Don Giovanni

Wolfgang Amadeus Mozart, Don Giovanni

★★★☆☆

Aix-en-Provence, Théâtre de l’Archevêché, 10 luglio 2017

(live streaming)

Cherubino è cresciuto: ora è diventato Don Giovanni

Già visto non so quante volte, anche nella sua Traviata sempre qui ad Aix nel 2011: mentre gli spettatori prendono posto, sul palco spoglio i giovani interpreti si preparano, si truccano, gli abiti sono di tutti i giorni e qualche lampadina colorata, un lenzuolo, due cuscini sono gli unici elementi visibili in scena. Il fondo è il solito muro sbrecciato. Ma chi sarà Don Giovanni? Quel biondino che sta scrutando il pubblico forse per scovare nuove conquiste? E Leporello? Quello bruno con la barba?

«Non sperar se non m’uccidi…» canta Donn’Anna e il dramma (giocoso) inizia. Sembra un saggio di fine anno all’aperto e quelli che hanno fatto tanti chilometri e speso €270 per un biglietto (€359 con bicchiere di champagne, programma e cuscino…) più pernottamento, incominciano a preoccuparsi. Con l’arrivo di Donna Elvira i personaggi vestono costumi d’epoca e le luci diventano più gradevoli (lampadine colorate in vetro di Murano ideate da Philippe Bertomé), con sollievo dei suddetti spettatori. Ma poi tutto ritornerà agli abiti moderni nel finale. Anche questo già visto.

Coprodotto col Comunale di Bologna, l’allestimento di Jean-François Sivadier sembra voler rimediare al Don Giovanni di Černjakov di qualche anno fa che aveva tanto turbato il pubblico del festival: questo suo Don Giovanni è infatti rock, ammiccante, giovane, “à la bonne franquette” si dice qua, comprensibile e piace, quasi a tutti.

Il palcoscenico rimarrà sempre vuoto, qualche telo in saliscendi, qualche sedia. Sono le luci a fare la maggior parte del gioco. Grandi rincorse, salti, piroette, nascondini, abbracci e toccamenti, scambi di parrucche e giacche – ma Donna Anna non si toglierà mai quella presa all’assassino di suo padre. Spesso in scena ci sarà la cameriera di Donna Elvira, oggetto di concupiscenza non solo di Don Giovanni ma anche di Leporello, che la “assaggia” nell’ultima scena («Non mi lascia una flussione | le parole profferir»). Sul muro qualcuno scrive la parola LIBERTÀ in rosso usando una croce di legno per la lettera T, mentre qualcun altro per tutto l’intervallo vi scalpella una nicchia per la statua del Commendatore – una replica de Il mantello della coscienza, la statua in marmo di Carrara di Anna Chromý la cui versione in bronzo col titolo Il Commendatore sta di fronte allo Stavovské Divadlo di Praga, il teatro in cui è stato presentato il Don Giovanni nel 1787. Tout se tient.

Le maschere sono disegnate sui volti quando questi non sono sporchi di sangue e i costumi disegnati da Virginie Gervaise sembrano usciti da una tela di Goya. Nella scena finale il Commendatore sbuffa come una locomotiva a vapore e cerca inutilmente di portare via con sé Don Giovanni che resta invece in scena nudo come un Cristo che alla fine, mentre gli altri personaggi indietreggiano sul fondo, avanza solo al proscenio spavaldo.

Don Giovanni qui è un Cherubino cresciuto in fretta e ha l’esile e giovanile figura di Philippe Sly. Il baritono canadese aveva partecipato alla produzione “coreografata” del Così fan tutte della Keersmaeker a Parigi e qui apporta quella sua esperienza nell’agilità e iper-vitalismo che dimostra sul palco. La sua presenza scenica non è accompagnata però da un’analoga presenza vocale, si dimostra affaticato e se è piacevole nei toni suadenti della voce sussurrata nella serenata, meno efficace è nei recitativi in cui indulge troppo nel parlato e dove la dizione lascia a desiderare, o negli scoppi delle sue fulminee arie. Vero è che era stata annunciata una sua indisposizione.

Dalla stessa produzione di Così fan tutte arriva anche Nahuel di Pierro, Leporello tradizionale e di bella voce (chi vuole può ascoltarlo in un genere ben diverso, un Winterreise schubertiano da poco pubblicato su CD).

Eccellente il comparto femminile: Eleonora Buratto (grande Contessa nelle Nozze di Amsterdam) è una Donna Anna di nobile tragicità; le furie appassionate di Donna Elvira trovano in Isabel Leonard un’eccellente e commovente interprete; Zerlina di grande qualità è quella di Julie Fuchs, non soubrette ma donna, finalmente. Pavol Breslik è anche lui impacciato nei recitativi (la parte più difficile delle opere di Mozart!) e dà il meglio nelle espansioni liriche di un canto di grande stile ed eleganza. Il Masetto di Krzysztof Bączyk e il Commendatore, giovane ma autorevole, di David Leigh completano degnamente il cast vocale.

A tenere le fila del discorso musicale c’è il maestro Jérémie Rhorer alla testa del suo Cercle d’Harmonie con cui legge in maniera molto originale e persuasiva la partitura. Le esplosioni di sonorità non sono mai esagerate, i ritmi mai precipitosi, ma il finale sotto le sue mani ha una drammaticità che raramente si è udita, grazie anche al suono degli strumenti d’epoca. L’accompagnamento è sempre rispettoso delle voci, la concertazione precisa.

Se non fosse per la musica che dà coesione al tutto, quello che vediamo in scena rimarrebbe piuttosto confuso, frammentato. I momenti non ben riusciti (il festino finale ad esempio) si affiancano a quelli più felici e manca una visione globale e definita, soprattutto del personaggio del titolo. Uscendo dal cortile dell’Archevêché molti spettatori si saranno chiesti chi sia veramente questo Don Giovanni.