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Franz Schreker, Der singende Teufel
Bonn, Stadttheater, 19 maggio 2023
(video streaming)
Un Parsifal infelice
L’arcano e magico potere della musica sembra il tema ricorrente delle opere di Franz Schreker: Der ferne Klang (1912), Das Spielwerk und die Prinzessin (1913) poi Der singende Teufel, lavoro iniziato nel 1924, ispirato al testo di Heinrich von Kleist Die heilige Cäcilie oder die Gewalt der Musik (Santa Cecilia e il potere della musica) e originariamente intitolato Die Orgel (L’organo) su libretto del compositore stesso.
Fino agli anni ’20 Franz Schreker è stato l’unico compositore d’opera nel mondo di lingua tedesca le cui esecuzione fossero in grado di tenere il passo con quelle di Richard Strauss. Schreker era uno dei preferiti dalla critica, ma questo status iniziò a sgretolarsi con la prima di Irrelohe a Colonia nel 1924 quando la critica cambiò opinione senza che Schreker avesse deviato dalla strada che aveva percorso e per la quale era sempre stato acclamato. In quell’anno i nazionalsocialisti, sempre più potenti, gli si rivoltarono contro. Le condizioni non potevano essere peggiori quando il 10 dicembre 1928 Der singende Teufel fu rappresentato all’Opera di Stato di Berlino sotto la direzione musicale di Erich Kleiber. Disturbatori di chiara matrice nazista disturbarono la prima dell’opera, ma non riuscirono a impedirne il successo, almeno presso il pubblico. La critica gli fu invece contro e altri teatri, tra cui Breslau, Praga, Monaco di Baviera e Francoforte, abbandonarono i loro piani di mettere in scena l’opera. Solo due ulteriori produzioni ebbero luogo durante la vita del compositore: a Wiesbaden (1929) e a Stettin (1930). Dal 1933 in poi, le sue opere non poterono più essere eseguite in Germania e scomparvero anche dal repertorio internazionale. Solo molto lentamente, a partire da alcune produzioni radiofoniche tra gli anni ’40 e ’60, Franz Schreker tornò alla coscienza pubblica e sul palcoscenico dell’opera. Nonostante questa rinascita, tuttavia, Der singende Teufel nella sua forma originale è rimasto nell’ombra fino ad oggi.
Atto I. La stanza di Amandus. Amandus ha costruito con successo un piccolo organo. Padre Kaleidos pensa che questo sia il momento giusto per convincere Amandus a completare la costruzione dell’organo gigante che suo padre aveva iniziato. Sconvolto dalla proposta, Amandus chiede tempo per riflettere, poiché ha scoperto che suo padre non è riuscito a completare l’organo a causa del progredire della follia e della successiva morte per incendio. Grotta della sacerdotessa Alardis. I pagani cercano la fanciulla più bella per il rito di primavera: Lilian viene scelta per consacrarsi a colui che guiderà i pagani contro i chierici cristiani. Notte. Lilian cerca invano di conquistare Amandus come capo dei pagani.
Atto II. L’ex laboratorio del padre di Amandus. Tormentato dal fatto di non essere riuscito a terminare il lavoro sull’organo gigante, Amandus rifiuta tuttavia di accettare il sostegno di Kaleidos. Quando Amandus sente i primi rumori dei riti pagani, si precipita fuori per seguire la processione pagana. Notte di luna ai margini della foresta: Alla festa del solstizio, Alardis proclama una religione della natura e deride i sacerdoti cristiani. Mentre la gente si scatena, Amandus cerca di portare via Lilian da questo luogo, ma la folla inizia a prendersi gioco di lui. Un cavaliere di nome Sinbrand lo sopraffà in duello, lo fa legare e rapisce Lilian. Padre Kaleidos trova Amandus e lo riporta al monastero dove diventa monaco.
Atto III, Chiostro del monastero. Amandus ha finalmente completato l’organo. Tuttavia, Kaleidos non gli concede la pace: ora deve usare l’organo per sopraffare i pagani saccheggiatori con l’aiuto della parola di Dio. Giardino del monastero. Lilian, segnata dalla terribile esperienza di essere prigioniera di Sinbrand, avverte Amandus dell’imminente attacco pagano. In preda al panico, Amandus chiama a raccolta i monaci per difendere il monastero. Amando ha la visione che il suono dell’organo terrà lontana la folla impazzita. All’inizio la visione di Amandus si avvera, ma poi le nuove “dolci” canne del suo organo si guastano. La sua musica si interrompe in accordi dissonanti e la folla prende d’assalto il monastero in preda a una rabbia distruttiva.
