Il flop del primo Verdi comico
Nel 1840 sono passati 12 anni dall’ultima opera buffa di Rossini, quel riassemblaggio di musiche del Viaggio a Reims che è Il Conte Ory. Il 1840 è anche l’anno della Fille du régiment di un Donizetti ormai parigino.
Alla sua seconda esperienza lirica il giovane Verdi si presenta alla Scala con un libretto che Felice Romani aveva scritto nel lontano 1818 (e già intonato allora dal Gyrowetz per lo stesso teatro), molto tempo prima quindi della collaborazione del librettista con Bellini (Il pirata è del 1827) e scritto in un gusto teatrale che andava ormai tramontando. Il discreto successo della ripresa veneziana, con il titolo Il finto Stanislao, non bastò però a cancellare il clamoroso fiasco della prima, e unica, recita milanese. Il fallimento della sua opera buffa si aggiungeva al dolore provato dal musicista per la morte della moglie Margherita Barezzi scomparsa neanche tre mesi prima, per non parlare dei loro due figlioli morti negli anni precedenti. Ci vorrà lo straordinario successo del Nabucco nel 1842 per risollevare moralmente e finanziariamente il compositore.
Atto I. Nel castello del decaduto barone di Kelbar si fanno due sposalizi: quello di sua figlia Giulietta col tesoriere Della Rocca e quello della marchesa Del Poggio col conte Ivrea. Ospite di Kelbar è il re di Polonia, Stanislao alias il cavalier Belfiore, già fidanzato della marchesa, che si è prestato alla finzione per consentire al vero monarca di combattere i suoi nemici in incognito. Frattanto Edoardo, nipote spiantato del tesoriere e amante di Giulietta, è disperato e vuole arruolarsi sotto Stanislao.
Atto II. Edoardo confida ai servitori la sua tristezza. Il finto Stanislao concretizza l’offerta al tesoriere, che ha col barone un secondo litigio buffonesco. In separata sede, la marchesa Del Poggio e il sedicente re si affrontano in una serie di schermaglie. La donna pensa di riconoscere l’antico amante, ma Belfiore insiste nella finzione. Viene annunciato il conte Ivrea e l’imminente matrimonio della marchesa, mentre Edoardo si dispera con Giulietta perché, se anche lo zio rinunciasse a lei, egli dovrebbe arruolarsi comunque col re.
Ma è proprio così brutto questo melodramma giocoso? Se ci dimentichiamo dell’autore, vediamo in Un giorno di regno una gradevole commedia, ben costruita (1) e con personaggi giustamente caratterizzati. Il testo non è più strampalato di tanti altri e la musica, non raffinatissima ma comunque ben scritta, ricorda quella di Donizetti (spesso sembra di stare nel suo Don Pasquale) pur non avendone sempre la leggerezza e il brio anche se non mancano momenti più originali, come la baldanza del trio del primo atto in cui basterebbe cambiare alcune delle parole cantate da marchesa, Giulietta ed Edoardo
Noi siamo amanti e giovani,
abbiamo spirto e core;
se il fato è a noi contrario
è dalla nostra amor:
col suo favor combattere
si può col fato ancor.
per avere una scena “risorgimentale” al calor bianco degna del Verdi seconda maniera.
L’allestimento del Teatro Regio di Parma del gennaio 2010 è una ripresa della produzione bolognese di tredici anni prima con la regia funzionale, le scenografie architettoniche e gli eleganti costumi di Pier Luigi Pizzi. Il regista sembra voler omaggiare la città che lo ospita esibendo spesso prosciutti, culatelli e forme di parmigiano, ma la messa in scena è irrimediabilmente datata. Possibile poi che Pizzi non riesca a muovere le masse corali in maniera meno banale? Imbarazzati e imbarazzanti si rivelano gl’inutili interventi coreografici.
Vera protagonista della serata è la marchesa della Antonacci, di sicura presenza e sontuosa vocalità. Molto bene anche Paolo Bordogna, teatralmente imbattibile, dalla sicura vis comica e vocalmente ineccepibile. Voci acerbe, mancanza di personalità, intonazioni periclitanti, timbri fissi o vibrati fastidiosi e acuti gridati contraddistinguono invece le voci degli altri comprimari. Il temibile loggione parmense per una volta si dimostra piuttosto indulgente nei loro confronti.
La direzione di Donato Renzetti è sottotono soprattutto se la confrontiamo con quella di Benini del DVD Hardy Classic Video dell’allestimento del 1997. Anche il cast là è migliore (Paolo Coni, Cecilia Gasdia, Bruno Praticò tra gli interpreti), unico elemento di continuità essendo la Antonacci, là ancora più sexy nella scena del bagno (!?) e vocalmente più fresca.
