★★★★☆
Orgasmo e omicidio…
Orgasmo e omicidio: due poli che, secondo Martin Kušej, definiscono l’orizzonte drammatico di Lady Macbeth del distretto di Mcensk. Se a questi si aggiunge la noia esistenziale della protagonista, ecco delineato l’arco tragico di Katerina Izmailova, figura sospesa tra desiderio, violenza e disperazione.
Su libretto di Aleksandr Preis e del compositore stesso, (Леди Макбет Мценского уезда, Ledi Makbet Mcenskogo uezda), l’opera trae origine dall’omonimo racconto di Nikolaj Leskov del 1865. Alla sua prima rappresentazione, nel 1934, il lavoro di Dmitrij Šostakovič conobbe un successo clamoroso: il pubblico e la critica lo accolsero come un capolavoro di modernità, e nel giro di pochi mesi si contarono tre diverse produzioni nei teatri di Mosca. L’opera venne letta come un inno alla ribellione antiborghese: la protagonista, moglie annoiata di un mercante di provincia, si emancipa dall’oppressione domestica e sociale, fino a sovvertire le gerarchie patriarcali attraverso il delitto.
Atto I. Quadro I. Vengono sottolineate le umiliazioni alle quali Caterina è sottoposta da parte del suocero, che non solo la importuna e vorrebbe possederla, ma le rinfaccia di non riuscire ad avere figli. Come se non bastasse, poiché il marito di Caterina, Sinovio, dovrà allontanarsi per alcuni giorni, Boris fa giurare, davanti a tutta la servitù, che rimarrà fedele al consorte lontano. La cuoca Aksinia, allora, interviene e le fa notare un bel garzone assunto da poco. Quadro II. Alcuni lavoranti insidiano e maltrattano la deforme Aksinia, aizzati proprio da Sergej. Caterina interviene in difesa della donna, ma pur essendo provocata da Sergej, ne rimane attratta. Quadro III. Caterina si dispera per la sua atroce solitudine. Sergej si introduce nella sua camera da letto e seduce Caterina.
Atto II. Quadro I. Boris è eccitato e tormentato dalla presenza di Caterina, al punto da decidere di assolvere ai doveri coniugali in vece del figlio. Mentre sta progettando tali lascivie, gli cade addosso, dalla finestra della camera di Caterina, Sergej. Boris lo riduce in fin di vita a frustate di fronte agli occhi di tutti i servitori e di Caterina stessa: quindi Sergej viene rinchiuso in cantina. Caterina avvelena Boris mettendo del veleno per topi nel suo piatto; dopo avergli sottratto la chiave della cantina dove è rinchiuso l’amante, assiste alle funzioni del pope, chiamato per assistere il moribondo. Quadro II. Caterina è a letto con Sergej, tormentata dai rimorsi: arriva il marito, che viene ucciso dai due e nascosto in cantina.
Atto III. Quadro I. Caterina e Sergej si sposano, mentre il marito è dato per disperso. Caterina è ossessionata da ciò che ha fatto e guarda terrorizzata verso la cantina. Un servo ubriaco, mentre gli altri sono in chiesa per il matrimonio, credendo che le occhiate di Caterina nascondano la presenza di un buon vino, sfonda la porta della cantina, trova il cadavere di Sinovio e chiama la polizia. Quadro II. Nel distretto di polizia i gendarmi si annoiano e, per passare il tempo, si divertono a creare problemi a qualche intellettuale, ad esempio accusando di nichilismo un innocente insegnante. Quadro III. Caterina, alla fine della cerimonia, si accorge che la cantina è stata aperta ma è troppo tardi per fuggire.
Atto IV. Caterina e Sergej si trovano in un accampamento, di notte, mentre sono in viaggio verso la Siberia perché condannati a lavori forzati. Caterina corrompe una guardia perché le permetta di passare la notte con Sergej, ma lui la considera ormai solo una fonte di disgrazie ed è invece attratto da un’altra detenuta più giovane, Sonetka, alla quale regala le calze di lana che Caterina gli ha dato. Tutti si prendono gioco di lei: Caterina, disperata, si getta nel fiume trascinando con sé la rivale. Le due donne annegano, mentre i deportati riprendono la marcia.