Atto IV. Radura della foresta fuori dalla grotta di Alardis, quattro settimane dopo. Lilian aiuta Amandus a riprendersi. Un pellegrino moresco gli fa visita per chiedere aiuto per il suo organetto rotto. Lilian non vuole che il pellegrino veda Amandus. Infatti, non appena Amandus vede l’organetto, i ricordi del lavoro fallito di una vita si risvegliano con terribile forza. Per liberare il suo amante da questo peso, Lilian vede solo una via d’uscita: distruggere l’oggetto che lo riempie di orrore tormentoso. Si allontana in fretta. Ben presto Amandus apprende la notizia sconvolgente che Lilian ha dato fuoco al monastero e che tra le fiamme l’organo incandescente ha iniziato a produrre delicati suoni celestiali. Piazza davanti al monastero incendiato. Amandus incontra Lilian, che ora è trasfigurata e sbocciata in bellezza. Sapendo di essere riuscita a rompere l’incantesimo su Amandus, crolla a terra morta.
Nella vicenda non si sviluppa tanto una trama quanto una serie di situazioni (la costruzione dell’organo, i preparativi del sabba pagano, la guerra tra i pagani e i monaci, la lotta interiore di Amandus) che si incentrano sui tre personaggi principali Amandus, Kaleidos e Lilian, che potrebbero essere messi in parallelo con i wagneriani Parsifal, Klingsor e Kundry. Decisamente antiwagneriana è però la musica, con uno stile brutalistico che nel corso dell’opera lascia il passo a qualche tentativo melodico. Oltre alla politica, c’era lo Zeitgeist musicale che si allontanava dal tardo romanticismo di cui Schreker si era fatto portavoce fin dal clamoroso successo di Der ferne Klang. La musica del nuovo lavoro appariva ostica ai fan di Schreker; l’eros e la dolcezza qui avevano ceduto il passo a un contrappunto rigoroso e a uno stato d’animo parsifaliano di rinuncia. Nella partitura sorprendente è la forza dirompente dell’organo quando il suo suono sfugge di mano e scatena la folla.
La prima produzione in tempi moderni di Der singende Teufel è stata quella dell’Opera di Bielefeld nel 1989. Ora l’Opera di Bonn lo affida alla regista Julia Burbach che così ha dichiarato: «A prima vista, il libretto contiene un conflitto tra due religioni e ci troviamo in un contesto medievale. Tuttavia, un conflitto tra due gruppi religiosi è sempre presente in qualsiasi periodo storico. Ho voluto trovare un’astrazione per portare la storia fuori dal Medioevo e creare una cornice in cui due forze antagoniste semplicemente si scontrano. Inoltre, associo il protagonista Amandus in modo molto specifico a Franz Schreker, artista e uomo di origini ebraiche che si è trovato all’interno di un conflitto politico del suo tempo vivendo in un mondo in cui alla fine ha perso tutto, passando dall’essere un celebre compositore a un artista espulso, perseguitato e dimenticato. Franz Schreker ha “fallito” come artista ebreo a causa delle circostanze politiche. Der singende Teufel ha molto a che fare con la vita del compositore stesso, che si è trovato tra contraddizioni e forze esterne. Così come l’organo è strumentalizzato nel brano come un’arma, lo stesso vale per un’opera d’arte in generale, in questo caso per le opere di Schreker. Non appena l’opera è terminata, si formano opinioni, viene criticata, viene usata e abusata, sviluppa una vita propria e in un certo senso sfugge al controllo del suo autore».
La messa in scena della Burbach è attenta ai personaggi più che all’ambientazione, risolta con l’impianto scenografico altamente estetico di Dirk Hofacker. Le maschere dei pagani che praticano il loro culto solstiziale intorno alla loro sacerdotessa Alardis vestita con una veste fluente, sono il principale riferimento al Medioevo fornito da Schreker e gli abiti indossati dai coristi e dai sette ballerini coreografati da Cameron McMillan ricordano lontanamente l’immagine medievale del personale infernale presente in varie illustrazioni. I personaggi sono posizionati su una sorta di roccia stilizzata, con i pagani in bianco in netto contrasto con le vesti scure dei fratelli del monastero.
La realizzazione musicale è affidata a Dirk Kaftan che si rivela attento a rendere con chiarezza la complessità di questa scrittura anche nei momenti di più violenta contrapposizione tra la dimessa spiritualità dei monaci e la conturbante e primitiva sensualità dei pagani. Il risultato è ottenuto grazie all’ottima interpretazione degli strumentisti della Beethoven Orchester.
Mirko Roschkowski nel ruolo di Amandus e Anne-Fleur Werner in quello di Lilian esprimono efficacemente il loro tumulto interiore, tenendo testa all’opulenza della grande orchestra. Anche il resto dell’ensemble, il coro potenziato e il corpo di ballo danno il loro contributo a una produzione che non convince però pienamente: molti sono gli spunti offerti da questo lavoro di Schreker ma pochi sono colti dalla regista. Qui ci sarebbe voluta una personalità più forte, come Guth o Kratzer.
La produzione fa parte del progetto “Fokus 33” con cui il teatro di Bonn si impegna a recuperare lavori musicali segnati dall’avvento del Nazismo. Un impegno che la prossima stagione continuerà con Li-Tai-Pe di Clemens von Franckenstein, Moses und Aron di Arnold Schönberg e Columbus di Werner Egk.
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