★★★★☆
Un Rossini già internazionale
Con Zelmira Rossini nel 1822 si accomiata dal Teatro di San Carlo alla fine di un fruttuoso e felice settennio per intraprendere una carriera internazionale dopo aver quasi monopolizzato le scene del melodramma di Napoli e del resto del paese. E lo fa con un’opera proiettata verso il futuro, con soluzioni musicali (strumentali e soprattutto armoniche) e drammaturgiche del tutto inedite: poche le arie solistiche, duetti e insiemi la fanno da padroni in questa azione scenica.
Il libretto di Andrea Leone Tottola si basa sulla “pièce d’événements” Zelmire (1762) di Pierre-Laurent Buyrette. Si tratta di una fosca vicenda ambientata a Lesbo, ove un avventuriero che ha sbalzato dal trono il legittimo sovrano viene assassinato da un secondo usurpatore.
Antefatto. Polidoro, re di Lesbo, ha fatto sposare la figlia Zelmira al principe troiano Ilo, sprezzando le profferte di un altro pretendente alla mano della figlia, Azor. Costui, per vendetta, partito Ilo per una guerra, prende il potere con un colpo di Stato e usurpa il trono. Zelmira, temendo per la vita del vecchio padre, lo nasconde nelle tombe dei re di Lesbo e racconta, mentendo, ad Azor di averlo nascosto nel tempio di Cerere. Azor ordina di distruggere il tempio e Zelmira si conquista la triste fama di parricida. Intanto sorgono alcuni screzi tra Azor e due suoi collaboratori, Antenore e Leucippo. Leucippo decide di appoggiare Antenore e uccide Azor poco fuori dalla città. L’opera si apre con il ritrovamento del cadavere di Azor.
Atto I. Il coro entra in scena disperato, piangendo la morte di Azor, e successivamente giungono anche Leucippo e Antenore che simulano tristezza. Leucippo si fa portavoce del coro: Antenore sia successore di Azor. Uscito il coro, Leucippo espone il suo progetto: far accusare Zelmira dell’omicidio di Azor. Una volta usciti, entra Emma che fugge da Zelmira: Emma crede veramente che Zelmira sia colpevole di parricidio. Zelmira ribadisce la sua innocenza e, come prova, mostra a Emma il nascondiglio del padre Polidoro, ancora vivo tra le tombe dei re di Lesbo. L’incontro però è interrotto dal rumore di una marcia in lontananza e le due donne escono dal mausoleo. Finalmente, dopo tanto tempo di assenza, ritorna Ilo che non vede l’ora di riabbracciare la moglie e il figlio, ignaro di ciò che è successo. Zelmira, saputo del ritorno, è sconvolta e non ha il coraggio di spiegare al marito cosa le è successo; e tace delle accuse che le sono state rivolte, suscitando i sospetti e il dolore di Ilo. Antenore e Leucippo intanto incontrano Ilo e raccontano le loro menzogne: Zelmira è parricida e ha tradito il suo amore. In quel momento un coro di sacerdoti comunica ad Antenore la futura incoronazione, con grande gioia di quest’ultimo. Zelmira, temendo per la vita del figlio, l’affida ad Emma. Antenore viene incoronato nel tempio dove si trova anche Ilo, in cerca del figlio. Ilo ha un mancamento e sviene; viene trovato da Leucippo che cerca di approfittarne per ucciderlo. Zelmira riesce a fermarlo e lo disarma, ma, ritrovatasi con il pugnale in mano, viene accusata da Leucippo di aver cercato di uccidere il marito. Zelmira viene ripudiata e disprezzata da tutti e viene condotta in carcere.
Atto II. In carcere Zelmira scrive una lettera a Ilo in cui gli spiega tutto quanto, dichiarando che il padre è ancora vivo, ma viene intercettata da Leucippo. I due decidono di liberare Zelmira per spiarne i movimenti. Intanto Emma e le altre donne si danno da fare per nascondere il figlio di Zelmira, ultima speranza di Lesbo. Ilo, in preda al dubbio, gira senza meta e capita per caso accanto alle tombe dei re di Lesbo, da dove esce con suo stupore Polidoro. Il vecchio re racconta tutta la verità e Ilo ascolta con gioia. Si reca subito al porto per armare le navi troiane contro i due tiranni, mentre Polidoro rientra nel suo nascondiglio. Zelmira arriva al mausoleo ma viene seguita da Antenore e Leucippo che, mentendo, le fanno credere che Ilo sia riuscito a salvare il padre e cercano di farsi dire dove fosse nascosto così bene: Zelmira casca nella trappola e rivela il nascondiglio, causando così la cattura di Polidoro. Antenore sembra trionfare e ordina di portare subito in carcere Zelmira e il padre. Emma però riesce ad avvertire Ilo che si precipita subito a salvare la moglie. In carcere, i due prigionieri stanno per essere condannati a morte, quando irrompe Ilo in testa al suo esercito e al popolo in rivolta. I due tiranni vengono così condannati a morte e finalmente Polidoro può tornare a regnare. L’opera si conclude con il tripudio generale.
Insediata in un moderno palazzetto dello sport, l’Adriatic Arena offre i suoi spazi per una messa in scena molto particolare di Giorgio Barberio Corsetti. Mentre sul palcoscenico avvengono congiure, inganni e omicidi, uno specchio inclinato a 45 gradi riflette al di sotto della griglia del palcoscenico una diversa umanità sofferente, ferita e vittima del potere (un campo di battaglia, un carcere). Le dimensioni spaziali della scena vengono in tal modo aumentate, ma si amplia pure il senso di quello che viene rappresentato. Forte è il contrasto tra quello che viene cantato in primo piano e quello che si vede là sotto e a qualcuno non è piaciuto. Lo specchio riflette poi i personaggi visti dall’alto e isolati in uno sfondo nero. I costumi sono moderni, è la Grecia dei colonnelli con le sue divise militari, i doppiopetti e le palandrane dei preti ortodossi pronti a benedire il dittatore di turno.
L’allestimento del 2009 al Rossini Opera Festival di Pesaro si avvale di un cast di livello eccezionale con alla guida dell’orchestra del Comunale di Bologna un musicalissimo Roberto Abbado. Protagonista eponima è Kate Aldrich che, nonostante la parte non sia molto sviluppata musicalmente e con una sola aria solistica, convince pienamente nel suo triplice amore filiale, coniugale e materno. Come Ilo, babbione che crede a tutto quello che gli dicono gli altri, ma non alla moglie (che tra l’altro non trova il tempo per spiegargli in separata sede la verità, ah i libretti d’opera…), Juan Diego Flórez riprende il ruolo che fu del tenore contraltino Giovanni David dalla voce estesa su tre ottave. La sua aria di sortita è salutata dal pubblico pesarese con ovazioni interminabili, ma tutto il resto della sua prestazione è da manuale. Ad Alex Esposito e alla sua calda voce di basso è assegnata la parte del vecchio Polidoro mentre Marianna Pizzolato come Emma si guadagna la seconda ovazione della serata con la sua voce ferma e vellutata dispiegata nell’intensa aria «Ciel pietoso, ciel clemente». L’Antenore di Gregory Kunde per fiati, squilli, eleganza di fraseggio, stile è come sempre perfetto. Anche Mirco Palazzi presta degnamente la voce a quel malefico Leucippo. Difficilmente si trova un allestimento in cui tutte le parti siano coperte da interpreti così eccellenti come in questo.
Negli extra un esauriente dietro le quinte.
⸪
