L’Ercole amante

Ercole amante

★★★★★

Venezia a Parigi

Mettiamoci il cuore in pace: per vedere un’opera barocca italiana occorre varcare le Alpi. Non c’è nemmeno un teatro italiano in questo elenco di rappresentazioni degli ultimi anni (fonte: operabase.com): Monteverdi è stato allestito a Barcellona, Berlino, Amsterdam, Bruxelles, Madrid, Aix-en-Provence, Glyndebourne; Vivaldi a Parigi, Zurigo, Valencia, Copenhagen; Vinci a Parigi e Vienna; Galuppi ad Atene e Würzburg; Cavalli ancora Parigi, New York, Monaco, Cincinnati e ancora Amsterdam, da cui proviene questa produzione del 2009 della Nederlandse Opera con la regia di David Alden e la direzione musicale di Ivor Bolton.

Opera voluta da Mazzarino per festeggiare le nozze del ventiquattrenne re con l’infanta di Spagna Maria Teresa e nello stesso tempo glorificare la casa di Francia, a causa dell’incendio del teatro in cui era previsto il debutto nel 1659, Ercole amante poté andare in scena solo nel 1662 nella nuova grandiosa Salle des Machines innalzata alle Tuileries con Cavalli stesso a dirigerla e il re in scena come danzatore. Nata per un’occasione così particolare, l’opera non fu mai più ripresa se non in tempi recenti.

Tratto dalla mitologia e dalle Trachinie di Sofocle, la vicenda narra della non eroica fatica di Ercole di sedurre la bella Iole scatenando nell’ordine: la gelosia della consorte Deianira; l’angoscia del figlio Hyllo amante corrisposto di Iole; la vendetta dello spirito di Eutyro (Eurito in Sofocle) che ha ucciso e infine l’ira della dea Giunone protettrice degli amori coniugali.

Prologo. Cinzia (Artemide), il Tevere e un Coro di fiumi celebrano la gloria di Luigi XIV, la sua unione con l’infinita di Spagna Maria Teresa, la regina Anna reggente di Francia e la Gallia fortunata.
Atto I. Ercole, sposo di Deianira, ama la giovane Iole, di cui egli aveva ucciso il padre, Eutyro, che gliela aveva negata. Iole ama invece, riamata, il figlio di Ercole, Hyllo. A lenire l’amoroso tormento di Ercole interviene Venere, che, promettendogli il suo favore, lo esorta a invitare nel suo giardino Iole. Appare Giunone che vuol favorire invece l’amore dei due giovani.
Atto II. Scena d’amore tra Iole e Hyllo. Un Paggio le porta il messaggio di Ercole; Hyllo già è turbato dalla gelosia. Deianira è sconvolta dalla notizia dell’amore del suo sposo per Iole. Per raggiungere i suoi fini, Giunone chiede l’intervento del Sonno.
Atto III. Nel giardino sorge dalla terra, alla presenza di Venere, una seggiola magica. Incontro di Ercole e Iole, che sente per lui «un improvviso e involontario affetto». Lo straziato stupore di Hyllo rivela i suoi sentimenti al padre, il quale, reso mite dal suo corrisposto amore per Iole, si limita a cacciarlo. Appare allora Giunone con il Sonno, che addormenta Ercole. La dea invita Iole ad allontanarsi dalla seggiola incantata e la spinge ad uccidere il suo spasimante. Hyllo, tornato sulla scena, impedisce alla sua amata il folle gesto togliendole l’arma proprio nel momento in cui Ercole è svegliato da Mercurio con un colpo d’ala. Hyllo è minacciato di morte dal padre, ma Iole gli svela la verità. Ercole decide di farli morire insieme, ma Iole gli fa capire che egli può sperare ancora nel suo amore se Hyllo verrà risparmiato. Ercole la invita allora a ritornare al «patrio nido» e relega il figlio nella torre del mare. Scene di disperazione di Deianira e Hyllo.
Atto IV. Prigioniero, Hyllo apprende dal Paggio che Iole è costretta a unirsi a Ercole. Perduta ogni speranza, si getta nel mare, ma è salvato da Nettuno per l’intervento di Giunone. Iole visita la tomba di Eutyro al quale chiede il permesso di unirsi ad Ercole, ma l’ombra paterna si ritira, pronta a far valere contro Ercole la sua invisibile potenza. Intanto Deianira porta l’inesatta notizia della morte del figlio e Iole decide di porre fine ai suoi giorni. A Deianira viene suggerito da Licco, un araldo della sua casa, di fare indossare a Ercole una tunica intrisa con il filtro che centauro Nesso le aveva regalato, e che, secondo lo stesso Nesso, avrebbe avuto, nel bisogno, il potere di restituirle l’amore del marito.
Atto V. Euryto è riuscito a coinvolgere, nel suo disegno di far morire Ercole, altre ombre infernali già vittime dell’Alcide. Nella scena successiva (il portico di un Tempio consacrato a Giunone Pronuba), Iole porge a Ercole la magica tunica, che gli provoca «una pungente arsura» e lo fa rapidamente morire. Iole, Deianira, Hyllo, Licco non si attendevano quel tragico epilogo, e tutti ne sono profondamente addolorati. Ma appare improvvisamente Giunone con l’annuncio che Ercole non è morto, perché Giove l’ha unito con la Bellezza. Tutti esultano ed Ercole appare con la sua sposa nell’alto dei cieli.

