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Gioachino Rossini, Eduardo e Cristina
Pesaro, Arena Vitrifrigo, 11 agosto 2023
(diretta televisiva)
A Pesaro si completa l’opera di Rossini con l'”installazione” di Poda
Per inaugurare la 44esima edizione del Rossini Opera Festival viene scelto l’ultimo titolo, il 39°, non ancora eseguito a Pesaro, Eduardo e Cristina, lavoro scritto assieme ad altri tre nel breve periodo di frenetica attività tra il dicembre 1818 e il marzo 1819: Ricciardo e Zoraide, Mosè in Egitto ed Ermione. Non stupisce quindi che per la nuova opera il compositore faccia largo uso dell’autoimprestito: il soggetto, una rielaborazione dell’Odoardo e Cristina di Giovanni Schmidt scritto nel 1810 per il Pavesi, viene rivestito di musiche in parte già composte per quelle opere e per l’Adelaide di Borgogna, titoli ancora non conosciuti al pubblico veneziano. Si tratta dunque di un centone, un collage di brani tratti da opere diverse, 19 sul totale di 26 numeri musicali. Ciononostante, la prima fu un grande successo, riportato da Lord Byron stesso durante il suo autoesilio veneziano. Il libretto di questo “dramma per musica in due atti”, riscritto da Andrea Leone Tottola e Gherardo Bevilacqua Aldobrandini, è siglato TSB, le iniziali di Tottola, Schmidt e Bevilacqua, ma anche quelle del Teatro San Benedetto dove Eduardo e Cristina debuttò il 24 aprile 1819.
Atto primo. Stoccolma, atrio della reggia attiguo a una piazza. La corte e il popolo attendono festanti il ritorno del generale Eduardo che, a capo delle armate svedesi, ha sconfitto in battaglia l’esercito russo. Alla gioia comune si uniscono re Carlo e Giacomo, principe reale scozzese, che credono definitivamente vinto il nemico; solo Cristina, figlia del re, si mostra turbata. Ella teme che con il ritorno di Eduardo il padre possa scoprire il suo segreto matrimonio con l’eroe e il figlio da lui avuto, Gustavo; per sviare ogni sospetto, la principessa attribuisce la propria angoscia al dolore per la recente perdita della madre. Giunge Eduardo alla testa delle truppe; nel tripudio generale si accorge del turbamento di Cristina e le rivolge furtivamente parole d’incoraggiamento. Mentre Eduardo è combattuto sull’opportunità di chiedere al re la mano della figlia come ricompensa per la vittoria, Carlo annuncia pubblicamente di averla destinata a Giacomo. Cristina, sbigottita, chiede e ottiene dal padre un momentaneo rinvio del rito matrimoniale; Eduardo, disperato, si affida all’amico Atlei, capitano della guardia reale. Gabinetto di Cristina. In preda alla disperazione, la principessa è confortata delle sue damigelle. Partite queste, la donna riceve la visita di Eduardo, introdotto segretamente nella stanza dal fido Atlei. L’eroe chiede di poter rivedere il figlio Gustavo e, a un cenno di Cristina, il bambino è condotto in scena dalla sua governante attraverso una porta segreta: per pochi istanti Eduardo, Cristina e il figlio possono godere di un momento di serenità. Mentre la coppia si confronta sull’opportunità di fuggire, Carlo, Giacomo e un gruppo di cavalieri irrompono nelle stanze della principessa per convocarla all’altare. Gustavo e la governante riescono a nascondersi nelle stanze segrete, mentre Eduardo e Atlei escono furtivamente. Ancora una volta Cristina rifiuta di seguire Giacomo all’altare, scatenando così l’ira del padre. A un grido della principessa, Gustavo esce spaventato dal suo nascondiglio per correre tra le braccia della madre. Il re, stupito e oltremodo irritato, fa minacciare il bambino con una spada e chiede spiegazioni alla figlia. Cristina, proteggendo Gustavo con il proprio corpo, confessa di esserne la madre, ma rifiuta di palesare il nome del padre. Carlo al culmine della rabbia minaccia di morte la figlia e la fa arrestare dalle guardie. Ampia sala della reggia. Carlo riunisce la corte per giudicare la figlia e farle confessare il nome del padre di Gustavo. La costante reticenza di Cristina è interrotta dall’inatteso ingresso di Eduardo che rivela pubblicamente di essere il seduttore. Allo stupore generale l’eroe reagisce offrendo la propria vita in cambio di quella della principessa e del figlio, ma Carlo, sempre più adirato, ordina che l’intera famiglia sia giustiziata. Cristina, Eduardo e Gustavo sono dunque separati e condotti altrove dalle guardie.
