
•
Arthur Sullivan, The Gondoliers
Glasgow, Theatre Royal, 28 ottobre 2021
★★★★☆
(video streaming)
L’ultimo grande successo e capolavoro di G&S
Terz’ultima delle Savoy Operas, The Gondoliers or The King of Barataria fu anche l’ultimo grande successo di William Schwenck Gilbert e Arthur Sullivan, 553 repliche successive alla prima del 7 dicembre 1889, ed è forse il loro massimo capolavoro.
Le relazioni tra librettista e compositore, anche a causa del tiepido successo della loro ultima collaborazione, The Yeomen of the Guard, erano diventate tese. Alle smanie di Sullivan per scrivere un’opera seria in cui la musica «doveva essere predominante» Gilbert aveva risposto: «Se voi avete la sorprendente impressione di essere stato negletto negli ultimi dodici anni, e se siete serio nella vostra intenzione di voler scrivere un’opera in cui “alla musica debba essere assegnato il riguardo primario” (dal che capisco trattarsi di un’opera in cui il libretto, e di conseguenza il librettista, devono occupare un posto subordinato), non c’è certo la possibilità di trovare un modus vivendi soddisfacente per entrambi. Voi siete un esperto nella vostra professione, e io nella mia. Se ci vogliamo rimettere insieme deve essere come maestro e maestro, non come maestro e servo». Essi si riappacificarono, ma rimase sotterranea una vena di rancore fra i due che alla fine sarebbe uscita allo scoperto.

Nell’aprile del 1890 Gilbert scoprì che le spese di manutenzione del teatro, tra cui un nuovo tappeto per l’atrio anteriore del teatro, erano state addebitate alla partnership invece che a carico di Carte. Gilbert affrontò Carte, ma il produttore si rifiutò di riconsiderare i conti, cosa che fece infuriare Gilbert. Le cose degenerarono presto, Gilbert perse le staffe con i suoi soci e intentò una causa contro Carte. Sullivan sostenne Carte rilasciando una dichiarazione giurata in cui affermava erroneamente che c’erano delle piccole spese legali in sospeso a causa di una battaglia che Gilbert aveva avuto nel 1884 con Lillian Russell, mentre in realtà quelle spese erano già state pagate. Quando Gilbert lo scoprì, chiese la ritrattazione della dichiarazione giurata; Sullivan rifiutò e Gilbert si sentì tradito. Sullivan sentiva che Gilbert stava mettendo in dubbio la sua buona fede, e Sullivan aveva altri motivi per rimanere nelle grazie di Carte: Carte stava costruendo un nuovo teatro, la Royal English Opera House (oggi Palace Theatre), per produrre l’unica grande opera di Sullivan, Ivanhoe. Dopo la chiusura di The Gondoliers nel 1891, Gilbert ritirò i diritti di rappresentazione dei suoi libretti, giurando di non scrivere più opere per il Savoy. L’aggressiva azione legale di Gilbert, anche se coronata da successo, aveva amareggiato Sullivan e Carte. Dopo molti tentativi falliti da parte di Carte e di sua moglie, Gilbert e Sullivan si riunirono grazie agli sforzi del loro editore musicale, Tom Chappell. Nel 1893 produssero la loro penultima collaborazione, Utopia, Limited, ma The Gondoliers si sarebbe rivelato l’ultimo grande successo di Gilbert e Sullivan. Utopia fu solo un modesto successo e la loro ultima collaborazione, The Grand Duke, nel 1896, fu un fallimento. Dopo di allora, i due non collaborarono mai più.

Il tempo trascorso su The Gondoliers fu più lungo che per le altre opere, Sullivan dimostrò tutta la sua maestria in cori e concertati complessi dal punto di vista del contrappunto delle voci e trascinanti ritmi di danze di gusto spagnolo. I loro sforzi non furono inutili e i risultati non delusero le aspettative: i critici furono estremamente favorevoli e il pubblico in delirio. Come era successo con The Mikado l’ambientazione esotica, qui una Venezia di fantasia nel primo atto e il palazzo del regno di Barataria nel secondo, aveva spinto Gilbert a premere sul pedale della satira sociale. Il libretto è un’incantevole presa in giro delle attrattive e delle insidie del potere, del privilegio e del clientelismo.
