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Wolfgang Amadeus Mozart, Sinfonia n° 41 in Do maggiore K 551 “Jupiter”
I. Allegro vivace
II. Andante cantabile
III. Minuetto. Allegretto. Trio
IV. Molto allegro
Modest Musorgskij, Quadri di un’esposizione
Promenade – 1. Gnomus – Promenade – 2. Il vecchio castello – Promenade – 3. Tuileries – 4. Bydlo – Promenade – 5. Balletto dei pulcini nei loro gusci – 6. Samuel Goldenberg e Schmuÿle – Promenade – 7. Limoges. Il mercato – 8. Catacombe. Sepulchrum Romanum – 9. La capanna sulle zampe di gallina (Baba Yaga) – 10. La grande porta di Kiev
Andrés Orozco-Estrada, direttore
Torino, Auditorium RAI Arturo Toscanini, 14 ottobre 2023
Settecento, Ottocento e Novecento col Direttore principale della OSN
Di Orozco-Estrada avevamo ascoltato il suo Dvořák tre settimane fa all’Auditorium Giovanni Agnelli del Lingotto con l’Orchestra Filarmonica della Scala. Nel maggio 2022 aveva già debuttato con l’Orchestra Sinfonica Nazionale RAI, ma ora ritorna come suo Direttore principale in un concerto straordinario che precede l’inaugurazione ufficiale della stagione il 26 ottobre.
Il programma scelto si poggia su due capolavori diversissimi tra i quali è difficile trovare un nesso se non nella sontuosità dello strumento orchestrale. Nella prima parte si ascolta la “Jupiter” di Mozart, l’ultima delle sue sinfonie. Nella tonalità di Do maggiore, quella più frequente dopo il Re maggiore su cui si basa la maggior parte dei lavori di questo genere del compositore salisburghese, la sinfonia porta il n° 41 secondo la numerazione “ufficiale” basata sull’ordine cronologico stabilito da Ludwig von Köchel nel suo catalogo uscito nel 1862. Successive revisioni non hanno tenuto conto dei nuovi ritrovamenti o dell’attribuzione di alcuni lavori ad altri autori per cui a tutt’oggi la cifra più accredita è quella di 65 sinfonie. Fu soprannominata “Jupiter” dall’impresario Johann Peter Salomon per la sua trionfalità e imperiosità, caratteristiche ben presenti nell’esecuzione ascoltata all’Auditorium RAI Arturo Toscanini. La durata di 31 minuti dell’esecuzione di Andrés Orozco-Estrada, tra le più lunghe se confrontata con i 27 minuti di Karl Böhm o con i 28 di Herbert von Karajan (per non parlare dei 25 di Arturo Toscanini che risolveva con 5 minuti e mezzo il movimento finale a cui Barenboim dedicava 11 minuti e mezzo!), dimostra l’ampiezza di concezione del Maestro colombiano che del lavoro del 1788 offre una lettura sontuosa, inusitata nei colori e nei suoni di una pagina che supera ogni altra pagina analoga precedente o anche successiva se la confrontiamo con quelle di Haydn o anche con la Prima di Beethoven. Quella di Mozart è una somma e fusione delle esperienze strumentali barocche in un quadro dilatato fino al limite: la pienezza vitale e la maestosità del primo movimento trovano piena realizzazione nel gesto di Orozco-Estrada che governa con fermezza i vari temi, uno dei quali ripreso da un’arietta per basso scritta da Mozart per un’opera buffa, e la complessità dello sviluppo. Dopo un Andante cantabile in cui si gode della effusione degli archi e un terzo movimento giocoso, il finale è l’altro possente pilastro su cui si basa la grandiosa struttura della sinfonia. Qui confluiscono omofonia e polifonia, contrappunto barocco e classicismo, sinfonia e melodramma in una monumentale pagina dominata con precisione e senso musicale dal direttore.
Nella seconda parte del concerto si affronta uno dei più intriganti lavori dell’Ottocento nell’orchestrazione di uno dei maggiori musicisti del Novecento. Si parla di Quadri di un’esposizione, scritti da Modest Musorgskij come ciclo di pezzi per pianoforte e composti di getto nel 1874 sul ricordo della visita che il compositore aveva fatto alla mostra di quadri dell’amico Viktor Aleksandrovič Hartmann scomparso l’anno precedente (infatti il titolo originale del lavoro è Kartinki s vystavki – Vospominanie o Viktore Gartmane, Quadri di un’esposizione – Ricordo di Viktor Hartmann). Saranno pubblicati solo nel 1886, cinque anni dopo la morte di Musorgskij, con la revisione di Nikolaij Rimskij-Korsakov che, come farà poi col suo Boris Godunov, ne corregge alcuni presunti errori e smussa le asprezze dell’armonia. Ma bisogna arrivare al 1922 con la trascrizione orchestrale di Maurice Ravel perché il lavoro di Musorgskij assurga alla popolarità di cui ancora gode oggi. Le scabre e sintetiche sonorità dei pezzi pianistici originali con Ravel subiscono una eccezionale dilatazione fonica e timbrica, una festa strumentale per ogni grande orchestra che si cimenti con questo lavoro. Non ha fatto eccezione la nostra OSN che sotto la trascinante bacchetta del suo Direttore principale ne ha fornito una rutilante versione che ha entusiasmato il foltissimo pubblico – che piacere vedere di nuovo la galleria occupata – accorso per questo speciale concerto fuori abbonamento.
Molte altre saranno le occasioni di ammirare Andrés Orozco-Estrada: a gennaio un’altra sinfonia di Mozart (la “Praga”) e Richard Strauss; a marzo Pergolesi e Beethoven (la “Pastorale”) e poi ancora a maggio, a giugno…
⸪
