Danza

INK

Dimitris Papaioannou, INK

Torino, Teatro Carignano, 23 settembre 2020

Il teatro di Papaioannou, una mitologia contemporanea

È sempre molto difficile catalogare uno spettacolo di Dimitris Papaioannou. Per la rassegna “Torinodanza” l’artista greco ha portato una performance ideata durante il confinamento da Covid-19 e il suo progetto sfugge a una semplice definizione: lo spettacolo riprende i temi del corpo umano, della fisicità, della materia utilizzando questa volta in maniera invasiva l’acqua che esce dai tubi di irrigazione scendendo a pioggia su una scena spoglia riparata sul fondo da teloni impermeabili che fungono anche da “sipario” verso un altro mondo.

In scena due uomini: uno è Dimitris, tutto vestito di nero, l’altro è Šuka Horn, giovane, nudo, apparentemente fragile, una creatura marina che sbuca da sotto le lastre trasparenti che coprono il palcoscenico. Inizialmente è visto come una minaccia che il primo uomo cerca di contenere schiacciandolo sotto le lastre. Poi il rapporto fra i due evolve fino a diventare come quello tra un padre e un figlio, ed è quest’ultimo che alla fine sembra avere la meglio sul “vecchio” genitore. I due corpi agiscono in un mondo fantastico per luci e rumori – e qui l’acqua con i suoi suoni e le sue rifrazioni luminose gioca un ruolo quasi magico. Lo spettacolo sfiora la fantascienza, l’horror, con il buio, il bambolotto del neonato o quella piovra (spero finta!) che a un certo punto funge anche da cache sex

Il suo è un teatro visivo, di citazioni pittoriche, di forme plastiche, di intense relazioni fisiche che portano il corpo umano al limite delle possibilità, temi spesso incontrati negli spettacoli precedenti di Papaioannou che per l’occasione ha scritto: «Avevo pensato di creare un’installazione con alcuni interventi performativi e alla fine ho realizzato uno spettacolo, che è nato da un profondo e personale flusso emotivo, creando uno stato emozionale molto diverso dai miei lavori precedenti. Io cerco di capire la vita e di materializzare sul palcoscenico il mio sentire e le mie domande sulla vita e allora incontro gli archetipi. E quando inciampi sugli archetipi, incontri il Mito. Perché questo è ciò che i Miti fanno, visualizzano e raccontano temi universali».

The Great Tamer

Dimitris Papaioannou, The Great Tamer

Parigi, Théâtre de la Ville, 21 marzo 2018

Per trovare l’uomo occorre scavare

«Ho nella memoria visiva le statue a pezzi, i fregi a bassorilievo, le colonne di marmo bianco e le nudità delle divinità dell’Olimpo» dice il coreografo, regista, scenografo greco Dimitris Papaioannou ai cui spettacoli è difficile incollare una definizione: balletto? teatro ibrido? teatro performativo? mise en espace di concetti?

E ancora più difficile raccontare a parole uno spettacolo che alla parola rinuncia per partito preso: i suoni sono quelli delle rarefatte note del Danubio Blu di Johann Strauss elaborate elettronicamente che si alternano ai rumori amplificati che riempiono la scena, un pendio di lastre grigie che cela anfratti, pozzi, sorgenti. «Credo che il corpo umano, in quanto veicolo di percezioni, sia l’unità di misura dello spazio e anche un potente medium attraverso cui comprendere ciò che ci circonda. L’interazione tra i corpi umani, gli oggetti e lo spazio organizzato rappresenta per me il veicolo di comprensione del mistero dell’esistenza».

Non sappiamo dove siamo né in che epoca. Potrebbero essere i primordi dell’umanità con l’uomo che cerca il suo posto in questo mondo desolato, oppure la fine di un pianeta devastato su cui una coppia di astronauti recupera dalla terra il corpo di un uomo sepolto vivo. Immagini misteriose e oniriche si dipanano con una loro logica che sfida la razionalità, ma con il costante riferimento a opere d’arte – il Cristo morto del Mantegna, la Nascita di Venere del Botticelli, la Lezione di anatomia del dottor Tulp di Rembrandt e poi centauri, Narciso, Cerere, Persefone, Crono…

Nel finale uno scheletro lentamente si disfa sotto i nostri occhi e il teschio rotola tra i piedi degli spettatori della prima fila. Il titolo, Il grande domatore, fa riferimento al tempo, che tutto doma, tutto livella. Ma anche a un circo dove si alternano le acrobazie dei dieci performer con i loro giochi di prestigio o gli esseri mostruosi formati da brandelli di arti che si compongono in un corpo umano.

Dopo aver girato per l’Europa, l’ultima creazione di Papaioannou approda ora a Parigi. Lo spettacolo, da non perdere, arriverà a settembre per TorinoDanza. Il trailer dello spettacolo si può vedere su Vimeo dove si trovano molti altri suoi video.