La rondine

 

foto © Andrea Macchia – Teatro Regio Torino

Giacomo Puccini, La rondine

Torino, Teatro Regio, 22 novembre 2023

★★★★☆

La rondine, una riscoperta

La “maledizione” di essere definita un’operetta ha perseguitato La rondine per molto tempo, tanto da farla diventare la meno popolare delle sue opere. È vero che era stato Franz Lehár a presentare Puccini agli impresari del Karl Theater di Vienna per scrivere un’operetta e l’ingaggio era cospicuo, ma il compositore non riusciva ad adattarsi alla forma con i recitativi parlati: in Puccini il flusso sonoro che al momento opportuno diventa una romanza è l’essenza stessa del suo teatro musicale. Con l’approvazione del teatro La rondine poteva diventare un’opera lirica e Giuseppe Adami, il futuro librettista del Tabarro e della Turandot, venne cooptato per scrivere il testo. Ma era il 1914, e la Storia avrebbe reso tutto più difficile, soprattutto per il compositore di un paese che era entrato in guerra contro l’Austria. Tra dubbi e tentennamenti la composizione comunque andava avanti e nella primavera del 1916 l’opera era terminata. Ma dove presentarla in un mondo sconvolto dalla Grande Guerra? La soluzione fu trovata dall’editore Sonzogno, che programmò il debutto nel Principato di Monaco, unica oasi di pace in quel marzo 1917.

In questa “commedia lirica” Puccini si diverte a introdurre motivi musicali come il valzer per alludere all’epoca in cui si svolge la vicenda, il Secondo Impero in Francia, ma essendo compositore attento ai suoi tempi ci sono momenti in cui si avvicina alla pratica jazzista o ai ritmi di fox-trot, per non parlare dell’ironica citazione del corno inglese della Salome di Richard Strauss, quando Prunier elenca le donne ideali degne di lui: «Galatea, Berenice, Francesca, Salomè!…». Quello del rapporto tra Puccini e Strauss è un capitolo molto interessante. Anche se suo rivale, nel maggio 1906 Puccini era andato a sentire la sua Salome a Graz, sedendo in sala assieme a Mahler, Zemlinsky, Schönberg e Berg, praticamente il gotha dei compositori di allora. Ma la musica de La rondine sarà tutt’altra cosa. Come ricorda Guido Marotti nel suo Giacomo Puccini intimo, una sera del 1924 dopo aver suonato al pianoforte il preludio del Tristano, aveva gettato via il volume dicendo: «Basta di questa musica! Noi siamo dei mandolinisti, dei dilettanti: guai a noi se ci lasciamo prendere! Questa musica tremenda ci annienta e non ci fa concludere più nulla!…» e la critica salutò La rondine come il ritorno all’ordine di un «buon toscano, che ha l’aria di sfamarsi a un tratto di cibi paesani […] dopo essersi guastato lo stomaco con dei cibi esotici ed artefatti».

Ora a noi poco importa di queste antiche polemiche e il pubblico accorso al Regio di Torino è uscito soddisfatto da uno spettacolo che ha convinto soprattutto per la direzione di Francesco Lanzillotta che di questa partitura ha messo in evidenza la raffinatezza di scrittura e le soluzioni armoniche à la page per i tempi. La versione scelta è quella originale, mentre al Regio nel 1994 era stata scelta la versione del 1921 con le parti mancanti del terzo atto orchestrate da Lorenzo Ferrero. La rondine è opera famosa quasi solo per un’aria, la prima dell’atto primo, «Chi il bel sogno di Doretta | poté indovinar?» enunciata prima da Prunier e poi fatta sua da Magda, uno dei pezzi per soprano più famosi del teatro pucciniano, modernamente concepito con un’introduzione al pianoforte solo e poi con interventi parlati (un’allusione all’operetta?). Lanzillotta ricrea questa musica con i suoi sublimi ritardandi, gli spunti melodici prima accennati e poi ripresi in tutto il loro trascinante fascino, l’intrecciarsi elegante dei temi. L’orchestra danza sotto le sue mani, gli strumenti fanno a gara in leggerezza e trasparenza, talora sembrano appena sussurrare. Chi aveva dei dubbi sulla qualità di questo lavoro si è dovuto ricredere dopo la resa magistrale del maestro concertatore

