Čert a Káča (Il diavolo e Caterina)

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Antonín Dvořák, Čert a Káča (Il diavolo e Caterina)

★★★☆☆

Praga, Národní Divadlo, 21 dicembre 2011

(registrazione video)

L’opera di Dvořák è del 1899, dopo il rientro quindi dalla fortunata tournée negli Stati Uniti, e precede di due anni la Rusalka. Qui però il tono fiabesco del libretto, di Adolf Wenig, verte al comico e il testo diventa un canto di conversazione in cui la prosodia musicale aderisce intimamente al parlato – come avveniva in quegli stessi anni con Janáček, il quale cercava inutilmente di mettere in scena la sua Jenůfa che debutterà infatti pochi mesi prima della morte di Dvořák il quale aveva molto apprezzato Šárka, la prima opera del collega moravo.

La bisbetica Caterina è lo zimbello del paese: tutti la prendono in giro e nessuna la invita a ballare, nonostante lei ne abbia una voglia pazza, tanto che ballerebbe anche col diavolo. Detto fatto, ecco che il diavolo Marbuel compare nelle vesti di un cacciatore e non solo la fa ballare, ma la convince a seguirla nel suo «lontano castello rosso, spazioso, luminoso, ben riscaldato; tutti quelli che sono venuti non sono mai andati via!». Li segue il pastore Jirka: lui al diavolo ci è stato mandato dal suo padrone.

Nel secondo atto ci trasferiamo dunque all’inferno, un inferno che coi suoi galop e le sue polke non è molto lontano da quello di Offenbach. Diavoli giocano a carte cantando un allegro motivetto: «Viva l’oro poderoso corruttore delle anime! Quelle da lui accecate vanno all’inferno» e aspettano l’arrivo di Marbuel con le notizie del signore crudele e della principessa malvagia che tutti vogliono mandare al diavolo. Invece questi si presenta con l’insopportabile Caterina, talmente lagnosa da rendergli la vita… un inferno. Neanche Lucifero non ne può più ed è solo con lo stratagemma di un ballo con il pastore Jirka che si riesce a portar fuori la bisbetica non domata e rimandarla a casa. «Quello che non è riuscito a fare l’inferno intero, l’ha fatto la musica» è il commento del diavolo Marbuel.

Nel terzo atto facciamo finalmente la conoscenza della perfida principessa. Nel suo castello è in preda ai rimorsi per il male commesso e teme per l’arrivo del diavolo. Ancora una volta è il pastore Jirka a risolvere la situazione: se la principessa, come prova del suo pentimento, annuncerà l’abolizione della schiavitù nei suoi feudi, verrà salvata. E così è e quando il diavolo arriva, trovandosi nuovamente davanti Caterina, fugge a gambe levate. Nel finale festoso chissà che Caterina non abbia trovato nel pastore chi la saprà domare.

Il vivace allestimento del Národní Divadlo (Teatro Nazionale) di Praga registrato dalla Čt2, canale televisivo ceco, con i suoi estrosi costumi, le scenografie da libro illustrato per ragazzi e le bestie telecomandate è l’unico documento visivo – e disponibile in rete – di questo delizioso lavoro che a pieno diritto potrebbe entrare nella programmazione dei teatri al di fuori della Repubblica Ceca, ricco com’è di danze e melodie popolari restituite con quella ricchezza strumentale che apprezziamo nei lavori sinfonici di Dvořák. Purtroppo qui gli interpreti non sono vocalmente al livello di quelli della bella incisione Supraphon del 1979 diretta da Jiři Pinkas o di quelle più recenti di Zdeněk Chalabala e Gerd Albrecht. Qui abbiamo la direzione di Jan Chalupecký, la regia di Marián Chudovský e le scene e i costumi di Adolf Born.