Atto I. A Venezia, ventiquattro contadine dichiarano la loro passione per i bei fratelli gondolieri Marco e Giuseppe Palmieri, che si bendano per scegliere equamente le loro spose. Alla fine, Giuseppe sceglie Tessa e Marco sceglie Gianetta, e tutti e quattro si recano in chiesa per un doppio matrimonio. Il Duca e la Duchessa di Plaza-Toro, insieme alla figlia Casilda, arrivano dalla Spagna per incontrare Don Alhambra del Bolero, il Grande Inquisitore. Mentre il loro tamburino Luiz parte per annunciare l’arrivo del Duca, il Duca e la Duchessa rivelano alla figlia un segreto che hanno custodito per vent’anni: quando lei aveva solo sei mesi, è stata data in sposa al figlio neonato del Re di Barataria, che è stato portato a Venezia da Don Alhambra e ora è lui stesso Re dopo la morte del padre in un’insurrezione. Casilda è quindi diventata regina di Barataria e i suoi genitori l’hanno portata a Venezia per farle conoscere il marito. Segretamente innamorata di Luiz, Casilda si rassegna a una vita separata da lui. Don Alhambra arriva e spiega che il piccolo Principe di Barataria è stato allevato dal gondoliere veneziano Baptisto Palmieri, che aveva un figlio della stessa età e che ha dimenticato quale dei due fosse. I due ragazzi – Marco e Giuseppe Palmieri – crebbero e divennero a loro volta gondolieri. Solo la balia Inez, che li ha accuditi (e che è anche la madre di Luiz), sa chi è il primo, ma ora vive con un brigante in montagna. Il Grande Inquisitore invia Luiz a cercarla. Quando Marco e Giuseppe arrivano con le loro mogli, Don Alhambra spiega che uno di loro è il Re di Barataria, ma nessuno sa quale. Nonostante le loro convinzioni repubblicane, i “fratelli” sono entusiasti e accettano di recarsi subito a Barataria, regnando insieme fino a quando non sarà possibile identificare il vero Re. Don Alhambra avvisa le mogli che non possono essere ammesse a Barataria fino a quando il Re non sarà stato dichiarato, trascurando di dire che il vero Re è già sposato con Casilda.
Atto II. A Barataria, Marco e Giuseppe, fedeli alle loro radici repubblicane (d’adozione), insieme governano in uno stile idealista, anche se un po’ caotico. Vivono una vita splendida, ma sentono la mancanza delle mogli. Ma ben presto, faticando a sopportare la separazione, le signore arrivano da Venezia e tutti festeggiano con un gran ballo. Don Alhambra arriva a palazzo e scopre che Marco e Giuseppe hanno promosso tutti alla nobiltà, e comunica che il vero Re è stato sposato con Casilda da bambino ed è quindi un bigamo involontario. Le mogli dei gondolieri sono sconvolte nello scoprire che nessuna di loro sarà regina. Il Duca e la Duchessa di Plaza-Toro arrivano con Casilda e, sconvolti dalla mancanza di sfarzo e di cerimonie di benvenuto, si impegnano a educare Marco e Giuseppe a un corretto comportamento regale. I due ex gondolieri rimangono soli con Casilda, che promette di essere una moglie fedele per uno di loro, e quando arrivano le altre mogli, tutti e cinque cantano della loro strana situazione. Don Alhambra arriva con la nutrice Inez, che conosce la vera identità del Re. La donna confessa che quando il Grande Inquisitore è arrivato per portare via il Principe bambino, ha sostituito il proprio figlio piccolo, tenendo il vero Principe sotto la propria guardia. Così il Re non è né Marco né Giuseppe, ma Luiz, e Casilda scopre di essere già sposata con l’uomo che ama. I due gondolieri, sebbene delusi per non essere diventati Re, tornano a Venezia felici con le loro mogli.
La produzione della Scottish Opera, realizzata in collaborazione con la D’Oyly Carte Opera Company e la State Opera South Australia, è diretta con brio da Derek Clark che dà vita alla più solare e gioiosa delle Savoy Operas. Sotto la sua guida la Schottish Opera Orchestra si dimostra un duttile strumento per realizzare la non facile partitura ricca di invenzioni musicali argute e sapienti allo stesso modo. Frizzante è il est di interpreti efficacissimi nel tratteggiare i sapidi personaggi di questa storia surreale: i fratelli Palmieri, i gondolieri del titolo, Marco (William Morgan) e Giuseppe (Mark Nathan); le spose Gianetta (Ellie Laugharne) e Tessa (Sioned Gwen Davies); gli spiantati e altezzosi aristocratici spagnoli The Duke of Plaza-Toro (l’esilarante Richard Suart) e The Duchess of Plaza-Toro (Yvonne Howard); il Grande Inquisitore Don Alhambra del Bolero (Ben McAteer); Casilda (Catriona Hewiston), Luiz (Dan Shelvey) e tutti gli altri.
Fedele alla tradizione della d’Oyly Carte ma con un pizzico di modernità è l’arguto allestimento di Stuart Maunder, direttore artistico della State Opera South Australia di cui si ricorda il delizioso Mikado. Assieme alle scene di Dick Bird, al gioco luci di Paul Keogan e alle fluide coreografie di Isabel Baquero il risulato è uno spettacolo visivamente godibilissimo che il culmine nei costumi dello stesso Bird, uno per tutti quello della Duchessa: una gonna di due metri e mezzo di larghezza, sbrindellata e sbiadita nel primo atto, riportata allo splendore di sete dorate nel secondo assieme alla parrucca in cui è infilzata una lunga gondola. Il costumista si diverte non solo con la profusione di fiori e nastri degli abiti settecenteschi delle contadine, ma con il costume dei fratelli gondolieri che devono condividere il ruolo di re. Per non parlare dell’abito da fenica spagnola di Casilda che sfoggia anche una benda nera su un occhio – non sempre lo stesso… – a mo’ di principessa Eboli!
La recita è stata filmata e trasmessa dalla rete BBC4 ed è attualmente disponibile su Operavision oltre che su YouTube.
⸪