Gian Bistolfi

La bella dormente nel bosco

 

Ottorino Respighi, La bella dormente nel bosco

Cagliari, Teatro Lirico, 3 febbraio 2017

★★★☆☆

(registrazione video)

La bella poteva continuare a dormire

Il Lirico di Cagliari non rinuncia all’occasione di inserire in cartellone un titolo raro, secondo la sua politica di voler fare luce su opere poco frequentate. Questa è la volta di un altro lavoro di Ottorino Respighi dopo La campana sommersa con cui si era inaugurata la precedente stagione.

La bella addormentata nel bosco fu rappresentata la prima volta al Teatro Odescalchi di Roma il 13 aprile 1922 con grande successo davanti a un pubblico che rappresentava il fior fiore della cultura dell’epoca: Trilussa, Grazia Deledda, Silvio d’Amico, Giuseppe Prezzolini, Marcello Piacentini, Carmine Gallone… L’autore di Cavalleria rusticana fece pervenire le sue congratulazioni: «È opera che io ammiro sotto ogni punto di vista, è concepita in maniera squisitamente ideale».

Atto primo. Scena I. Campagna in riva a un laghetto. Notte stellata del 1620. Il canto dell’usignolo compete con quello del cuculo, fino a che non è disturbato da un gruppo di rane danzanti. Arrivano l’Ambasciatore Reale e un Araldo per annunciare la nascita della Principessa e invitano tutte le Fate all’imminente battesimo. La Fata Azzurra e le sue compagne appaiono, annunciando all’ambasciatore che accetteranno di essere le madrine della Principessa. Cantando in coro, le Fate volano via e si sentono di nuovo solo i due uccelli solitari. Scena II. Sala Grande del castello. Il giullare di corte improvvisa una ninna nanna comica accanto alla culla d’oro della piccola principessa. Appaiono il Re e la Regina, accompagnati dalle Fate e dagli ospiti reali. La Fata Azzurra rende omaggio alla Principessa e fa eco ai suoi compagni. Un gruppo di Rose Ninfe balla un languido valzer. La cerimonia culmina in una solenne marcia, con il suono delle campane, ma è interrotta dall’arrivo della Fata Verde arrabbiata, che con fuoco e fumo fa sparire tutti gli invitati. Alla tremante coppia reale offre il suo regalo di battesimo, annunciando che a vent’anni la Principessa si pungerà il dito con un fuso e si addormenterà per sempre. Quando è scomparsa, il Re chiama il Maestro dei Fusi, ordinandogli di distruggere immediatamente tutti i filatoi del regno. La Fata Azzurra non revoca subito questo incantesimo, ma chiama un coro etereo di stelle cantanti per assicurarsi che ora un occhio vigile sia mantenuto sulla principessa.
Atto secondo. Scena I. Sono passati vent’anni. In una torretta del castello una vecchia sdentata siede a un filatoio dimenticato, intonando una melanconica canzone di solitudine. La donna lascia la stanza in cerca di un po’ di lana ed entra la Principessa, cantando le gioie della primavera. Saluta il gatto sospettoso, che la presenta al Fuso e i tre ballano insieme. La vecchia torna e, sollecitata dalla Principessa, le insegna a filare, utilizzando un fuso che aveva tenuto a parte. Il Gatto se ne accorge, ma è già troppo tardi: la Principessa si è punta il dito e si addormenta. La vecchia si precipita fuori a chiamare aiuto, mentre il Fuso inizia a girare trionfante attorno alla vittima della Fata Verde. Scena II. Negli appartamenti reali ancora una volta quattro Dottori, armati di enormi siringhe, dicono al Re che la malattia della Principessa è sconosciuta. Dopo che questi medici incompetenti sono allontanati, la regina si unisce al marito in un doloroso duetto. Entra un corteo funebre. La principessa, trasportata su una portantina da due marmotte bianche, sembra solo addormentata. I professionisti in lutto si rendono conto che nessun tipo di cibi dolci, né quelle morbide melodie del morboso Strauss, sono stati utili per svegliare la principessa. Finalmente appare la Fata Azzurra. Ordina che la principessa sia messa in un’alcova e fa il suo l’incantesimo del sonno su tutti. Predice che un giorno la principessa si sveglierà con un bacio d’amore e se ne andrà. Il suo compito è concluso da una legione di ragni ronzanti che ricoprono la scena con le loro ragnatele argentee.
Atto terzo. Scena I. L’azione si svolge circa trecento anni dopo, intorno al 1940. La scena è un luogo nel bosco da cui si può vedere il castello incantato. Un taglialegna canta, accompagnato in coro dai suoi compagni. Appare il principe April, accompagnato dalla duchessa e da un gruppo di cacciatori. Nel gruppo ci sono anche membri della “Paper-Hunt”, una ricca società americana presieduta da Mr. Dollar Checks. Dopo un breve tentativo di flirtare con la duchessa, il principe è incuriosito dal misterioso castello, tutto ricoperto di edera. Il taglialegna gli racconta la leggenda della Principessa Addormentata che giace lì dentro, ancora in attesa del bacio di Aprile che spezzerà l’incantesimo. Tutta la compagnia è sollecitata a tornare subito a casa e la Duchessa, già gelosa, viene consolata da Mr. Dollar che si offre di comprare la Bella Addormentata, qualunque sia il costo. Dopo la sua arietta il Principe lascia il cavallo e, pieno di desiderio, si avvicina al castello. Scena II. Nella sala in cui giace la principessa, il principe April saluta ironicamente i cortigiani immobili che incontra, apprendendo da voci echeggianti lontane che sarà l’amore, ispirato dalla primavera, che lo aiuterà a rompere l’incantesimo magico. Scena III. Un grande ragno cerca di attirarlo nella sua tela, ma il principe la distrugge con il suo frustino. All’improvviso l’alcova si illumina intensamente. La Bella Addormentata giace lì sul suo letto e il bacio del Principe sveglia lei e gli altri sotto l’incantesimo. Dopo un appassionato duetto d’amore, la Fata Azzurra fa un’ultima, trionfante apparizione, trasformando la vecchia camera in una splendida sala del trono. La coppia reale e gli ospiti gioiscono. Il gruppo “Paper-Hunt”, appena entrato, riesce a far ballare il fox-trot ai personaggi del Seicento.

