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Giacomo Puccini, Capriccio sinfonico per orchestra
Andante – Allegro vivace
Giacomo Puccini, Le Villi, Preludio e Tregenda
Giacomo Puccini, Messa a quattro voci (Messa di Gloria) per soli, coro e orchstra
I. Kyrie. Larghetto
II. Gloria. Allegro Manon troppo
III. Credo. Andante
IV. Sanctus. Andante
V. Agnus Dei. Andantino
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, Michele Gamba direttore, Giulio Pelligra tenore, Markus Werba baritono, Coro del Teatro Regio di Torino, Ulisse Trabacchin maestro del coro
Torino, Auditorium RAI Arturo Toscanini, 20 marzo 2024
Il giovane Puccini
Anche l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI celebra in un concerto fuori abbonamento il centenario della scomparsa del compositore. In programma pagine sinfoniche e corali scritte negli anni che precedono il suo primo grande successo sulla scena, ossia quello della Manon Lescaut, 1° febbraio 1893 al Teatro Regio Torino.
E del Teatro Regio di oggi sono le masse corali impegnate in un lavoro che, nato da un Credo scritto nel 1878 dal ventenne studente dell’Istituto Musicale Giovanni Pacini di Lucca, era confluito in una ben più impegnativa pagina eseguita il 12 luglio 1880 come saggio finale. Una Messa di Gloria, come verrà poi impropriamente chiamata, per coro, due solisti e orchestra. Particolare la sua vicenda: dimenticata per settant’anni, ricomparve negli anni ’50 quando il sacerdote Dante Del Fiorentino venne in possesso di una vecchia copia manoscritta pensando trattarsi della partitura originale, ma questa era invece in possesso della famiglia di Puccini che l’aveva poi ceduta alla Casa Ricordi, casa editrice del musicista. La controversia legale che ne nacque si risolse alla fine con la divisione dei diritti d’autore fra la Ricordi e la Mills Music, la casa editrice del manoscritto di Del Fiorentino.
La Messa è un lavoro particolare in cui si mescolano il linguaggio dotto della polifonia e del contrappunto, in cui è indissolubilmente identificato il concetto di musica sacra, e quello allora corrente del melodramma, con le sue frasi trascinanti e una scrittura più semplice. Ripartita nella classica sequenza Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Agnus Dei, la partitura fa ricorso massicciamente al coro a quattro voci e limita a pochi interventi quelle maschili di un tenore e di un baritono. Parti del Kyrie furono utilizzate da Puccini stesso nel suo Edgar, mentre il tema dell’Agnus Dei si riconosce nel madrigale «Sulla vetta tu del monte | erri, o Clori» nel secondo atto della Manon Lescaut.
Di grandi dimensioni, originale nell’invenzione e ricca nella strumentazione, la pagina ha una sua opulenza che Michele Gamba ha saputo tenere a bada mettendo in luce la luminosità dei momenti corali da una parte e la complessità polifonica dall’altra, in questo grazie a un coro che si è adattato con agio agli aspetti teatrali del lavoro e alla duttilità che sappiamo essere una qualità della nostra orchestra. Limitata ma impegnativa la parte del tenore che entra con le sue ampie frasi melodiche e salti di registro nel “Gratias agimus” del Gloria e qui il tenore Giulio Pelligra, che ha sostituito l’inizialmente previsto Francesco Meli, ha fatto sfoggio del suo timbro luminoso mentre nel successivo “Et incarnatus” del Credo ha esibito un bel legato. Il baritono entra ancora più tardi, nel “Benedictus qui venit” del Sanctus e il pubblico torinese ha riconosciuto la voce del Papageno del 2017, del padre Uberto nell’Agnese del 2019, del conte Robinson nel Matrimonio segreto del 2020, insomma di Markus Werba, interprete dalla vocalità sicura ed elegante. Le due voci maschili si ritrovano insieme nell’Agnus Dei con cui si conclude, un po’ bruscamente in verità, questa interessante pagina pucciniana.
Nella prima parte del concerto, puramente strumentale, si sono sentite le musiche del Preludio e della Tregenda de Le Villi, l’opera di esordio del 1883 con cui Puccini riprendeva una leggenda simile a quella che Dvořák avrebbe messo in musica sette anni dopo con la sua Rusalka. Di poco prima è invece il Capriccio sinfonico composto durante gli anni di Conservatorio a Milano, la città in cui Boito propugnava la rinascita di una cultura strumentale dopo i fasti del melodramma. Il suo saggio ha una innegabile teatralità anche senza un programma: la struttura della pagina dimostra una abilità di strumentatore che ritroveremo nel suo teatro, per non dire della facilità melodica che ci fa riconoscere temi che nelle opere che verranno assumeranno un particolare significato. Così, grazie al Maestro Gamba il pubblico riconosce i temi che si riascolteranno nella Manon Lescaut e nell’inizio della Bohème, e ci si sente in un certo qual modo rassicurati.
Questo concerto ha permesso di gettare luce su un compositore che eccellerà nel melodramma ma che in questi tre diversi momenti – il sinfonismo nel Capriccio, il sacro nella Messa, l’esordio nell’opera – già si dimostra musicista di grande valore. Al Teatro Regio c’è ampia possibilità di gustarne i frutti operistici: ben sette sono i titoli Pucciniani in cartellone. Dopodomani La fanciulla del west.
⸪
