Antonio Piazza

Oberto conte di San Bonifacio

Oberto

★★☆☆☆

Verdi #1

Nel 1836 il ventitreenne Verdi è a Milano per tentare la fortuna con il suo primo lavoro per il teatro, un dramma storico. Prima pensa a un Rochester su libretto del Tasca, poi a un Hamilton su testo di Antonio Piazza, infine si decide per Oberto, conte di San Bonifacio sempre del Piazza ma modificato da quel Temistocle Solera che gli scriverà altre quattro opere. Passeranno però quasi quattro anni prima che Verdi possa vedere il lavoro sulle scene.

Il discreto successo con cui è accolto al teatro alla Scala nel novembre 1839 gli assicura 14 recite, ma se il pubblico «parco d’applausi al primo atto, esuberò in acclamazioni al secondo» meno benevola fu la critica indecisa se vedere nel lavoro qualcosa di nuovo oppure ritrovarvi lo stile donizettiano o rossiniano allora imperante. E in effetti l’Oberto è sì nel solco della tradizione, ma già fanno capolino il piglio teatrale e l’energia dei personaggi, fra tutti quell’Oberto, primo di una serie interminabile di ‘padri’ nell’opera verdiana. Caratteristici sono già i finali un po’ bandistici con gran frastuono di piatti e percussioni varie.

Affidiamo alle parole del librettista il compito di illustrarci il preambolo alla vicenda. «Oberto, conte di s. Bonifacio, vinto da Ezzelino da Romano, il quale accorse in favor dei Salinguerra in Verona, riparavasi a Mantova. Leonora, sua figlia, priva di madre, era rimasta a Verona, affidata alle cure di una vecchia zia. Un giovine conte di Salinguerra [Riccardo], sotto mentito nome, sedusse la bella figlia di Oberto con promessa di matrimonio. Preso poscia d’amorosa passione per Cuniza (lasciata dal fratello Ezzelino nel castello di Bassano, mentre egli, fatto signore di Verona, attendeva alle conquiste di Monselice, di Padova, di Montagnana) le offrì la mano. Ezzelino, che doveva la signoria di Verona ai conti di Salinguerra, non fu contrario alle nozze. Leonora, conosciuta troppo tardi la verità, vien disperata a Bassano nel giorno delle feste per svelare il tradimento. Qui ha principio l’azione del dramma».

Atto I. Campagna; in lontananza Bassano. Nella campagna vicina al castello di Ezzelino da Romano, alcuni cavalieri festeggiano Riccardo  che manifesta la propria gioia per l’imminente matrimonio, poi lo scortano al castello dove è atteso per sposare Cuniza. Poco dopo giunge Leonora, intenzionata a impedire le nozze. Leonora ricorda l’amore per Riccardo e spera che tornino quei giorni felici, poi fa per allontanarsi verso il villaggio, ma si imbatte in Oberto, lieto di rivedere ancora una volta la sua patria, giunto per proteggere e vendicare la figlia. Oberto inizialmente rimprovera Leonora per avere ceduto alla corte di Riccardo, poi tra loro ritorna l’armonia quando si accordano per vendicarsi di Riccardo. Magnifica sala nel palazzo di Ezzelino. Il coro esalta la bellezza e il candore di Cuniza, ma Cuniza, rimasta sola con Riccardo, gli esprime inspiegabili cattivi presentimenti. Più tardi, Oberto e la figlia, con l’aiuto di Imelda, riescono a farsi ricevere segretamente da Cuniza, alla quale rivelano quanto è avvenuto tra lei e Riccardo. Cuniza promette che aiuterà Leonora ad avere giustizia e dopo aver condotto Oberto in una stanza vicina, raduna cavalieri e dame. Fatto chiamare il suo promesso sposo, Cuniza gli mostra Leonora, ma il conte senza scomporsi dichiara di avere abbandonato la fanciulla perché gli era stata infedele. Mentre Leonora protesta indignata, tra la sorpresa generale irrompe Oberto che giura di uccidere Riccardo avendo sentito le sue parole.
Atto II. Gabinetto di Cuniza. Più tardi Cuniza ripensa ai giorni felici dell’amore con Riccardo; convinta però della buona fede della figlia di Oberto, rivela alla sua confidente Imelda che sacrificherà il suo amore per costringere il conte di Salinguerra a sposare Leonora. Luogo remoto in vicinanza ai giardini del castello. Alcuni cavalieri esprimono la loro vicinanza a Leonora. Giunge Oberto, intenzionato a dare luogo al duello con Riccardo, nonostante alcuni cortigiani gli annuncino che Cuniza è intervenuta in favore suo e di Leonora. All’arrivo di Riccardo, quest’ultimo cerca di evitare lo scontro, impari per la differenza di età; sopraggiungono anche Leonora e Cuniza, e Cuniza promette a Leonora che Riccardo sarà nuovamente suo, mentre Oberto continua a rinfacciare le sue colpe a Riccardo, combattuto tra ira e rimorso. Cuniza ordina a Riccardo di sposare Leonora; senza farsi vedere Oberto propone al rivale di fingere di acconsentire, ma lo avverte che lo attenderà nel bosco vicino per continuare lo scontro. Tutti si allontanano, mentre Oberto e Riccardo si inoltrano nella selva: poco dopo un gruppo di cavalieri sente rumore di spade provenire dal bosco e vi si precipita, ma proprio in quel momento Oberto cade colpito a morte. Riccardo, sopraffatto dai rimorsi, fugge disperato. Arriva Cuniza affannata, subito seguita da Leonora, che ha scoperto il corpo del padre. Cuniza consola la fanciulla promettendole amicizia e protezione, ma Leonora, sentendosi responsabile di quanto avvenuto, decide di entrare in convento per dedicarsi ad una vita di espiazione, mentre da una lettera si apprende che Riccardo ha deciso di punirsi con l’esilio.

Nel 2007 Oberto viene allestito nel nuovo e futuristico Palacio Euskalduna in quel di Bilbao. La registrazione video dello spettacolo è la prima e completa disponibile di quest’opera, essendo l’edizione andata in scena poco dopo a Parma accorciata di mezz’ora. Ignacio García e Domenico Franchi (scenografie) montano uno spettacolo tradizionale e fluido con giusti tocchi gotici e scuri, ma il regista neppure cerca di dar vita ai personaggi e alla loro interazione.

Yves Abel dirige fin dalla sinfonia con giusta baldanza e senza troppe raffinatezze l’orchestra sinfonica del Principado de Asturias. Il’dar Abdrazakov è la punta del cast ed è quello che riscuote giustamente il maggior successo. Nonostante la bidimensionalità del suo vendicativo e corrucciato personaggio riesce a dargli nobiltà e plausibilità drammatica, ma sembra incredibile che proprio in questi giorni lo stesso cantante stia dando vita a New York al più gustoso Figaro mozartiano degli ultimi anni!

Il timbro particolare e la recitazione manierata al limite dell’espressionismo (l’attacco di demenza dell’ultima scena, la pioggia di petali rossi e il suicidio il regista ce li poteva risparmiare) ci fanno preferire l’Evelyn Herlitzius straussiana o wagneriana. Mentre Carlo Ventre e Marianne Cornetti (fisicamente non avvantaggiata) completano il quartetto di voci senza farsi particolarmente ricordare, è il coro dell’Opera di Bilbao l’elemento più debole di questo allestimento e fa continuamente rimpiangere quello ben più adeguato del Regio di Parma.

Nel disco OpusArte è presente come bonus una doppia intervista a direttore e regista.