The Greek Passion

Bohuslav Martinů, The Greek Passion

Salisburgo, Felsenreitschule, 18 agosto 2023

★★★★☆

(video streaming)

Passione e morte del nuovo Cristo, il pastore Manolios

Un tema di drammatica attualità eppure sempre presente nella storia dell’umanità è quello dei profughi che scappano dalla loro terra. In The Greek Passion, opera del 1958, l’esule Martinů tratta dei greci che fuggono ai turchi che hanno incendiato le loro città e cercano rifugio a Lykovrissi durante una delle guerre fra Grecia e Turchia. Qui il pope Grigoris dopo la messa assegna i ruoli per la sacra rappresentazione della Pasqua imminente: il caffettiere Kostandis sarà l’apostolo Giacomo; il commerciante Yannakos Pietro; Michelis Giovanni; la vedova Katarina Maria Maddalena; il suo amante Panais sarà Giuda mentre al pecoraio Manolios tocca il ruolo di Cristo. Quest’ultimo  entra sempre di più nel ruolo assegnatogli manifestando pietà verso i rifugiati, ma anche rifiutando di sposarsi con la fidanzata Lenio e respingendo le lusinghe della “Maddalena” Katarina. Il pope Grigoris è invece il più insensibile e risoluto a respingere gli estranei e alla fine sarà inevitabile il martirio del nuovo Cristo, che viene ucciso da Panais/Giuda durante un attacco guidato dai vecchi del villaggio contro i rifugiati, ai quali non resta che proseguire il proprio esodo alla ricerca di una terra più ospitale.

La versione scelta da Maxime Pascal alla guida dei Wiener Phiharmoniker è quella di Zurigo del 1961 eseguita senza intervallo. Il giovane direttore, specialista del repertorio contemporaneo, concerta con mano sicura una partitura eclettica ma coerente che assegna mondi sonori diversi alle due “fazioni”, lascia molto spazio al parlato, accompagna con uno stile rigoroso il declamato del prete Fotis che guida i rifugiati, ma sa sottolineare con efficacia i momenti struggenti come quelli del finale primo. Nel cast vocale di distingue il sofferto Manolios di Sebastian Kohlhepp, la Katarina presa dalle passioni terrene di Sara Jakubiak, il Fotis forse un po’ troppo stentoreo di Łukasz Goliński. La voce limpida e chiara di Charles Workman dà voce all’ingenuo Yannakos mentre Gábor Bretz connota efficacemente il detestabile pope Grigoris. Christina Gansch è una gioiosa Lenio, Scott Wilde il vecchio profugo che dona la vita per dare nuove radici al suo popolo, Julian Hubbard il Giuda/Panais.

Questo dramma  viene messo in scena con mezzi depurati ed efficacissimi da Simon Stone. Lo sconfinato palcoscenico della Felsenreitschule è lasciato vuoto dalla scenografa Lizzie Clachan, chiusi i primi due ordini di archi tagliati nella roccia – l’ultimo è la montagna su cui si rifugiano i disperati – una superficie senza colore forma il fondale con alcune aperture e botole nel pavimento da cui emergono cose o ne spariscono altre.  I costumi di Mel Page distinguono nettamente i personaggi: gli abitanti del paese sono in grigio come lo sfondo e in contrasto con la  variopinta umanità dei rifugiati –  nel corso della rappresentazione gli abitanti che passano dall’altra parte ne assumono i colori – e dei pochi oggetti che trasportano, che verrano gettati nelle botole per far sparire quello che non si vuole vedere e che disturba l’ordine costituito. Mentre il sangue di Manolios si spande in una vasta pozza attorno al suo corpo,  la voce di Katerina si sostituisce a quella del sacerdote alzandosi in preghiera. Il pastore greco è diventato la vittima innocente, il Cristo ri-crocifisso e lei la Maddalena peccatrice capace di provare quell’empatia che gli altri non sentono perché chiusi nel loro egoismo. Il “Kyrie eleison” degli abitanti del villaggio passa ai rifugiati connotando l’opera in una dimensione spirituale, quasi un rito suggellato dalla parola finale “Amen”.

Anche il pubblico ricco e mondano del festival è stato colpito dalla sincerità della proposta che denuncia l’ipocrisia della chiesa, qui ortodossa, e dei benestanti. Se qualcuno si è ritrovato nei personaggi bigotti dell’opera un risultato può essere considerato raggiunto. A prescindere dalla rivelazione di un titolo che meriterebbe maggiore diffusione.