foto © Roberto Ricci, Teatro Regio di Parma
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Damiano Michieletto e Paolo Fantin, Il sonno uccidesti
Parma, Galleria San Ludovico, 21 settembre 2025
Cristalli infranti e acqua nera: il Macbeth di Michieletto e Fantin
È possibile dare forma tridimensionale – o meglio, quadridimensionale, se includiamo il flusso inesorabile del tempo – a uno stato d’animo? È questa la sfida che Damiano Michieletto e Paolo Fantin si sono posti con Il sonno uccidesti, l’installazione concepita per la sezione Verdi Off del Festival Verdi di Parma, giunto alla sua venticinquesima edizione e quest’anno dedicato al dialogo tra il genio di Busseto e quello di Stratford.
In programma sono i tre progetti realizzati da Verdi su Shakespeare: Macbeth, Otello e Falstaff. Ed è la prima opera – qui rappresentata nella versione 1847 – che ha suggerito il tema a Michieletto e Fantin e al loro magic team di collaboratori con cui da due decenni realizzano non solo i più imperdibili spettacoli lirici, ma progetti di teatro di prosa (Goldoni, Gogol’, Valle-Inclán, Čechov) e installazioni artistiche (ai Giardini della Biennale di Venezia e al Forte di Marghera).
«Methought I heard a voice cry “Sleep no more! Macbeth does murder sleep”» (Mi sembrò di sentire una voce gridare: «Non dormire più! Macbeth uccide il sonno»), dice Macbeth nella seconda scena dell’atto secondo della tragedia di Shakespeare e subito dopo ripete; «Still it cried “Sleep no more!” to all the house. Glamis hath murdered sleep, and therefore Cawdor shall sleep no more. Macbeth shall sleep no more.” (E gridò ancora “Non dormire più!” a tutta la casa. “Glamis ha ucciso il sonno, e quindi Cawdor non dormirà più. Macbeth non dormirà più”). Nella versione di Francesco Maria Piave per l’opera di Giuseppe Verdi i versi diventano: «Allora questa voce m’intesi nel petto: Avrai per guanciali sol vepri, o Macbetto! | Il sonno per sempre, Glamis, uccidesti! | Non v’è che vigilia, Caudore, per te!».
Il sonno uccidesti è dunque il titolo dell’installazione che Michieletto e Fantin presentano per tutta la durata del festival alla Galleria San Ludovico. Un progetto artistico che vede impegnati nella realizzazione l’arte iperrealistica di Leonardo Cruciano e la Imaginari Factory, casa di produzione di effetti speciali cinematografici.
Entrando nella ex-chiesa, ora galleria d’arte, veniamo accolti dal sound design immersivo di Michele Braga, mentre Alessandro Carletti col suo progetto luminoso ci mette di fronte a una cascata di schegge di cristallo che scendono dall’alto su un rettangolo d’acqua nera delimitato da luci al neon.
Al centro di questo spazio sospeso giace Macbeth, iperrealistico fino all’inquietudine: immobile, affondato in una poltrona come in un relitto, le mani aggrappate ai braccioli, lo sguardo spento, i capelli disordinati, il papillon sciolto, un uomo in rovina. Intorno a lui precipitano i frammenti del castello che egli stesso ha costruito e distrutto: simbolo di un potere fragile come il cristallo, che si frantuma sotto il peso delle proprie ossessioni. Le luci, in minime e infinite variazioni, modulano un tempo bloccato, notturno, senza fine. Non vi è più respiro: il tiranno ha perso il sonno, e con esso la misura del reale. Macbeth è condannato a precipitare in un abisso di solitudine. Le vibrazioni sonore provenienti da altoparlanti posti sotto la vasca increspano la superficie a specchio del liquido. Un incubo di sangue nero.
Ma Il sonno uccidesti non si limita a illustrare un personaggio: costruisce una dimensione sospesa in cui lo spettatore è chiamato a specchiarsi. «Macbeth è un corpo, una figura», afferma Paolo Fantin, «ma anche l’immagine di un’ossessione che tutti conosciamo: la pressione sociale verso la perfezione, la brama di dominio che diventa assoluta». L’installazione diventa così un rito collettivo: un varco che conduce al cuore oscuro del potere e, insieme, a quello di ciascuno di noi.
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