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Olivier Messiaen, Quatuor pour la fin du Temps
III. Abîmes des oiseaux
II. Vocalise, pour l’Ange qui annonce la fin du Temps
Dmitrij Šostakovič, Sinfonia n° 8 in do minore op. 65, “Della vittoria”
I. Adagio – Allegro non troppo – Adagio
II. Allegretto
III. Allegro non troppo
IV: Largo
V. Allegretto
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Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, Dmitrij Matvienko, direttore
Torino, Auditorium RAI Arturo Toscanini, 25 gennaio 2024
Concerto per il “Giorno della memoria”
La Settima e l’Ottava sinfonia di Dmitrij Šostakovič sono le sue due sinfonie di guerra: la prima scritta nel 1941 nel pieno del conflitto con l’assedio di Leningrado; la seconda scritta nell’estate del ’43 con le sorti della guerra capovolte, il ritiro dei Panzer di Hitler e la Russia che rialzava la testa ma dopo catastrofiche perdite umani e materiali.
Dopo la Settima, ascoltata la scorsa stagione diretta da un giovane Aziz Shokhakimov, anche l’Ottava è affidata a un giovane russo nato nel 1990. Il sinfonista Šostakovič non è Mahler, le sue sinfonie sono ben lontane da struggimenti fine secolo e mitteleuropei, sono violente, spigolose, hanno una rudezza, quasi una volgarità che la lettura di Matvienko ha messo magistralmente in luce. Senza concessioni intellettualistiche, assieme all’orchestra ha messo a nudo la nuda struttura e la forza dirompente del lavoro. Il primo movimento dura quasi quanto tutto il resto della sinfonia e qui un motivo drammatico suonato fortissimo in ottave viene sostituito dai due soggetti in forma di sonata, entrambi di carattere lirico. Seguono un breve secondo movimento allegretto come «una marcia con elementi di uno scherzo» e un terzo movimento, descritto come una toccata, spinto da un ritmo incessante e interpretato come la rappresentazione di una battaglia che alla fine esplode in un massiccio climax di autodistruzione. Il penultimo movimento è una sommessa passacaglia che conduce direttamente al finale in do maggiore che termina in modo pastorale con archi pizzicati e un flauto solo che si unisce all’ultima nota nella parte più bassa della sua gamma come la voce del soprano nel quinto movimento della Seconda di Mahler. Qui, però, non c’è resurrezione, non c’è trionfo, semplicemente sopravvivenza. La partitura è ricca di interventi dei vari strumenti che si uniscono in marcette beffarde, o da solisti, come i fischi dell’ottavino, i cantabili del corno inglese. I toni parodistici si alternano a quelli tragici, i momenti trasparenti ai pieni drammatici in un’alternanza che il giovane direttore realizza con lucida consapevolezza e il pubblico del Toscanini dimostra di apprezzare con calorosissimi applausi e innumerevoli chiamate. Un bel debutto con la nostra orchestra.
La sinfonia è stata preceduta da due movimenti del Quatuor pour la fin du Temps di Olivier Messiaen, che sarà eseguito nella sua integrità domenica 28. Ma già oggi si è potuto avere un assaggio del livello musicale e dell’intensità espressiva dei quattro solisti impegnati: Roberto Ranfaldi al violino, Enrico Maria Baroni al clarinetto, Pierpaolo Toso al violoncello e Andrea Rebaudengo al pianoforte.
Prima del concerto Marta Cortellazzo Wiel ha letto la poesia di Wisława Szymborska La fine e l’inizio: «Dopo ogni guerra | c’è chi deve ripulire […] C’è chi deve spingere le macerie | ai bordi delle strade | per far passare | i carri pieni di cadaveri. […] Non è fotogenico | e ci vogliono anni. | Tutte le telecamere sono già partite | per un’altra guerra».
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