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Un Orlando quasi sperimentale
Degli innumerevoli libretti tratti dall’Ariosto questo, adattato da L’Orlando overo la gelosa pazzia di Carlo Sigismondo Capece (o Capeci, 1711), è quello che si concentra maggiormente sulla gelosia che porta alla follia il cavaliere carolingio. Rispetto al libretto originale qui sono aggiunti concertati a più voci (il terzetto alla fine del primo atto, lo stupefacente duetto del terz’atto) ed è un’invenzione di Händel e dell’ignoto librettista il personaggio di Zoroastro, perno su cui ruota la vicenda.
Tutta la partitura è particolarmente interessante dal punto di vista armonico e strumentale e fa di quest’opera un unicum nella produzione del Sassone.
Orlando (Rolando), un grande soldato nel l’esercito di Carlo Magno, si innamora perdutamente della principessa pagana Angelica, che a sua volta è innamorata di un altro uomo, Medoro. Orlando non riesce ad accettarlo e questo lo porta alla pazzia. Gli viene impedito di causare una completa carneficina solo dal mago Zoroastro, che naturalmente riesce a farlo rinsavire, salvandolo dalla follia.
Atto I. Di notte, sulla sommità di una montagna. Lo stregone Zoroastro scruta nel firmamento il destino di Orlando e vede segni nelle stelle che il guerriero Orlando sarà ancora una volta capace di compiere atti di valore e riprendersi dalla sua insana gelosia per la principessa del Catai, Angelica. Il paladino, innamorato d’Angelica appare combattuto tra amore e dovere. Con un gesto della bacchetta magica, il mago evoca visioni inquietanti dei grandi eroi dell’antichità addormentati ai piedi di Cupido. Zoroastro sollecita Orlando a dimenticare Venere, la dea dell’amore, e ancora una volta seguire Marte, dio della guerra. Orlando è in un primo momento umiliato dalle parole di Zoroastro, ma poi decide che l’amore e il dovere non devono necessariamente essere in conflitto, riflettendo che Ercole non fu derubato del suo stato di eroe per la sua relazione con la regina Onfale o Achille perché si era travestito da donna per un certo tempo. Un boschetto con capanne di pastori. La pastorella Dorinda riflette sulle bellezze della natura, che però non la riempiono di serenità come in passato; lei sente che questo potrebbe essere un segno che si sta innamorando. Orlando piomba in scena con una principessa, Isabella, che ha appena salvato dal pericolo e Dorinda pensa che anche lui possa essere innamorato. Dorinda aveva dato protezione nella sua capanna alla principessa Angelica, quando Angelica aveva trovato il guerriero moresco Medoro ferito e vicino alla morte e si era perdutamente innamorata di lui e lo aveva portato a rifugiarsi con lei nella capanna della Pastorella. Dorinda è sconvolta dal fatto che Medoro e Angelica sono innamorati, perché lei stessa è innamorata di Medoro, ma Medoro dice a Dorinda che Angelica è una sua parente e l’assicura che non dimenticherà mai la sua gentilezza nei propri confronti. Dorinda sa che Medoro non sta dicendo la verità, ma lo trova assolutamente affascinante in ogni caso. Zoroastro dice ad Angelica di sapere che lei è innamorata di Medoro e l’avverte che la gelosia di Orlando, quando lo scoprirà, porterà a risultati imprevedibili e potenzialmente pericolosi. Quando Angelica incontra Orlando, lei finge di essere gelosa del suo salvataggio della principessa Isabella, dicendogli che non può aspettarsi che lei ami un uomo che non riesce ad esserle fedele. Orlando protesta che non avrebbe mai potuto amare nessun’altra a parte lei e si offre di fare qualsiasi cosa per dimostrarlo, persino combattere contro mostri feroci. Appena Orlando parte entra in scena Medoro e le chiede con chi lei stesse parlando. Lei spiega che Orlando è un guerriero potente ed è infatuato di lei e raccomanda che loro due dovrebbero ritirarsi nel suo regno ad est per sfuggire alla sua ira. Dorinda è sconvolta nel vedere che si abbracciano, ma gli amanti le dicono di non essere troppo scoraggiata: un giorno anche lei troverà l’amore. Angelica regala a Dorinda un prezioso bracciale in segno di gratitudine per la sua ospitalità.