La ripresa video di Tiziano Mancini per una volta non è eccellente (e il montaggio post-produzione non migliora il risultato, anzi). Voci in primo piano e mai coperte dall’orchestra.
(1) Struttura dell’opera:
Sinfonia
Atto I.
1 Introduzione: Coro Mai non rise un più bel dì (Coro); Duettino Tesoriere garbatissimo (Barone, Tesoriere); Scena Sua Maestà, signori (Delmonte, Coro, Cavaliere, Barone); Cavatina Compagnoni di Parigi (Cavaliere); Seguito dell’Introduzione Finché con voi soggiorno (Cavaliere); Stretta dell’Introduzione Verrà pur troppo il giorno (Cavaliere, Barone, Tesoriere, Delmonte, Coro)
2 Duetto Edoardo e Cavaliere: Recitativo secco Al doppio matrimonio (Barone, Cavaliere); Scena Sire, tremante io vengo (Edoardo, Cavaliere); Duetto Proverò che degno io sono (Edoardo, Cavaliere)
3 Cavatina Marchesa: Scena Oh, non m’hanno ingannata!… (Marchesa); Cavatina Grave a core innamorato (Marchesa); Cabaletta Se dêe cader la vedova (Marchesa)
4 Coro e Cavatina di Giulietta: Coro Sì festevole mattina (Coro)Cavatina Non san quant’io nel petto (Giulietta, Coro); Cabaletta Non vo’ quel vecchio (Giulietta, Coro)
5 Sestetto: Recitativo secco Ebben, Giulietta mia (Barone, Giulietta, Tesoriere); Quintetto Cara Giulia, alfin ti vedo (Edoardo, Giulietta, Barone, Cavaliere, Tesoriere); Tempo di mezzo Basta per or (Cavaliere, Tesoriere, Servo); Stretta del sestetto Madamine, il mio scudiere (Cavaliere, Marchesa, Barone, Tesoriere, Giulietta, Edoardo)
6 Terzetto: Recitativo secco In te, cugina, io spero (Giulietta, Edoardo, Marchesa)
7 Finale I: Recitativo secco Quanto diceste mostra un gran talento (Cavaliere, Tesoriere); Duetto buffo Diletto genero, a voi ne vengo (Barone, Tesoriere); Scena Tesorier! io creder voglio (Barone, Tesoriere, Giulietta, Marchesa, Edoardo, Servitori); Sestetto In qual punto il Re ci ha côlto! (Barone, Tesoriere, Marchesa, Giulietta, Edoardo, Cavaliere)
Atto II
8 Introduzione, Coro, Aria di Edoardo: Coro Ma le nozze non si fanno? (Coro); Scena Buoni amici!… voi sapete (Edoardo, Coro); Aria Pietoso al lungo pianto (Edoardo); Cabaletta Deh, lasciate a un’alma amante (Edoardo, Coro)
9 Duetto Barone e Tesoriere: Recitativo secco Bene, scudiero, io vi ritrovo in tempo (Cavaliere, Giulietta, Edoardo, Tesoriere); Scena Un mio castello! cinque mila scudi!… (Tesoriere, Barone); Duetto Tutte l’arme ella può prendere (Barone, Tesoriere)
10 Duetto Marchesa e Cavaliere: Duetto Ch’io non possa il ver comprendere? (Marchesa, Cavaliere); Tempo di mezzo Così sola, o Marchesina? (Cavaliere, Marchesa); Cabaletta Io so l’astuzia (Marchesa, Cavaliere)
11 Aria con Coro: Recitativo secco Nipote, in questo istante (Barone, Marchesa, Cavaliere); Scena Perché dunque non vien? (Marchesa); Aria Si mostri a chi l’adora (Marchesa); Tempo di mezzo Ma voi tacete, o sire? (Marchesa, Cavaliere); Cabaletta Sì, scordar saprò l’infido (Marchesa, Cavaliere, Coro)
12 Recitativo e Duetto di Edoardo e Giulietta: Scena Oh me felice appieno! (Giulietta, Edoardo); Duetto Giurai seguirlo in campo (Edoardo, Giulietta); Tempo di mezzo Rifletti almen… (Edoardo, Giulietta); Cabaletta Corro al re: saprò difendere (Giulietta, Edoardo)
13 Settimino: Recitativo secco Sì, caro Conte! la Marchesa istessa (Barone, Marchesa, Conte); Settimino A tal colpo preparata (Marchesa, Cavaliere, Barone, Giulietta, Tesoriere, Edoardo, Conte)
14 Finale II: Scena Sire, venne in quest’istante (Tutti); Stretta del Finale Eh! facciam da buoni amici (Tutti)
⸫
- Un giorno di regno, Hopkins/Alden, Wormsley, 5 luglio 2025
⸪
