La fille du régiment

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★★★★★

Una Marie scatenata…

… quella della Dessay in questa versione dell’opera che Do­nizetti scrisse nei suoi anni parigini, opéra-comique, quindi, se­condo i generi codificati dai teatri francesi di allora. Presentata nel 1840 su libretto di Jules-Henry Ver­noy de Saint-Georges e Jean-François-Alfred Bayard (chi non invidia dei nomi così?), ebbe da subito un enorme successo scatenando la gelosia di Berlioz che in quegli stessi anni aveva vissuto una serie di fiaschi con le diverse versioni della sua sfortunata opera Benvenuto Cellini .

L’anno successivo Donizetti avrebbe approntato per la Sca­la di Milano una Figlia del reggimento, nella versione piuttosto diversa nel testo di Calisto Bassi con cui è usualmente rappre­sentata, ahimè, in Italia. Philipp Gossett nel suo Divas and Scholars, Performig Italian Opera tratta ampiamente dell’adattamento alla diversa lingua dell’originale. All’estero l’opera è per lo più conosciuta nella versione francese originale, soprattutto in Fran­cia dove i nostri cugini d’oltralpe festeggiano il 14 luglio con una rappre­sentazione di quest’opera che con i suoi sventolii di tricolori, canti militari e rulli di tamburi si presta molto bene a quella celebrazio­ne patriottica.

Atto primo. In un villaggio del Tirolo (in Svizzera nella versione italiana dell’opera). La marchesa di Berckenfield e il suo intendente Hortensius, in viaggio, sono stati sorpresi da un’azione di guerra; insieme ai paesani osservano da lontano i nemici che avanzano. La marchesa trasalisce: i nemici francesi non rispettano nessuno, l’onore di una bella donna come lei è certamente in pericolo. Per sua fortuna (o suo malgrado) i nemici sembrano allontanarsi, ma all’arrivo di un soldato francese tutti scappano terrorizzati. Il soldato è il sergente Sulpice, del 21º reggimento; dopo di lui arriva la vivandiera Marie, ragazza allevata dai soldati francesi come loro ‘figlia’. Nel suo duetto marziale con Sulpice, Marie mostra di aver imparato a comportarsi da vero soldato. Quando Marie confessa a Sulpice di essere attratta da un giovane tirolese (Tonio), che un giorno le ha salvato la vita, arrivano i soldati con un prigioniero catturato mentre si aggirava attorno all’accampamento: è proprio lui! Marie racconta a tutti la coraggiosa impresa di Tonio, che viene liberato. In suo onore viene organizzata su due piedi una festicciola, si beve e si canta; Marie intona l’inno del reggimento. Rimasti soli, i due giovani si dichiarano reciproco amore. La marchesa, accompagnata da Hortensius, cerca di parlare a Sulpice per ottenere garanzia di protezione durante il suo ritorno al castello di Berckenfield. Sulpice rimane sorpreso quando scopre che la nobildonna ha conosciuto il defunto capitano Roberto, padre di Marie: la ragazza è in realtà l’unica erede dei Berckenfield, creduta morta dalla marchesa, la quale dice di essere sua zia. Quando la marchesa domanda se la nipote è stata allevata con sani principi, Marie entra in scena sacramentando da bravo soldato. Al suono del tamburo compare l’intero reggimento, che intona un ‘rataplan’. Tonio si è arruolato nell’esercito francese, per poter chiedere ai soldati il permesso di sposare Marie. Marie ha capito che deve abbandonare il suo esercito e seguire la zia marchesa. Affranta, la ragazza si accommiata da tutti, lasciando Tonio disperato.
Atto secondo. Nel castello della marchesa, nel quale è stato ospitato anche Sulpice, ferito in battaglia, la marchesa combina le nozze di Marie con il figlio della duchessa di Krakenthorp. Sulpice assiste alla lezione di canto di Marie, accompagnata al clavicembalo dalla marchesa stessa. La ragazza deve intonare un’aria sentimentale del maestro «Fettuccini», ma è distratta da Sulpice che continua a ricordarle i canti militari.  Alla fine Marie si ribella e investe la marchesa con una cascata di colorature, per unirsi definitivamente a Sulpice cantando lo sfrenato ‘rataplan’ che fa inorridire la zia. Rimasta sola, Marie si abbandona al ricordo del passato e al pensiero del suo amore lontano, quando il suono di una marcia militare fuori scena risveglia la ragazza. Marie riconosce il suo reggimento e intona “Salut à la France”, una cabaletta che, durante il Secondo Impero, in Francia diventò quasi un inno nazionale non ufficiale. I soldati irrompono in scena, Marie e Tonio sono riuniti e con Sulpice cantano un festoso terzetto. Nonostante le proteste della marchesa, Tonio dichiara di non poter vivere senza Marie. La marchesa, a questo punto, è costretta a svelare il suo segreto: è lei la madre di Marie, e intende far sposare la sua figlia illegittima al duca di Crakenthorp per assicurarle un avvenire onorato. Marie accetta di ubbidire, ma la cerimonia è interrotta dai soldati, guidati da Tonio, che scandalizzano i nobili invitati. La marchesa acconsente al matrimonio di Marie con Tonio, per non sacrificare la felicità della figlia. L’opera si chiude con una ripresa di “Salut à la France”.

La produzione del 2007 della Royal Opera House di Londra si basa ovvia­mente sulla superiore versione originale e si avvale di due dei più grandi in­terpreti di questo repertorio. Natalie Dessay è perfettamente a suo agio sia nelle richieste vocali sia in quelle sceniche della figura di Marie, orfana adot­tata dal reggi­mento che deve adeguare le sue maniere da maschiaccio al nuo­vo ruolo di nobile fanciulla quando scopre la sua vera zia/mam­ma nella figura della marchesa di Berkenfield. E Juan Diego Fló­rez dal momento in cui entra in scena con i suoi Lederhosen ti­rolesi in­canta con il fraseggio perfetto, la purezza della linea melodica e la facilità con cui spara i nove do acuti della cabaletta del primo atto. E dopo tanto gioire la doccia fred­da della scena che segue con quello strappacuore «Il faut partir» che mette in evidenza la vena liri­ca e patetica del Donizetti più eccelso, e che la Dessay intona in maniera sublime. Ma il di­vertimento più sfrenato ritorna con l’inizio del secondo atto, ancor prima della spassosa scena della lezio­ne di can­to, quando la coreografa Laura Scozzi crea un esilaran­te siparietto al ca­stello di Berkenfield con le domestiche e la ter­rificante duchessa di Cra­kenthorp.

Tutti bravi anche gli altri interpreti che recitano con con­vinzione i testi in prosa che separano i pezzi cantati, dalla spasso­sa Marchesa di Felicity Palmer al Sulpice di Alessandro Corbelli. Tutti sono aiutati dalla con­duzione in or­chestra di Bru­no Campanella, quasi senza rivali in questo re­pertorio, e dalla re­gia intelligente e spiritosa di Laurent Pelly.