Suor Angelica

Giacomo Puccini, Suor Angelica

Alessandria, Palazzo Cuttica, 10 settembre 2024

La solitudine di Suor Angelica

Non poteva mancare all’appuntamento delle celebrazioni pucciniane il Conservatorio Vivaldi di Alessandria, che per Scatola Sonora ripropone la Suor Angelica di nove anni fa ambientata nel cortile di Palazzo Cuttica nelle stesse ore e nella luce vera del tramonto in cui si snoda la vicenda narrata nel libretto di Forzano. L’operazione fa parte del progetto “Casta Diva” finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del progetto NextGenerationEU il cui obiettivo principale è «promuovere il patrimonio culturale artistico e musicale italiano all’estero attraverso la creazione di un hub digitale multilingue che compili i risultati – di natura scientifica, ipertestuale e multimediale – delle attività collaborative di produzione artistica e di ricerca svolte dalle istituzioni partner sui temi specifici legati alle figure femminili nel teatro musicale italiano». 

L’orchestra sinfonica e il coro del Conservatorio alessandrino diretti da Marcello Rota e Luca Scaccabarozzi rispettivamente, assieme al coro di voci bianche istruito da Roberto Berzero che ascoltiamo nel grandioso finale, danno vita musicale allo sportello centrale del Trittico, quello più amato dal compositore. Penultimo lavoro per il teatro di Puccini, in questa partitura, e in quella della Turandot successiva, nell’estremo periodo della sua carriera creativa dimostra la sua straordinaria abilità di orchestratore a fianco della sua irraggiungibile vena melodica, Puccini riesce a essere un eccezionale narratore in musica, affidando agli strumenti non un mero ruolo di accompagnamento, ma facendoli diventare  elementi di propulsione dell’azione o di definizione ambientale. Con pochi tocchi – campane, celesta, archi – riesce all’inizio e dipingere l’atmosfera al contempo serena e claustrofobica del monastero mentre il raggio di sole che per tre sole sere rende «la fontana d’oro» o il belato dell’agnellino desiderato da suor Genovieffa si ritrovano chiaramente nell’orchestra che qui è schierata sulla sinistra allo stesso livello dei cantanti. Vero e proprio personaggio a sé, in cui gli allievi del conservatorio hanno modo di dimostrare la loro matura esperienza interpretativa sviluppando un fraseggio legato e fluido e una tavolozza di colori che si adattano a quanto avviene in scena. Ecco quindi il cambio di atmosfera all’ingresso della Zia Principessa, l’intreccio polifonico del canto di conversazione delle suore, l’abbagliante finale. Il suono pulito, gli attacchi precisi, le agogiche sempre efficaci sono il risultato di un lavoro continuo e appassionato che molte orchestre, ben più blasonate, non sempre dimostrano nella loro normale routine. Qui si sente invece l’eccezionalità e l’entusiasmo del momento.

Più che nelle eccellenze individuali, è nel gioco di squadra delle voci che vive un’opera come Suor Angelica e anche qui il lavoro fatto con le giovani e meno giovani cantanti, è evidente. Tutte hanno quel quid che le contraddistingue: il timbro sontuoso e imponente della Badessa di Zhai Ziyi; la freschezza della suora zelatrice di Chiara Sorce; la commovente partecipazione della suor Genovieffa di Anita Maiocco così come la sicura presenza di Lilia Gamberini, maestra delle novizie. Folto il numero di cantanti dall’estremo oriente come Lei Min (suor Osmina), YiQuing Sun (suor Dolcina), Jin Zhang (suora infermiera) o italiane: Angelica Lapadula (suor Lucilla), Valentina Escobar (conversa), Giada Ghiglino (cercatrice) e poi tutte le altre il cui nome si può leggere sul programma. 

Però due personaggi che si staccano nettamente dallo sfondo ci sono: suor Angelica, ovviamente, e la zia principessa. Nella parte del titolo il 10 settembre si è potuta ammirare Anna Scolaro che ha dato vita al suo personaggio con grande sensibilità e sicuri mezzi vocali in un ruolo estenuante soprattutto nella seconda parte. Il giovane soprano laureato a pieni voti al “Vivaldi”, dopo il jazz ha indirizzato i suoi studi sul canto lirico con grande profitto e innegabile temperamento. Nelle successive riprese in questa stessa parte si ascolteranno le voci di Alexandra Ivchenko e Zhao Huan. Anche la zia Principessa ha trovato nel contralto Gloria Senesi interprete autorevole e bella presenza scenica.

La componente visiva dello spettacolo è affidata come sempre a Luca Valentino che dà una lettura lineare ma intensa della vicenda che ambienta negli anni ’20 del secolo scorso – lo scopriamo dall’outfit della zia principessa e dall’automobile con cui arriva. Della povertà di mezzi riservati a queste produzioni Valentino fa tesoro e in queste limitazioni riesce a dare il meglio. La scenografia dunque è quella del cortile di Palazzo Cuttica, sede del Conservatorio, trasformato in un chiostro immerso nella luce vespertina. Da sotto le arcate a destra arrivano i canti dalla chiesa, in mezzo un pesante portone isola il monastero dal resto del mondo. Si aprirà solo per far entrare la zia Principessa scesa da una FIAT 514 con l’autista che porta i fogli da far firmare all’infelice giovane.

Piccoli tocchi ci fanno riconoscere le diverse personalità delle suore, indistinguibili altrimenti per la tunica bianca, o nera per la Badessa, che indossano. Solo suor Angelica ha in più un grezzo grembiule per il lavoro con le erbe. Sul pavimento di ghiaia del cortile le bianche figure formano semicerchi, si raggruppano in modo vario, ma il più delle volte sono figure isolate che sottolineano la solitudine di questi esseri strappati dal mondo e rinchiusi, spesso contro la loro volontà: sono gli innumerevoli casi di “monacazione forzata” con cui in passato ci si sbarazzava delle donne per questioni ereditarie o politiche. 

Dal gruppo di suore si stacca la figura di suor Angelica con la sua dolorosa vicenda: rinchiusa per un “peccato d’amore”, ma soprattutto per questioni di patrimonio dalla famiglia principesca, nella reclusione le viene impedito di vedere il figlio di cui apprende la morte. Negli ultimi momenti di vita in seguito all’assunzione di una pozione di erbe velenose, pentita per l’atto compiuto si rivolge alla Madonna chiedendo un ultimo segno di grazia e «vede il miracolo compiersi: la chiesetta sfolgora di mistica luce, la porta si apre: apparisce la Regina del conforto, solenne, dolcissima e, avanti a Lei, un bimbo biondo, tutto bianco…», come dicono le didascalie del libretto. Fortunatamente il regista ci risparmia l’apparizione mariana: dall’androne inondato di luce esce un bambinetto che prima porta un agnellino di peluche a suor Genovieffa e poi tende la mano alla mamma, suor Angelica morente a terra. E così termina l’opera.

Ma il momento di più intensa commozione dello spettacolo di Luca Valentino è quello durante la pagina puramente orchestrale, quando la notte scende sul chiostro e si illuminano le stanze delle sorelle che nella solitudine della propria cella si riappropriano della loro individualità e del loro essere femminile. Ed ecco allora chi si pettina i capelli, chi legge un libro, chi fuma una peccaminosa sigaretta, chi brucia una lettera appena arrivata, chi cerca calore umano fra le braccia di una consorella. È il momento magico che rimane nella mente mentre si lascia il cortile di Palazzo Cuttica dopo i calorosi e grati applausi del pubblico.