Strano testo per celebrare un matrimonio! Nei divertenti documentari allegati come extra nei due dischi lo stesso regista si chiede se il cardinale Mazzarino avesse mai letto il libretto che non solo mette in burla gli amori di corte

… per questa corte ogn’or volare
si vede un sì gran numero d’amori,
che non abbiamo a fare,
che ne vengan di fuori.
Ama Hyllo Iole riamato, e l’ama
Ercole assai malvisto, ama Nicandro
Licori, e questa Oreste, e Oreste Olinda,
e Olinda, e Celia scaltre
aman le gemme, e l’oro,
e Niso, ed Alidoro aman cent’altre.

ma a più riprese si fa beffe dei vincoli matrimoniali. Ma il tema di fondo era l’invincibilità erculea del monarca francese e tanto bastò a renderla adatta alla bisogna.

La regia di Alden qui è meno irriverente di altre volte e si adatta con naturalezza allo spettacolo barocco fatto di sorpresa e meraviglia fino all’eccesso. Superlativi i costumi: nel prologo l’infanta Maria Teresa sembra uscita dal famoso quadro di Velázquez e Luigi XIV da quello di Rigaud, per poi assumere le fattezze di un Rambo ipertrofico quando veste le attillate brache di pelle, il giubbotto leopardato, la cintura da campione di wrestling e la catenona d’oro sui pettorali gonfi di un Ercole dal testosterone facile.

Non meno strepitosi sono i costumi (di Constance Hoffman) degli altri personaggi e colorate le scenografie di Paul Steinberg con gustosi particolari quali la statua d’oro di Giunone incombente sui personaggi, i pesci e l’attinia radiocomandati del quadro marino, le bare della scena agli inferi. Come nella prima rappresentazione sono state inserite le danze scritte da Lully, qui con le ironiche coreografie di Jonathan Lunn. Quest’opera sembra quindi celebrare il passaggio dal glorioso recitar cantando dell’opera italiana alla tragédie lyrique francese con il testimone che passa da Venezia a Parigi.

Nel ruolo del titolo Luca Pisaroni, aitante e autoironico, si conferma come l’eccelso basso-baritono che conoscevamo e tratteggia un Ercole ora eroico ora regalmente elegante, ora brutalmente arrogante ora lirico amante, sfoderando tutte le tinte della sua prodigiosa vocalità e dizione perfetta. La moglie Deianira è un’ottima Anna Maria Panzarella, dal timbro magnifico e dall’intensità interpretativa che ricorda la compianta Cathy Berberian – e non le si potrebbe fare complimento maggiore. La nobiltà della sua regalità offesa emerge con abbagliante evidenza nel suo lamento del quarto atto, scena altrettanto ammirabile del lamento della perduta Arianna monteverdiana. Anche il quartetto «Dall’occaso agl’Eoi» ha un profumo madrigalistico che sembra arrivare direttamente dai libri del maestro cremonese. Giunone glamour, nobilmente sdegnata, ma anche dea perfida è quella di Anna Bonitatibus, perfetta nei furori come nei lamenti lirici. Come Iole Veronica Cangemi conferma l’impressione avuta da altre sue interpretazioni: voce eterogenea nei vari registri, non perfetta dizione (diamine, non è argentina e quindi mezza italiana?) e una dose di affettazione, qui forse più tollerabile. Tra le voci maschili si confermano eccellenti interpreti Tim Mead e Umberto Chiummo, mentre riserve si possono avanzare per Jeremy Ovenden e Mark Tucker. Una sorpresa invece gli acuti e la presenza scenica di Marlin Miller, un Licco impertinente e libidinoso.

Sul podio un ispirato e instancabile Ivor Bolton magnificamente assecondato dagli strumentisti dello scintillante e duttile Concerto Köln ci fa dimenticare che sono oltre quattro ore di musica.