I figli di Boris

Rubens Tedeschi, I figli di Boris

253 pagine, EDT, 1990

Boris ovviamente è il Boris Godunov in quanto vi si tratta dell'”Opera russa da Glinka a Šostakovič”, una storia complessa e ricca che si affianca a quella dell’opera francese e tedesca per quantità e qualità.

Il testo è strutturato in maniera molto semplice. Un primo capitolo riassume le vicende dell’opera in Russia a partire dal 1731 quando dopo la morte di Pietro il Grande, per il quale l’unica musica ammessa era quella dei canti liturgici e delle fanfare militari, alla corte dell’imperatrice Anna Ivanovna viene accolta una smilza compagnia d’opera – tre cantanti e alcuni attori – per presentare un repertorio di intermezzi buffi. Poco dopo Francesco Araja rivelerà ai russi l’opera seria con le sue composizioni e la moda dilagherà presto per tutto lo sterminato paese, soprattutto col repertorio italiano. La Russia di Elisabetta e di Caterina II diventa la mecca per i compositori più celebrati: Galuppi, Traetta, Paisiello, Salieri, Cimarosa… e l’opera italiana diviene il divertimento favorito dell’aristocrazia russa che, anche senza conoscere la lingua, riesce ad apprezzare le vicende storiche e mitologiche, sempre le stesse, che vengono intonate in differenti vesti musicali.

Bisogna arrivare all’Ottocento però perché sotto la spinta dell’orgoglio nazionale alimentato dalle vittorie sulle armate napoleoniche, nasca il desiderio di un “colore russo”. Da Glinka in poi si sviluppa la scuola nazionale russa e i nomi sono quelli che conosciamo, a cui Tedeschi dedica la gran parte del libro, ogni capitolo incentrato su un grande compositore: Glinka, Dargomyžškij, Musorgskij, Borodin, Rimskij-Korsakov, Čajkovskij, Prokof’ev, Šostakovič e Stravinskij dei quali analizza con acutezza e profondità le maggiori opere per il teatro.

Il limite del libro sta nella sua data: nel 1990 ancora non erano pienamente affermate le figure della musica russa di oggi che l’autore si limita a citare, e parliamo di Edison Denisov, Al’fred Šnitke e Sofija Gubaidulina. Manca quindi anche quello di Aleksandr Raskatov di cui recentemente è stato molto apprezzato Animal Farm.