Die Walküre

Richard Wagner, Die Walküre

Bruxelles, Théâtre Royal de la Monnaie, 6 febbraio 2024

★★★★☆

(video streaming)

Un mondo visivo di grande impatto per la Walküre di Castellucci

Seconda puntata wagneriana per Castellucci alla Monnaie. Dopo il prologo del Rheingold, la prima giornata del Ring cojnferma l’approccio originale del regista marchigiano, più apprezzato all’estero che in patria.

Se il Rheingold era finito con l’ascesa degli dèi al Valhalla, Die Walküre inizia con un mortale in lotta con gli elementi: contro un telo traslucido vediamo una figura umana sbattuta dalla tempesta per poi trovare rifugio nella tana del suo nemico. Sì, tana e non casa, nonostante la presenza di arredi semoventi (tra cui un frigorifero e un confessionale…) che schiacciano i personaggi: Castellucci sottolinea l’animalità dei protagonisti di questa sordida storia familiare portando sulla scena un cane, una dozzina di colombe bianche e otto sontuosi cavalli neri. Questi ultimi accompagnano sempre le sorelle di Brünnhilde, per lui le Valchirie sono a metà strada tra esseri divini e animali in divenire e non è senza significato che le Valchirie si presentino con un canto le cui parole non appartengono al linguaggio umano. Le colombe, bianche come Fricka vestita da sposa e come i suoi cloni, sono gli animali difensori del matrimonio, dei legami di sangue e dei principi inattaccabili della famiglia, ma man mano che il discorso della moglie di Wotan si indurisce e aumenta la sua influenza sul marito, le colombe, che molto ben addestrate si posavano sulla sua mano all’inizio, vengono catturate, strangolate e massacrate da Fricka. E infine, il cane, il cane di Hunding, un enorme cagnone nero, misterioso e minaccioso che appare all’inizio annusando dappertutto, un alter ego del padrone il quale inghiotte la sua zuppa come un animale la pappa nella sua ciotola e ne sputa metà. Quando Wotan manda Hunding all’inferno, vediamo il cane impiccato mentre cala il sipario sul secondo atto.

Come sempre le immagini scelte dal regista non sono mai senza significato, anche se talora si fa fatica a scoprirlo, come quando i due gemelli invece che dallo stesso recipiente, un corno che Sieglinde ha riempito di idromele, bevono da tubi trasparenti, forse i cordoni ombelicali della stessa madre? Coperti di sangue, come i corpicini di due neonati, termineranno poi assieme il primo atto. Sulla figura perdente di Wotan gettano una certa ombra le bandiere del suo seguito, ognuna con una lettera e formanti la parola IDIOT…

Nelle produzioni di Castellucci c’è la necessità di mostrare il corpo nella sua verità, anche se ciò significa nudità: in questo caso è il cumulo di cadaveri degli sfortunati eroi del Valhalla. Ma anche per Castellucci viene il momento in cui le immagini si devono mettere da parte: il toccante duetto padre-figlia avviene nel vuoto di una struttura luminosissima e nient’altro. L’unica immagine, nel silenzio dopo l’ultimo ondeggiante accordo, è quello di un cerchio di fuoco che riprende la figura dell’anello del Rheingold.

Questa seconda opera della Tetralogia è nel complesso meno convincente della prima e ciò è dovuto all’insieme vocale. Due sono i protagonisti presenti in autunno che tornano in scena ora. Il basso-baritono ungherese Gábor Bretz, giovane come il Wotan nella prima parte, conferma le qualità vocali consistenti in una gamma omogenea, una bella presenza scenica e un’efficace interpretazione che fanno apprezzare il suo monologo del secondo atto con belle mezze voci. Nel duetto finale con Brünnhilde è sembrato invece quasi esaurito dal peso di un ruolo titanico. Un altro ritorno è quello di Marie-Nicole Lemieux nel ruolo di Fricka, convincente per l’energia che dispiega dalle profondità della gamma alle sue vette e per la vivacità dei suoi interventi.

Il ruolo del titolo è interpretato dalla svedese Ingela Brimberg, una Brünnhilde travolgente che dimostra una resistenza incrollabile, in particolare nel finale dove surclassa il partner. Eccellenti sono anche le otto sorelle di Brünnhilde. Giustamente minaccioso il basso Ante Jerkunica, Hunding, mentre deludenti si sino rivelati i gemelli: né la Sieglinde di Nadja Stefanoff né il Siegmund di Peter Wedd hanno potuto competere con il resto del cast, trovandosi più volte in difficoltà. La partitura è resa con molta intelligenza da Alain Altinoglu che tiene alto il senso drammatico e porta l’orchestra in primo piano nei meravigliosi preludi.