasto, il quale accetta di aiutarli.
Atto III. Oralto minaccia Licori di vendere il suo schiavo e la sua famiglia se non acconsente a sposarla. Licori pensa al suicidio e fugge. Nella sua corsa, inciampa e cade in un fiume. Narete trova un velo e lo mostra ad Oralto come prova dell’annegamento della figlia. Il tiranno si assenta e dà il comando dell’isola a Morasto. Questo gli permette di rivelare la sua vera identità: è lui il vero Osmino. Licori, non affogata e fedele ai suoi voti, rinnova le sue promesse d’amore al primo fidanzato. Sono quindi volte le vele a Sciro, quando una terribile tempesta li sorprende in mare. Per fortuna. Giunone, piena di compassione per le miserie e l’amore indistruttibile di due giovani provati dalla sorte per lungo tempo, chiede a Eolo, il dio del vento, di calmare le onde.

Per la 47esima edizione del Festival di Musica Antica, l’ultima affidata al direttore artistico Alessandro De Marchi, il compositore delle due opere in programma è dunque Antonio Vivaldi, di cui vengono messe in scena L’Olimpiade e La fida ninfa. Oltre a vari altri suoi pezzi concertistici, è presentato anche l’oratorio Juditha Triumphans. Gli sforzi produttivi hanno privilegiato soprattutto L’Olimpiade piuttosto che La fida ninfa dell’Opera Young: nella prima sono sfilati cantanti di grido e ha avuto un’apprezzata messa in scena, nella seconda si sono esibiti cantanti promettenti ma un po’ acerbi e lo spettacolo è risultato visivamente bruttoccio. Il regista François de Carpentries non ha fatto alcuno sforzo per rendere più attuale la vicenda e si è limitato a una lettura lineare con una scenografia, di Karine van Hercke, autrice anche dei costumi, eccessivamente cheap per un festival prestigioso come questo di Innsbruck: una pecora di resina a sinistra e una bandiera dei pirati a destra definiscono i due mondi, tronchi o sassi disegnati sul cartone e una sedia in stile Luigi XVI sono i soli elementi della scena unica. Altri tronchi bidimensionali, catene o mostri dipinti scendono dall’alto per definire i diversi ambienti previsti: paesaggio boscoso con vista del palazzo di Oralto nel primo atto; porto di mare nel secondo; rifugio fiorito, aspro paesaggio montano con imbocco di grande caverna, palazzo di Eolo nel terzo. L’affannoso andirivieni dei personaggi non rispecchia una convincente idea registica e i fantasiosi costumi ricchi di piume dei pastori appagano coi loro colori la vista ma non aiutano a definire i personaggi, ad eccezione di Oralto, un Jack Sparrow de I pirati dei Caraibi. La “favola pastorale” prende contorni fiabeschi non solo nei costumi ma anche nella presenza di un bianco unicorno alato e nell’altrettanto incomprensibile passaggio di un personaggio femminile in verde che ricompare come Giunone nel finale.

La preziosa partitura trova una realizzazione accurata nella direzione di Chiara Cattani, una bionda “direttora” che non ha parentele politiche o incarichi istituzionali ma sa concertare con sapienza e riesce a tirar fuori il meglio dall’ensemble strumentale Barockorchester:Jung [sic], giovanile anche nel nome. Precisione negli attacchi, tempi e dinamiche corretti, magari senza particolari guizzi, ma ottimo equilibrio con i cantanti e i momenti solistici degli strumentisti.

La sfida maggiore di questa produzione è stata il voler affidare a giovani e volenterosi interpreti, alcuni provenienti dal Concorso Cesti, un lavoro così impegnativo. Licori è, assieme a Morasto, il personaggio con più numeri solistici, due arie consecutive nel primo atto, una nel secondo e una nel terzo, non particolarmente virtuosistiche ma intense: Chelsea Zurflüh, che ha vinto il secondo premio al Concorso Cesti dell’anno scorso, le risolve con giusto stile e sensibilità. La voce è potente anche se con un che di acerbo, ma la personalità è già presente e il temperamento anche. Molto applaudita è stata la sua aria più famosa «Alma oppressa da sorte crudele» in cui Vivaldi tocca insondabili profondità ben espresse dal soprano svizzero. L’altro personaggio con più arie solistiche è Morasto, in realtà Osmino, pastore di Sciro e ora tenente del pirata, cui dà voce il controtenore ceco Vojtěch Pelka dalle precise agilità e dalla giusta presenza scenica. Le sue sono le arie più virtuosistiche. Un altro controtenore dà voce a Osmino, in realtà Tirsi, anche lui pastore a Sciro, personaggio con una sola aria solistica al secondo atto, ma che è presente in due duetti, con Elpina nel primo atto e con Narete nel terzo, e nel quartetto del secondo: Nicolò Balducci, anch elui proveniente dal Concorso Cesti dell’anno scorso, è cantante dal bel timbro, grande musicalità e ottimo fraseggio ed è forse l’interprete più convincente, anche per la chiara articolazione delle parole. Cosa che di certo non è la qualità maggiore del giovane basso ucraino Yevhen Rakhmanin dallo strumento vocale generoso, dai bassi sonori, ma dalla linea musicale un po’ disordinata e dalla dizione totalmente incomprensibile: per capire quello che dice bisogna leggere i sottotitoli in tedesco – unica lingua presente anche nei programmi, tra l’altro. Nella parte di Narete si aspettava la presenza del vincitore del Concorso Cesti del 2022, Laurence Kilsby, che aveva incantato il pubblico e la giuria con la magistrale resa della commovente aria «Deh, ti piega, deh consenti», aria ripetuta alla fine del concerto finale dello scorso anno e che aveva portato il tenore inglese al meritato primo premio. Qui abbiamo un altro tenore britannico, Kieran White: il suo personaggio ha solo due arie solistiche, entrambe al secondo atto, oltre al duetto con Osmino nel terzo. Interprete elegante e sensibile, è stata apprezzata la sua performance nella suddetta aria che qui ha concluso la prima delle due parti in cui è stata suddivisa l’opera, ma si sarebbe gradita una maggior purezza nella linea vocale e suoni più limpidi. Completa il cast vocale il mezzosoprano Eline Welle, voce dal piacevole colore e buona musicalità esibita nelle due arie solistiche e nei due ensemble in cui si esprime il suo personaggio di Elpina, l’altra ninfa di Sciro.

P.S. Mi ha scritto la moglie (o la madre, il cognome è lo stesso) del regista dicendomi che non ho capito le intenzioni del suo (capo)lavoro. Non mi era mai capitato di essere attaccato direttamente dal regista o dai membri della sua famiglia!