foto @ Vincent Pontet
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Antonio Vivaldi, L’Olimpiade
Parigi, Théâtre des Champs Élysées, 23 giugno 2024
(video streaming)
Olimpiade a Parigi, quella di Vivaldi però
Un mese prima dell’apertura dei Giochi Olimpici a Parigi, il Théâtre des Champs Elysées mette in scena quell’Olimpiade di Vivaldi che era stata qui eseguita in forma di concerto nel febbraio 2022.
Nonostante il titolo non si tratta di un’opera sullo sport, ma sull’amicizia e le vicissitudini dell’amore. Vi si racconta di come Licida, salvata la vita a Megacle che da allora è diventato suo amico “per la vita e per la morte”, è promesso ad Argene ma è infatuato della principessa Aristea, senza sapere che il suo amico Megacle è innamorato di lei. Poiché il padre della ragazza l’ha promessa al vincitore dei Giochi Olimpici, Licida, di scarse attitudini sportive, chiede a Megacle di prendere il suo posto nelle gare, fingendo di essere lui. Questo mette in contrasto l’amico e crea una situazione complessa che richiede ben tre ore per essere risolta.
Le più di cento versioni a stampa de L’Olimpiade dimostrano la popolarità del libretto di Metastasio e tra i quasi sessanta compositori che hanno intonato il testo non poteva mancare Antonio Vivaldi che, dopo Antonio Caldara l’anno prima, la mette in scena il 17 febbraio 1734. L’autografo vivaldiano si trova, come tanti altri, alla Biblioteca Nazionale di Torino nella collezione del fondo Foà. Si tratta di una partitura chiara e curata, con pochissimi errori, forse la bella copia destinata da Vivaldi al copista, con solo qualche correzione nell’aria di Megacle «Se cerca, se dice». Sembra che la voce di basso inizialmente prevista per Aminta fosse poi destinata alla parte di Alcandro in questa nuova distribuzione e questo spiega le due arie aggiunte, non presenti nell’originale metastasiano, così da bilanciare nel numero quelle di Aminta e quelle di Alcandro. Il testo di alcune arie è modificato rispetto all’originale metastasiano, ma rari sono in questo lavoro i casi di autoimprestito. Trama e struttura sono le stesse dell’Olimpiade di Pergolesi.
L’ambientazione scelta dal regista Emmanuel Daumas è quella di una palestra, ricostruita nella scenografia di Alban Ho Van, dove si allenano cinque sportivi che con le loro acrobazie rubano la scena ai cantanti come nel caso di Quentin Signori, che con la sua esibizione al filo suscita più applausi di Aristea che canta «Sta piangendo la tortorella» o la break-dance di Orlinsky quando Argene intona «Per que’ tanti suoi sospiri». Gli ironici e geniali movimenti coreografici di Raphaëlle Delaunay, i costumi di Marie La Rocca e le parrucche, i maquillages e le maschere di Cécile Kretschmar danno un ilare tocco offenbachiano a questo dramma metastasiano e con la sua frizzante messa in scena Daumas rende bene lo spirito di meraviglia dell’opera barocca introducendo toni irriverenti e spassosi.
Lo stesso Jean-Christophe Spinosi, che l’aveva diretta in forma di concerto due anni fa, ritorna alla guida dell’Ensemble Matheus per esaltare i tempi e prendersi la libertà di far accompagnare dal violoncello solo l’aria «Sciagurato in braccio a morte» di Alcandro, far cantare a Megacle il finale «Viva il figlio delinquente» a cappella e aggiungere tocchi musicali moderni. A questo approccio inconsueto e frizzante si adattano gli interpreti, soprattutto Jakub Józef Orliński che permea il personaggio di Licida della sua esuberante personalità fatta di agilità vocali e di movimenti di break-dance eseguiti mentre continua a cantare! Se Angela Zanacchi, virtuosa di S.A. d’Armstat era stata ammirata alla prima del Teatro veneziano di Sant’Angelo, qui sulle tavole del TCE sono le acrobazie del controtenore polacco a suscitare i maggiori applausi. Ma di Orliński si apprezzano anche le doti espressive nella sensuale aria «Mentre dormi Amor fomenti», che in questa versione vivaldiana si confronta con quella di Pergolesi e non si sa quale premiare per la bellezza di entrambe, o la drammatica «Gemo in un punto e fremo» con cui si conclude il secondo atto.
Trasformata in body builder, Marina Viotti è vocalmente la trionfatrice della serata. Come Megacle esibisce una vasta gamma di sentimenti e colori senza mai perdere la bellezza della linea di canto. In «Se cerca, se dice» Vivaldi trasforma la forma chiusa dell’aria in una vera scena di grande drammaticità. Caterina Piva è un’Aristea scenicamente convincente ma la linea di canto è spesso scomposta mentre l’Argene di Delphine Galou mostra talora la corda vocalmente. Il precettore Aminta qui si trasforma in una specie di maga a cui presta la voce Ana Maria Labin che con la celebre aria «Siam navi all’onde algenti», creata per il castrato Marianino Nicolini, chiude la prima parte.
Nella esecuzione del 2022 era Alcandro, ora Luigi de Donato è un autorevole ma anche parodistico Clistene, sempre pronto a sbudellare la vittima di turno in sacrificio a Giove. Ancora più comico l’Alcandro di Christian Senn che però con il suo numero con l’assolo di violoncello mette in luce le sue doti musicali ed espressive.
Nel finale riappare l’acrobata tutto dipinto di blu e con la fiaccola olimpica per ricordarci che tra quattro settimane incomincia la grande kermesse sportiva. Ce ne eravamo quasi dimenticati nel mondo favoloso di Vivaldi.
⸪