Heinz von Cramer

Der Prozess

Gottfried von Einem, Der Prozess

Vienna, Theater an der Wien, 12 dicembe 2024

★★★★☆

(video streaming)

Kafka in musica

Gottfried von Einem nasce a Berna il 24 gennaio 1918 in una famiglia di diplomatici austriaci di grande nobiltà. Cresciuto nello Schleswig-Holstein prussiano, dopo le scuole secondarie nel 1937 si reca a Berlino per studiare musica con Paul Hindemith, il quale tuttavia si era appena dimesso per protesta contro le autorità naziste. Nel 1941 inizia a prendere lezioni di contrappunto con Boris Blacher e in quel periodo risale la composizione della sua prima opera, Prinzessin Turandot, un balletto iniziato su suggerimento di Werner Egk.

Durante la Seconda Guerra Mondiale Einem aiuta a salvare la vita e la carriera del giovane musicista ebreo Konrad Latte, assumendolo come assistente alle prove della Prinzessin Turandot e aiutandolo in seguito a ottenere altri impieghi. Nel 1943 si trasferisce in Austria e attraverso Blacher, Einem conosce la sua prima moglie, Lianne Mathilde von Bismarckche. Lianne muore nel 1962 e nel 1966 Einem sposa Lotte Ingrisch, la librettista delle sue ultime tre opere. Il compositore muore il 12 luglio 1996.

Einem ha composto principalmente musica per teatro e la sua attività operistica, coronata da grandi successi, risente di un numero eterogeneo di influenze. Compositore molto eclettico, si è dedicato ai più diversi generi musicali. Le sue otto opere sono tratte da Büchner (Dantons Tod), Nestroy (Der Zerrissene), Dürrenmat (Der Besuch der alten Dame), Schiller (Kabale und Liebe) e da Kafka. Der Prozess è un’opera in due parti (nove scene) su libretto scritto da Boris Blacher insieme a Heinz von Cramer e presentata in prima mondiale il 17 agosto 1953 al Festival di Salisburgo sotto la direzione di Karl Böhm e la messa in scena di Oscar Fritz Schuh.