Atto secondo. Sala della reggia. I cortigiani lamentano l’eccessiva rigidità della legge imposta da Carlo, mentre Atlei si dispera all’idea che l’eroe che ha salvato la patria e la principessa reale siano stati condannati a morte. Nel frattempo Giacomo comunica a Carlo di essere ancora disposto a unirsi in matrimonio con Cristina e a riconoscerne il figlio, ma a condizione che Eduardo sia giustiziato. Carlo, commosso dalle parole di Giacomo, convoca Cristina e le sottopone l’offerta di Giacomo, ma la principessa rifiuta inorridita, sorda alle preghiere del padre e dei cortigiani. Il re, furioso, ordina che la figlia torni in prigione, mentre Giacomo, pur se deluso, spera ancora di poter salvare Cristina. Inaspettata giunge però la notizia che alcuni prigionieri russi, che un atto di clemenza del re ha lasciati liberi in città, si sono impossessati delle mura in attesa che la flotta nemica, non del tutto sconfitta, attacchi nuovamente Stoccolma. Carlo affida dunque il comando delle schiere svedesi a Giacomo e tutti si preparano alla battaglia decisiva. Atrio attiguo al carcere. Mentre i suoi seguaci ne compiangono il destino, Eduardo si dichiara pronto ad affrontare la morte. Sopraggiungono Atlei e alcuni soldati che, informato Eduardo dell’imminente attacco russo, liberano l’eroe che subito si pone con rinnovato vigore alla testa delle truppe. Interno di una torre. Cristina sogna l’esecuzione di Eduardo; risvegliatasi di soprassalto, teme che la sua costanza possa essere di ostacolo alla sorte di marito e figlio. I suoi pensieri sono però interrotti da alcuni colpi di cannone che abbattono parte del muro della torre. Contemporaneamente Eduardo, Atlei e alcuni soldati irrompono nella prigione della donna per liberarla, non prima però di averle comunicato che anche il piccolo Gustavo è stato posto in salvo. Piazza. È notte e in città imperversa la battaglia. Da parti opposte sopraggiungono Carlo e Giacomo; quest’ultimo informa il re che Eduardo, liberato dai suoi fidi, ha ancora una volta sconfitto il nemico. Giunge allora Eduardo che si inginocchia davanti a Carlo offrendo la propria vita in cambio di quella di Cristina e del figlio. Sopraffatto dalla virtù dell’eroe e dall’affetto paterno, Carlo perdona Eduardo benedicendo la sua unione con Cristina, giunta nel frattempo con Gustavo. Le sofferenze hanno dunque fine e la felicità pervade gli animi di tutti.
Eduardo e Cristina fu ripreso nel 1820 alla Fenice, l’anno successivo fu al Regio di Torino con Giuditta Pasta e Nicola Tacchinardi, nel 1822 è al São Carlos di Lisbona, nel ’24 alla Canobbina di Milano e nel ’31 al Comunale di Bologna. Poi l’opera scomparve dalle scene per essere riproposta solo nel 1997 al Festival Rossini di Willibad. Ora il ROF presenta la prima ripresa italiana in tempi moderni e la prima esecuzione assoluta nella nuova edizione critica della Fondazione Rossini curata da Alice Tavilla e Andrea Malnati. Sul podio, alla guida dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, è Jader Bignamini che affronta con impegno una partitura in cui l’assoluta asemanticità e funzionalità del suono nulla toglie all’efficacia del prodotto finito che regge perfettamente la prova del palcoscenico. Rossini non fa un’operazione di copia e incolla, in suo non è un pigro riciclo: i temi vengono riscritti a memoria, ne riecheggiano l’andamento, ma la situazione è diversa. Ciò è stato pienamente compreso da Bignamini e sotto le sue mani il risultato si rivela del tutto godibile, anche grazie al pregevole cast. Enea Scala affronta uno dei ruoli più impervi come Re Carlo, l’inflessibile monarca. La sua parte musicale, ampia e articolata, deriva ampiamente da Ermione e il tenore ragusano la realizza con squillo spavaldo, tecnica perfetta e grande temperamento. Daniela Barcellona ritorna al ROF con il ruolo en travesti di Eduardo e vi porta la sensibilità e l’eroicità del suo Tancredi. Debuttante a Pesaro è invece Anastasia Bartoli che conquista subito il pubblico con la sua presenza scenica e la passione che mette nella parte di Cristina. Bello il timbro, meno l’espressività del Giacomo di Grigory Shkarupa mentre Matteo Roma non sfigura nella non facile parte di Atlei. Per quanto riguarda il coro del Teatro Ventidio Basso ci si aspetterebbe almeno un livello di qualità pari quello dell’orchestra, e invece…
La regia è affidata a un indaffaratissimo Poda, onnipresente in questi mesi tra Buenos Aires e Mosca, tra arene all’aperto e teatri bulgari, tedeschi e svizzeri. Le sue messe in scena sono le uniche riconoscibili anche da una sola fotografia e sono anche le uniche che dopo tre minuti ti fanno capire che cosa succederà nelle seguenti tre ore. Non fa eccezione questa sua lettura rossiniana che più che una regia è un’installazione artistica che prescinde dalla drammaturgia dell’opera e ripete le immagini della sua Thaïs o della Turandot o dell’Aida: total white nella scenografia – qui gabbie contenenti copie di statue di varie epoche – o nei corpi nudi dei ballerini e nella maggior parte dei costumi. Bravissimo coreografo, Poda muove con efficacia i suoi danzatori, ma si preoccupa meno della vicenda e della psicologia dei personaggi che agiscono in un’astrazione buona per qualunque vicenda.
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