foto © Monika Rittershaus
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Vincenzo Bellini, Norma
Vienna, Theater an der Wien, 23 febbraio 2025
(video streaming)
Una Norma diversa
Due produzioni di Norma quasi in contemporanea a Vienna: alla Staatsoper il 22 febbraio Mariotti dirige la produzione di Von Cyril Testes con Federica Lombardi, Juan Diego Flórez e Vasilisa Beržanskaia; all’An der Wien una settimana prima Francesco Lanzillotta ha diretto Asmik Grigorian, Freddie de Tommaso e Aigul Akhmetshina. Una produzione concepita da Vasilij Barkhatov nel 2020 posticipata a causa della pandemia, ma che già prevedeva la presenza della moglie Asmik Grigorian.
Con la scenografia di Zinovij Margolin e i costumi di Olga Shaishmelashvili la Norma del regista russo non è ambientata nelle Gallie del I secolo a.C., bensì in un imprecisato paese negli anni ‘40 del secolo passato. Il sipario già alzato mostra una fabbrica di ceramica dove vengono realizzate immagini di dee greche (cast a diva…). Operai ed operaie rientrano al lavoro, tra di loro ci sono Adalgisa e Norma. Si sentono voci provenire da fuori e nell’istante in cui attacca la sinfonia un’esplosione provoca la caduta di una statua che va a pezzi. Fanno irruzione dei soldati che si danno a d atti di devastazione e qualcuno tenta di violentare Norma, che però viene salvata da un ufficiale, che si rivelerà essere Pollione. Cala il sipario mentre continuano le note della sinfonia. Alla fine appare la scritta “10 anni dopo”: vediamo infatti la stessa fabbrica, ma ora produce i busti in ceramica di un dittatore militare il cui ritratto è appeso di fianco al quadro di comando del forno per cuocere i busti prodotti dagli operai. Soldati sorvegliano i lavoratori e reprimono atteggiamenti di ribellione, come si vede con Oroveso, il capo della resistenza. Il ruolo privilegiato di Norma, una specie di Kapò in questo sistema militarizzato, rivela che tra Norma e il militare c’è stato qualcosa – due figli, scopriremo assieme ad Adalgisa. Quando tutti i soldati di occupazione sono usciti, gli operai recuperano i frammenti della statua che hanno conservato e che ora in processione adorano mentre Norma eleva la sua preghiera alla «Casta Diva».
Nel finale primo si cambia ambientazione: appare una parete con porte da cui si accede a una semplice stanza in cui vivono i due figli di Norma accuditi da Clotilde. Davanti a una tazza di tè Adalgisa confessa la sua relazione con l’inetto Pollione e a quel punto si scatena l’ira di Norma: dopo aver pensato di uccidere i figli quale novella Medea, incita gli operai alla distruzione delle immagini del dittatore. Pollione è portato in scena dagli operai legato per essere impiccato ma è salvato dalla donna che gli chiede per l’ultima volta ragione delle sue azioni, inutilmente. Norma decide di immolarsi entrando nel forno, ma Pollione si lancia e la salva, per la seconda volta.
Barkhatov si sbarazza dunque di druidi, Romani con la corazza e foreste sacre, ma mantiene il nucleo essenziale della vicenda con il suo scontro tra popoli e religioni. Le are e gli altari ampiamente citati nel libretto di Felice Romani, qui sono i simboli religiosi e di propaganda di due concezioni opposte. E c’è la storia di amore e tradimento, con una capacità del regista di esprimere efficacemente la psicologia dei personaggi in scene e controscene molto veriste.
Asmik Grigorian affronta la parte della sacerdotessa druidica in ricordo della madre Irena Milkevičiūtė, rinomata cantante che portò Norma per la prima volta in Lituania cantando la parte della protagonista mentre era incinta di Asmik – che in seguito sarà uno dei figli in scena. Quella di Norma è una parte completamente diversa da quelle che ha cantato finora, ma come succede sempre, la Grigorian con il suo timbro particolare e una recitazione superlativa riesce a ricreare in maniera personalissima il personaggio. Non propriamente belcantista, le agilità non sono del tutte fluide e un acuto non è bello, ma che importa quando in scena c’è un’artista di questo livello che ti inchioda alla poltrona. I fiati lunghissimi, i legati, l’omogeneità dell’estensione, l’intensità espressiva bastano e avanzano per scoprire una Norma diversa dal solito, ma quanto vera!
La parte di Adalgisa era stata scritta per Giulia Grisi, un soprano, ma il mezzo Aigul Akhmetshina, anche lei debuttante nella parte, ha tutte le carte per convincere: un bellissimo timbro, tecnica e sensibilità, da migliorare però la dizione e il fraseggio talora impacciato. Freddie de Tommaso affronta la parte di Pollione con generosi mezzi vocali e soprattutto all’inizio sfoggia qualche decibel di troppo. Poi il canto diventa un po’ più raffinato e l’antipatia del personaggio diventa un efficace elemento di caratterizzazione. Oroveso ha la voce potente e la presenza scenica di Tareq Nazmi e nei personaggi di Clotilde e Flavio si dimostrano convincenti Victoria Leshkevich e Gustavo Quaresma.
Sul podio dei bravi Wiener Symphoniker, Francesco Lanzillotta riesce a bilanciare dramma e sottigliezze strumentali con tempi, e tagli…, che mettono i cantanti a proprio agio. Profondo conoscitore della partitura, il direttore marchigiano ne fornisce una lettura lucida e partecipe. Come sempre ammirevoli i coristi dell’Arnold Schoenberg che pur nella precisione e nel perfetto amalgama di voci riescono a creare ciascuno un personaggio distintivo.
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