Parte prima. Quadro I: L’arresto. Due stanze. Una mattina, l’impiegato di banca Josef K. viene dichiarato in arresto da due uomini senza che gli venga spiegato il motivo di questo provvedimento. Tuttavia, gli viene anche detto che può ancora svolgere il suo lavoro e muoversi liberamente fino a nuovo ordine. Da quel momento in poi, Josef K. soffre di angoscia mentale perché non si rende conto di ciò che può aver fatto. Quadro II: la signorina Bürstner. Due stanze. Dopo il lavoro, Josef K. va a trovare la sua vicina, la signorina Bürstner, e le racconta del suo strano arresto. Si siede al tavolo e inizia a prendere appunti. Quando bussano alla porta, la signorina Bürstner cerca di convincere l’ospite non invitato a lasciare la stanza. Lui le stampa un bacio appassionato sulle labbra. Quadro III: La convocazione. Strada. Di notte, Josef K. fa una passeggiata in strada. Si sente minacciato da forze invisibili. Uno sconosciuto gli passa accanto senza dire una parola, ma poi si volta e gli spiega che sabato prossimo ci sarà una piccola indagine sul suo caso. Non deve mancare all’appuntamento per nessun motivo. Quadro IV: Prima indagine. Soffitta. Solo con difficoltà e con un’ora di ritardo Josef K. trova il tribunale, che si trova in una soffitta. Gli spettatori attendono con ansia l’inizio del processo. Josef K. protesta rabbiosamente che il tribunale lo sta trattando in modo molto superficiale. Tra il pubblico c’è uno studente che improvvisamente si avvicina in modo indecente alla moglie dell’ufficiale giudiziario. Il giudice istruttore interrompe l’udienza e si ritira con i suoi assessori. La donna molestata assicura a Josef K. che farà tutto il possibile per aiutarlo. Non appena ha parlato, lo studente le si avvicina di nuovo e la porta via. Quando l’indagine sul caso deve essere proseguita, Josef K. maledice l’Alta Corte e fugge.
Parte Seconda. Quadro V: Il battitore. Corridoio. Dal corridoio, in una stanza scarsamente illuminata, Josef K. scopre i due uomini che lo avevano da poco informato del suo arresto. Su entrambi è in corso un pestaggio. Josef K. crede che questo sia il risultato della sua denuncia su questi uomini. Improvvisamente, il passante dell’altro giorno scende le scale e gli ordina di recarsi immediatamente all’ufficio del tribunale. Quadro VI: L’avvocato. Due stanze. Josef K. viene condotto dallo zio Albert da un vecchio avvocato che gode di una buona reputazione, ma invece di interrogare Josef K., l’avvocato preferisce chiacchierare con lo zio. Nel frattempo, il protagonista chiacchiera con Leni, la cameriera dell’avvocato, nella stanza accanto. I due si avvicinano, si abbracciano e si baciano. Quadro VII: Il proprietario della fabbrica. Ufficio in banca. Ancora una volta, Josef K. cerca di svolgere il suo lavoro in banca, ma il processo pesa così tanto sulla sua coscienza che non riesce a concentrarsi. Questo non passa inosservato al cliente che sta servendo. Il cliente, un direttore di fabbrica, gli consiglia di recarsi dal pittore Titorelli per chiedere aiuto. Titorelli ha dipinto i ritratti di quasi tutti i dignitari della città e ha quindi conoscenze importanti. Quadro VIII: Il pittore. Studio. Fuori dalla casa di Titorelli, Josef K. deve farsi strada a forza tra un gruppo di ragazze urlanti per entrare nello studio. Il pittore è un vero esibizionista che sopravvaluta le sue capacità. A Josef K. offre tre opzioni su come potrebbe concludersi il processo: un’assoluzione reale, un’assoluzione apparente o un rinvio, dove quest’ultimo sarebbe meglio per lui di un’assoluzione apparente. Deve valutare attentamente le opzioni e non perdere tempo. – Josef K. è più confuso di prima. Quadro IX: Nella cattedrale e nella cava. L’accusato è talmente disperato che spera nell’aiuto della Chiesa come ultima risorsa. Ma nemmeno una conversazione con un cappellano gli porta consolazione. Al contrario. L’ecclesiastico lo accusa di cercare troppo aiuto dagli estranei, soprattutto dalle donne, e di non essere in grado di vedere due passi avanti a sé stesso. Il set si trasforma in una cava. Due eleganti signori con il cappello a cilindro accolgono il disperato in mezzo a loro. Uno di loro estrae dalla giacca un enorme coltello da macellaio, affilato su entrambi i lati. Con grande cortesia, lo passa sulla testa di Josef K. all’altro uomo. Poi si fa buio completo.

L’opera fa completamente a meno del coro. Le voci dei solisti sono fortemente declamatorie in un’armonia moderatamente moderna con molti ostinati, a volte nell’ambito della tecnica dodecafonica, ma legato sempre al sistema tonale, al pari di Paul Hindemith. La partitura di Von Einem è una cavalcata a perdifiato nella storia della musica moderna, con evidenti reminiscenze di Wagner (Die Walküre), Strauss (Ariadne auf Naxos) e Puccini (La bohème). Ci sono sprazzi di jazz e prestiti dalla tecnica dodecafonica, ritmi martellanti alla Stravinskij e molto altro. 