Ma questa libertà di sguardo – e soprattutto la sua forma musicale – risultarono insopportabili al potere sovietico. Stalin, presente a una rappresentazione, lasciò la sala disgustato. Poco dopo la Pravda, organo del Partito, pubblicò l’ormai celebre articolo “Caos anziché musica”, in cui l’opera veniva condannata come «inadatta al popolo sovietico: caotica, apolitica, atta a solleticare i gusti pervertiti del pubblico borghese con la sua musica agitata, urlante e nevrastenica». La sensualità esplicita, la brutalità dei gesti e la rappresentazione di una donna che si ribella alla morale dominante costituivano una minaccia per l’ideologia staliniana, fondata su un moralismo di Stato e su una visione monolitica dell’arte come strumento pedagogico.
Da quel momento iniziò per Šostakovič un lungo periodo di sospetto e censura: Lady Macbeth del distretto di Mcensk scomparve dai teatri per oltre venticinque anni. Solo nel 1962 il compositore poté ripresentarla in una versione profondamente rielaborata, con il nuovo titolo Katerina Izmailova. Questa seconda versione, più temperata nei toni erotici e più allineata alla prudenza dell’epoca poststaliniana, rifletteva un diverso equilibrio tra dramma individuale e struttura musicale. Il titolo stesso, più neutro, sottraeva la protagonista al paragone con la Lady Macbeth shakespeariana, segno di una volontà di umanizzare il personaggio e ridurne l’aura di colpevolezza “demoniaca”.
Tuttavia, dopo la morte del compositore, la versione del 1934 è tornata a imporsi come quella artisticamente più autentica: una partitura di feroce potenza espressiva, dove il linguaggio di Šostakovič fonde lirismo e sarcasmo, realismo e grottesco, eros e violenza, sino a delineare un dramma musicale di impressionante modernità.
Per una lettura più approfondita dell’opera, del suo complesso rapporto con la censura sovietica e delle affinità con la Káťa Kabanová di Janáček – altra eroina travolta dal conflitto tra passione e oppressione sociale – resta imprescindibile il saggio Šostakovič di Franco Pulcini, edito da EDT, che illumina con rara finezza i molteplici livelli di significato di questa tragedia femminile e musicale.
Questa produzione del 2006 al Nederlandse Opera di Amsterdam si basa dunque sulla versione del ’34 e si avvale della messa in scena del regista Martin Kušej che assieme alla scenografia di Martin Zehetgruber ambienta la vicenda in epoca moderna e in due spazi distinti: una specie di gabbbia di vetro per l’annoiata Katerina e la sua collezione di scarpe e l’esterno sporco di terra in cui avvengono i misfatti e hanno luogo le scene corali. Per l’ultimo atto, nel carcere siberiano, l’ambiente è diverso, ma ancora più angosciante.
La famosa scena dell’amplesso quasi animalesco è risolta con efficacia da un’illuminazione stroboscopica che giustamente non contraddice e non aggiunge nulla a quello che la musica qui (da alcuni definita “pornofonia”) suggerisce molto chiaramente.
L’impervia partitura trova nella direzione del lèttone Mariss Jansons un ottimo interprete soprattutto negli splendidi intermezzi orchestrali che, come gli interludi del Peter Grimes di Britten, hanno trovato un’autonoma vita concertistica per la bellezza e la forza con cui dipingono i momenti lirici o satirici della storia.
Interprete intensa del titolo è Eva-Maria Wetsbroek che ha voce e fisico adatti alla parte della sensuale e trascurata moglie che quando incontra il ceffo seduttore di Sergej (un Christopher Ventris dallo sguardo ammaliatore) gli si consegna anima e corpo – soprattutto il secondo. Ottimi i due interpreti principali, ma eccellenti anche gli altri, tra cui il bieco e volgare Boris, il suocero, che ha la potente voce di Vladimir Vaneev.
Due dischi bly-ray per un’immagine e un suono perfetti e tra gli extra un interessante documentario.
⸫
- Lady Macbeth of Mtsensk, Chauhan/Vick, Birmingham, 13 marzo 2019
- Lady Macbeth del distretto di Mcensk, Metzmacher/Warlikowski, Parigi, 16 aprile 2019
- Lady Macbeth del distretto di Mcensk, Chailly/Barkhatov, Milano, 7 dicembre 2025
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