photo © Mona Wibmer
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Tommaso Traetta, Rex Salomon
Innsbruck, Haus der Musik, 18 agosto 2023
Oratorio in due parti per soli, coro e orchestra
direttore Christophe Rousset, Suzanne Jérosme soprano, Marie-Ève Murger soprano, Magdalena Płuta contralto, Grace Durham mezzosoprano, Eleonora Bellocci soprano, coro NovoCanto, Theresia Orchestra
Tutto al femminile l’oratorio di Traetta per le ragazze dell’Ospedaletto venziano
La sinfonia parte con la baldanza di un’ouverture da opera giocosa: il tempo è vivace (allegro), gli ostinati degli archi rispondono ai richiami dei corni, si sentono contrastanti livelli sonori. Il secondo movimento (andante) ha un tono pastorale con il tema ondulante affidato ai violini. Il terzo movimento è ancora un allegro che alterna ai passi di un ballo campestre le fanfare dei corni. Così inizia l’oratorio Rex Salomon arcam fæderis adoraturus in templo (Re Salomone venera l’arca dell’alleanza custodita nel tempio) di Tommaso Traetta. E in effetti di una sinfonia d’opera si tratta, quella già utilizzata per l’Antigono (1764) e che verrà riciclata per L’isola disabitata (1768).
Eseguito per la prima volta il 15 agosto 1766, il giorno dell’assunzione di Maria al cielo nel calendario cristiano, Rex Salomon sanciva il debutto di Traetta come maestro del coro presso l’Ospedale dei Ss. Giovanni e Paolo, l'”Ospedaletto”, una delle quattro istituzioni residenziali ed educative veneziane per ragazze, la maggior parte delle quali provenienti da ambienti poveri o extrafamigliari. Qui ricevevano un’adeguata educazione musicale e alcune diventavano artiste acclamate. Il compito principale del compositore, che all’epoca aveva già alle spalle un’illustre carriera internazionale, era quello di ridare vita a un’istituzione in crisi e alle prese con problemi organizzativi ed economici. Ci riuscì: Rex Salomon divenne un successo e fu replicato più volte negli undici anni successivi.
Il libretto di Domenico Benedetti attinge alle Sacre Scritture con i libri dell’Esodo, dei Re e dei Salmi, include riferimenti mitologici, la figura di Cerbero, o storici, la “Pax Augustea”, ed è ricco di dotte citazioni inserite in un testo fluido e vivace. È centrato sulla figura del re Salomone e della Regina di Saba, questa conquistata dalla sapienza di lui. Come per tanti pezzi “sacri” di questo periodo – e fino allo Stabat Mater di Rossini – anche lo stile compositivo dell’oratorio di Traetta è improntato a un edonistico piacere musicale che attinge ampiamente e senza provarne vergogna dal repertorio profano, quello operistico.
Il genere totalmente femminile delle esecutrici originale viene rispettato anche in questa esecuzione al Festival di Musica Antica di Innsbruck: il coro NovoCanto è tutto al femminile e anche nella Theresia Orchestra prevalgono le fanciulle, gli unici tre maschietti essendo un violinista, un cornista e il clavicembalista. Dirige un esperto di questo repertorio, Christophe Rousset, che della bellissima partitura esalta i colori e le preziosità degli strumenti, dove gli archi sono predominanti poiché oltre al clavicembalo e all’organo sono presenti solo due corni naturali. Le suadenti melodie richiamano nella loro cantabile piacevolezza la scuola napoletana: Pergolesi sembra fare talora capolino con i suoi motivi e le acrobazie vocali richiamano Porpora o Vinci. Utilizzando la versione del 1776 in cui la voce di Abiathar invece che a un contralto venne affidata a un soprano, Rousset dosa con maestria questo tesoro musicale, con tempi adeguati e un attento accompagnamento delle voci.
Cinque sono le cantanti che danno voce ai personaggi, ognuna con due arie solistiche. Il soprano Suzanne Jérosme, una delle finaliste del Concorso Cesti 2016, offre il suo elegante strumento vocale alla figura del re Salomone prima nell’aria «Cor meum sit humile», un incantevole cantabile grazioso, e poi «In pace respirando», un’aria che segue a uno dei tre formidabili recitativi accompagnati previsti dal lavoro. In questa pagina agilità rapidissime vengono snocciolate con grande sicurezza dal soprano francese che abbiamo recentemente ammirato come Giuditta nel Carlo il Calvo alla Scala e la sua virtuosistica performance è tale da suscitare l’unico applauso “a scena aperta” della serata.
Come Regina di Saba si ascolta Marie-Éve Munger, soprano coloratura canadese che però non dà qui il meglio di sé in quanto evidentemente indisposta anche se riesce comunque a superare le difficoltà dei salti di registro nella sua aria «Tuba sonora in monte». Non sembra a suo agio neppure il contralto polacco Magdalena Płuta (Adon) nella sua agitata pagina «Audi tu, terra, et mare» incalzata com’è dai corni e poi nell’andante espressivo di «Peccator sum, et reus».
Nessuna riserva invece per il Sadoc di Grace Durham, mezzosoprano tecnicamente ineccepibile nei vocalizzi sulla lettera a e nel da capo con complesse variazioni di «In alto somno | iacet pupilla». La grande proiezione della voce ricca di armonici esalta le deliziose volute della melodia nella sua «Nocte labente, | fulgida aurora». Ancora più trascinante si rivela l’Abiathar di Eleonora Ballocci, voce ferma e penetrante impegnata nelle acrobazie di «Nihil est nebula aquosa», aria che segue un altro degli impressionanti recitativi «con stromenti obbligati» dell’oratorio in cui l’orchestra si inventa mille suoni e colori per raccontare in linguaggio musicale quanto viene detto nel testo.
C’è poi il coro tutto femminile che si ascolta all’inizio di ognuna delle due parti e al termine in pagine eleganti – il primo è “spiritoso”, il secondo un allegro moderato e l’ultimo un allegro – ma non di grande struttura vocale. La compagine del NovoCanto non ha così modo di dimostrare le sue eventuali doti. Sarà per un’altra volta. Il folto pubblico ha salutato con grande calore facendo uscire a più riprese il direttore e le cantanti alla fine dell’apprezzatissima esecuzione.
⸪