Tobias Leppert durante la pandemia aveva preparato una versione da camera di Der Prozess ed è questa che viene ora messa in scena nella piccola Wiener Kammeroper durante i lavori di restauro della sala grande dell’An der Wien. Nella scenografia di Silke Bauer oltre i finestroni della camera di Josef K. la vista è quella di Salisburgo mentre i costumi di Nina Paireder suggeriscono un’ambientazione moderna e la regia di Stefan Herheim trasforma il giovane personaggio principale nella figura del maturo compositore – così come aveva fatto ne La dama di picche dando al protagonista Hermann la figura di Čajkovskij. Anche Kafka stesso (l’attore e danzatore Fabian Tobias Huster) è spesso presente in scena. Il resto del cast – burocrati, avvocati, persone dello studio legale e personaggi secondari – è a volte più, a volte meno vestito: vediamo uniformi da ufficio dell’epoca di Kafka, ma anche opulenza sacra (l’ecclesiastico in abito vescovile) e abiti quotidiani degli anni Cinquanta. Ci sono allusioni fetish, lingerie sexy e i pigiami bianchi di Josef K./Gottfried von Einem, in cui l’eroe scompare ripetutamente per andare a letto.

Tutto questo avviene in un rapido susseguirsi di scene, un po’ confusionario ma di efficace valore visivo. Walter Kobéra dirige l’orchestra da camera sul fondo del palcoscenico senza concentrarsi troppo sugli effetti e l’ensemble vocale ha il culmine nel sicuro Robert Murray nel ruolo di Josef K. Anne-Fleur Werner offre al personaggio della Donna presenza scenica e voce convincenti, tutti gli altri interpreti sono perfettamente calati nella parte.

Preußisches Märchen

★★★☆☆

Weill incontra Lehár a Broadway

Nato in Cina nel 1903 – il padre era un banchiere in trasferta di lavoro – Boris Blacher a 19 anni arriva a Berlino per studiare architettura e matematica, ma ben presto emerge la sua passione per la musica e già nel 1925 compone il suo primo lavoro, la colonna sonora per il film muto Bismarck di Ernst Wendt. Ben presto le sue composizioni sono considerata “musica degenerata” dal regime nazista: stile troppo moderno e un nonno ebreo…

Delle sue dodici opere, Preußisches Märchen (Una fiaba prussiana), opera-balletto in sei quadri su libretto di Heinz von Cramer, è la sesta. La vicenda deriva liberamente dalla figura di Wilhelm Voigt, un ciabattino diventato famoso per un’impresa portata a termine nel 1906 in cui, travestito da ufficiale prussiano, aveva preso il controllo del municipio di Köpenick per alcune ore, facendo imprigionare il tesoriere e il sindaco e allontanandosi con parte del tesoro cittadino. La storia aveva già ispirato Carl Zuckmayer per la sua “favola tedesca” Hauptmann Köpenick (Il capitano di Köpenick, 1931) e ispirerà film e spettacoli teatrali – nel 1973 Renato Rascel fu Voigt in una produzione dello Stabile del Friuli-Venezia Giulia mentre Paul Scofield lo fu due anni prima al National Theatre di Londra. Completato nel 1949 il lavoro di Blacher fu messo in scena il 23 settembre 1952 alla Städtischen Opernhaus di Berlino accolta dalle acclamazioni del pubblico e della critica.