E poi c’è il canto di conversazione, che rende naturale il testo tutt’altro che entusiasmante di Adami, che però è perfettamente integrato nella musica. Questa produzione torinese si avvale di due cast. Nella replica del 22 novembre la parte di Magda è affidata a Ol’ga Peretjat’ko, diva che si atteggia a diva con una recitazione manierata e una vocalità in cui il timbro leggermente metallico e un’articolazione della parola che risente dell’accento slavo non riescono a rendere particolarmente empatico il personaggio. La classe e l’eleganza certo non difettano, sulla sicurezza vocale non si discute, ma circola un’aria di freddezza in scena con lei. Non del tutto convincente è il Ruggero di Mario Rojas, voce generosa ma un po’ in difficoltà in certi passaggi acuti. Meglio il Prunier di Santiago Ballerini, spigliato vocalmente e scenicamente, con una sicura linea espressiva e già ammirato nel repertorio della zarzuela. Ottima prova la fornisce Valentina Farcas, vivace Lisette. Il baritono Vladimir Stoyanov è Rambaldo, l’altro baritono Matteo Mollica veste i panni di Périchaud e Rabonnier e negli altri numerosi ruoli ritroviamo gli Artisti del Regio Ensemble: il tenore Paweł Żak (Gobin e Adolfo), il basso Rocco Lia (Crébillon e Maggiordomo), il soprano Amélie Hois (Yvette e Georgette), il soprano Irina Bogdanova (Bianca e Lolette) e il mezzosoprano Ksenia Chubunova (Suzy e Gabriella). Preciso e pimpante si dimostra il coro istruito da Ulisse Trabacchin, che sta portando a un eccellente livello la compagine del teatro.

La vicenda de La rondine può ricordare quella della Traviata, soprattutto nelle situazioni: il dopo festa del primo atto, il rifugio in campagna del terzo, e per l’amore impossibile, ma qui è donna, la mantenuta del marchese Rambaldo, a lasciare volontariamente il giovane. Dopo la sbandata, le attrazioni della vita ricca vincono su tutto e è proprio la lettera della madre di Ruggero, che le prospetta un’esistenza mediocre con pargoli e sotto lo sguardo della suocera, a far decidere Magda per la libertà. Nel secondo atto se l’atmosfera da Bullier ricorda il secondo atto della Bohème da Momus – con le sue grisettes, le fioraie, i camerieri, gli studenti – la servetta Lisette che si reca al ballo con gli abiti della padrona richiama invece l’analoga situazione del Fledermaus, un’altra operetta!

Il regista Pierre-Emmanuel Rousseau sceglie di ambientare la vicenda nel 1973, proprio l’anno dell’apertura del Nuovo Regio. In omaggio all’architetto Mollino la scenografia del secondo atto riprende esattamente lo stile e i particolari del foyer del teatro. Nel primo e terzo atto invece, il decoro in oro e nero si rifà a certi lussuosi ambienti di Yves Saint-Laurent dove non arrivano gli slogan delle manifestazioni studentesche e i personaggi vestono come per una sfilata di alta moda. Scene e costumi sono disegnati dallo stesso Rousseau che per il quadro da Bullier veste come un torero Ruggero (un’altra allusione alla Traviata?) mentre Magda, che secondo il libretto dovrebbe essere travestita da ragazza semplice tanto da non essere riconosciuta neppure dalla sua cameriera, qui sfoggia un sontuoso abito da sera. La trasgressività del Bal Bullier è risolta dal regista pensando al Palace di Parigi, con drag queen e ballerini di vogueing, che però in realtà verrano qualche decennio dopo. Incongrui sono anche i tatuaggi del tenore a torso nudo e braghe corte. Questi scarti temporali non hanno frenato comunque il pubblico dagli applausi.

Con La rondine si concludono i titoli lirici per quest’anno: il dicembre del Regio è dedicato come sempre alla danza.

2 comments

  1. Ho visto lo spettacolo di chiusura domenica 26, e mi ritrovo molto nella sua lettura; Magda e Prunier davvero grandi, Ruggero palesemente in difficoltà. Ho adorato la scenografia del secondo atto, che riproduceva gli arredamenti del foyer del Regio, davvero una scelta deliziosa. Sono rimasto colpito dalla performance dei ballerini drag, davvero bravissimi, e che hanno davvero meritato il lungo applauso finale. Ma non ho trovato da nessuna parte i loro nomi, o di quale corpo di ballo fanno parte. Lei ne sa qualcosa?

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