Con La boutique fantasque e La pentola magica, entrambe musiche per balletto, il compositore bolognese aveva iniziato una nuova fase compositiva: abbandonate le “sinfonie drammatiche”, le “leggende nordiche”, i “tramonti”, le “sensitive” e le “donne sul sarcofago”, Respighi si era rivolto a musiche fantastiche e briose. La bella addormentata/dormente nel bosco è una di queste. Composta per il teatro di marionette di Vittorio Podrecca, il datatissimo libretto di Gian Bistolfi è tratto dalla fiaba di Perrault e i personaggi sono: La fata azzurra (soprano), Il re (baritono), La regina (contralto), La principessa (soprano,) Il principe (tenore), La fata verde (recitante), Il cuculo (mezzosoprano), L’ambasciatore (baritono), Il giullare (tenore), La vecchietta (mezzosoprano), Il fuso (mezzosoprano), Il gatto (contralto), Un boscaiolo (baritono), La duchessa (soprano) e L’usignolo (soprano).

Il Teatro dei Piccoli di Podrecca mantenne in repertorio l’opera per più di vent’anni, ma nel frattempo i teatri lirici incominciarono a farne richiesta per le loro stagioni. Da qui la necessità di una seconda versione riveduta nella strumentazione che col titolo La bella dormente nel bosco andò in scena nel 1934 al Teatro di Torino diretta dall’autore stesso. Una terza revisione postuma curata dalla vedova Elsa e da Gian Luigi Tocchi fu rappresentata al Rossini di Torino nel 1967 con tagli giudicati inopportuni e l’aggiunta di danze moderne nel finale.

Ora al Lirico viene consacrata definitivamente la destinazione per i “teatri dei grandi” di questo lavoro con una produzione che si basa sulla versione del ’34. Tutto bene se il teatro sardo dimostrasse un po’ più di coraggio nelle messe in scene e anche questa di Leo Muscato non fa molto per convincerci della necessità di certe riesumazioni. Il tono fiabesco è dominante nella scenografia di Giada Abiendi e nei costumi di Vera Pierantoni Giua e un po’ leziosa la recitazione, ma il libretto è quello che è. Numerosi gli inserti danzati di Luigia Frattaroli mentre l’unico momento veramente godibile è il finale, ma qui avevano avuto ragione i curatori tanto criticati della produzione torinese del 1967 in cui il fox-trot fu sostituito dal twist, il ballo allora in voga: per mantenere l’ironica trovata del risveglio dopo il passaggio dei secoli, qui ci voleva qualcosa di più attuale.

Sul podio un maestro indiscusso di questo repertorio, Donato Renzetti, che rende con maestria i colori cangianti e l’eclettismo della partitura. Respighi si conferma qui grande orchestratore e dotto musicista che ingloba il tempo di Perrault con il jazz della sua epoca e nella vocalità gioca con il barocco e Stravinskij. Modesto il cast in scena: le voci vanno dal passabile (principe April) al mediocre (la principessa, la fata azzurra) all’inascoltabile (il giullare).

Come per tante altre “scoperte” però viene da chiedersi se ne valeva la pena, visto che in altri periodi (Seicento, Settecento) ancora dormono tanti capolavori nascosti che magari hanno qualcosa di più da dire alla nostra contemporaneità. Questa Dormente di certo non ce l’ha.