Per la prima volta in 20 anni, l’impiegato Wilhelm Fadenkreutz arriva tardi al lavoro negli uffici della Cassa di Risparmio Municipale e viene convocato davanti al borgomastro che però gli conferisce una medaglia dal Kaiser perché ha recentemente portato alla luce un caso di appropriazione indebita, come scrivono i giornali. Poi però Fadenkreutz offende involontariamente Adelaide, la figlia del borgomastro, viene convocato di nuovo ma questa volta licenziato. La sorella di Wilhelm, Auguste, zitella aspetta il suo primo appuntamento con un uomo. Questa volta forse è la volta buona e sua madre e suo padre stanno facendo del loro meglio per assicurarsi che l’individuo interessato, un funzionario pubblico di nome Birkhahn, abbocchi. Wilhelm è determinato a fare bella figura in questo importante incontro per sua sorella e arriva a farsi passare per capitano dell’esercito. Mentre prova un’uniforme da capitano scovata da un rigattiere, nello specchio si confronta con il suo doppio, un ballerino. Nella sala da ballo della Compagnia d’Assicurazioni Antincendio Concordia è messo in scena un dramma di Birkhahn. L’evento sembra andare verso il fiasco quando il “Capitano” Wilhelm salva la situazione applaudendo con entusiasmo. Poi bevendo si lascia andare a considerazioni contro il borgomastro che infiammano gli astanti e quindi si impadronisce della prima pattuglia di soldati che trova per strada per marciare sul municipio e costringe il personale a consegnare la cassa e arrestare il borgomastro, ma all’ultimo momento viene riconosciuto e viene chiamata la polizia. Il borgomastro, su consiglio della moglie di mettere tutto a tacere, li rimanda via e spiega che tutta la faccenda è stata una mascherata: il capitano è un semplice impiegato e Fadenkreutz riprende il suo posto di scrivano. Un coro canta la morale finale: «Se l’occhio non vede, nessuno si duole. Soltanto ciò che la gente vede con i propri occhi è vero e certamente accaduto. […] L’uomo perbene deve pensare poco, guidare in silenzio i suoi passi. Chi si distoglie dalla retta via pensi solo a non finire sul giornale».

L’originale “capitano di Köpenick” ebbe l’opinione pubblica a sua favore e il Kaiser stesso (Guglielmo II), che gli concesse la grazia prima che avesse scontato la pena, fu divertito dall’incidente e definì Voigt un «amabile mascalzone». Voigt vide la sua effigie al Museo delle Cere di Berlino e una sua statua in bronzo veglia all’ingresso del municipio di Köpenick. Deciso a sfruttare la sua fama, interpretò sé stesso in una commedia rappresentata in piccoli teatri tedeschi, cabaret, ristoranti e parchi di divertimento a Vienna e a Budapest. Dopo la pubblicazione del suo libro Come diventai il Capitano di Köpenick, che ebbe un discreto successo, Voigt si imbarcò per un tour nel Nuovo Mondo. Una sua statua in cera è ancora  oggi esposta al Madame Tussaud di Londra.

La stampa inglese aveva trovato fin da subito motivi di divertimento nell’evento, vedendolo come una conferma degli stereotipi sul popolo tedesco e la sua reverenza per l’onnipotenza del militarismo, il cui simbolo più sacro è l’uniforme. Anche Blacher e von Cramer prendono spunto da questa vicenda da “operetta” per un lavoro ironico che diventa la versione comica di Hauptmann Köpenick e che ha i suoi tratti salienti nel testo arguto e nella musica irriverente. Mentre il libretto gioca con la lingua (dove “Formen” fa rima con “enormen”, riferito alle rotondità anatomiche della figlia del borgomastro), la partitura saccheggia temi popolari, marcette e arriva a utilizzare un accompagnamento di semplici scale tonali (un famigerato studio pianistico di  Czerny) per la scena del rigattiere. Che poi papà Fadenkreutz sia un soprano e la madre un basso conferma le intenzioni satiriche dell’autore. Ecco, forse nel 1950 siamo fuori tempo per prendere in giro la Prussia di fine secolo e la Germania ha ben altri problemi. Non è facile trovare molti spunti di attualità nel militarismo e nella venerazione all’uniforme in quei tempi o in quelli in cui viene registrata la messa in scena di Preußisches Märchen quale film-opera com’era usanza all’epoca, ossia nel 1974: dopo le recite alla Deutsche Oper ci si spostava negli studi televisivi della SFB (Sender Freies Berlin) per le riprese.

Winfried Bauernfeind si occupa dell’ironicamente realistica messa in scena e Caspar Richter interpreta una partitura che molto deve a Stravinskij, a Weill, all’operetta e al musical americano. L’efficace cast è capeggiato dal Fadenkreutz di Manfred Röhrl, mentre le coreografie sono firmate da Helmut Baumann.