Atto II. Una foresta. Dorinda, inconsolabile per la perdita di Medoro, ascolta la canzone malinconica dell’usignolo e trova che il suo canto si accorda con il suo stato d’animo. Orlando chiede di sapere il motivo per cui Dorinda ha detto a tutti che lui è innamorato di Isabella. Dorinda nega e dice che stava parlando non di lui, ma dell’amore di Medoro e Angelica. Gli mostra il bracciale che sostiene di aver ricevuto da Medoro e dice che vede il suo volto in ogni ruscello e fiore. Orlando riconosce il bracciale come quello che lui aveva donato ad Angelica ed è furioso per il suo tradimento. Giura di uccidere lei, poi se stesso e di inseguirla fino all’Inferno. Da una parte un boschetto di alberi di alloro, dall’altra l’ingresso di una grotta. Zoroastro consiglia a Medoro e Angelica di fuggire l’ira di Orlando e promette di proteggerli nel loro viaggio, consigliando loro che dovrebbero sempre essere guidati dalla ragione. Angelica e Medoro sono rattristati di dover lasciare i boschi in cui si sono innamorati e Medoro scolpisce i loro nomi sugli alberi come ricordo. Angelica è grata a Orlando per averle salvato la vita una volta e si sente in colpa per aver mentito, ma si dice che arriverà a comprendere il suo amore per Medoro, essendo lui stesso innamorato. Si congeda tristemente dal bellissimo bosco dove si era innamorata. Orlando irrompe sulla scena e tenta di uccidere Angelica, che invano chiama Medoro per salvarla. Zoroastro invoca alcuni spiriti che scagliano via Angelica lontano su una nuvola. Orlando comincia a perdere la ragione: si immagina di essere morto e vede se stesso entrare nell’Ade. Ha una visione del suo odiato rivale fra le braccia di Proserpina, regina degli inferi, ma poi si accorge che Proserpina piange e prova pietà per lei. Infuriandosi nuovamente, Orlando si precipita nella grotta, ma essa si apre dividendosi e rivela Zoroastro su un carro volante. Egli mette Orlando sul carro e lo trascina via.
Atto III. Un boschetto con delle palme. Medoro si era separato da Angelica nella confusione ed ora è tornato alla capanna di Dorinda per cercare rifugio una volta di più. Le dice che l’avrebbe amata, se avesse potuto, ma che non può donarle il suo cuore. Dorinda descrive il turbine di passioni causate dall’amore. Appare Orlando e, rivolgendosi a Dorinda come a Venere, dichiara il suo amore per lei. Dorinda può vedere che Orlando è ancora fuori di sé e questo è ancora più evidente quando lui la confonde con un nemico di sesso maschile con cui aveva combattuto in precedenza. Zoroastro appare e ordina ai suoi spiriti guardiani di trasformare il boschetto in una grotta buia dove cercherà di riportare Orlando alla ragione. Sa che le tempeste alla fine si allontanano e la calma tornerà. Angelica trova Dorinda che piange e lei spiega che Orlando nella sua follia ha bruciato completamente la sua casa, uccidendo così Medoro. Angelica è devastata e quando appare Orlando lo implora di uccidere anche lei. Orlando scaglia Angelica nella caverna e, immaginando che di aver liberato il mondo da tutti i suoi mostri, si sdraia per riposare. Zoroastro allora dice che è giunto il momento di guarire la mente di Orlando; un uccello magico scende con una fiala d’oro, il cui contenuto lo stregone spruzza sul viso addormentato di Orlando. Orlando si sveglia, riportato alla ragione, ma è inorridito di apprendere che ha ucciso sia Medoro che Angelica e implora la morte per se stesso. Zoroastro però aveva salvato sia Angelica che Medoro; Orlando è felice di vederli e augura loro una vita felice insieme. Dorinda dimentica il suo dolore e invita tutti a casa sua per festeggiare.
Cinque soli personaggi per un dramma quasi borghese: Angelica, Medoro, Dorinda e Zoroastro, oltre al paladino. Questa economia di personaggi mette a dura prova la resistenza degli interpreti che hanno ognuno un considerevole numero di arie impegnative. Alla prima del 1733 il ruolo del titolo fu affidato al castrato Senesino e si ebbero allora dieci repliche dell’opera che poi non fu mai più ripresa se non nella seconda metà del Novecento. Lo stesso William Christie ne fu interprete in una versione nel 1994 con la regia di Carsen.
Qui a Zurigo nel 2008 la messa in scena è di Jens-Daniel Herzog che ambienta la vicenda in una clinica di lusso in cui il direttore/Zoroastro cerca di guarire con vari modi più o meno leciti la pazzia di Orlando, soldato traumatizzato della Prima Guerra Mondiale. L’ingenua pastorella Dorinda è un’infermiera che alla fine si vendica con un solenne manrovescio dell’amore tradito di Medoro mentre Orlando a un certo punto ha le sembianze di un killer con l’ascia rubata al pompiere di servizio.
La scena claustrofobica è quella degli interni della clinica che l’abile scenografo con pareti scorrevoli trasforma in vari ambienti. Non c’è traccia dei verdi praticelli, degli alberi ombrosi, dei fiori odorosi evocati dal libretto: il regista ci vuole suggerire come essi siano solo nella fantasia malata degli ospiti e un’invenzione del mago (come Alcina nell’Orlando di Vivaldi). L’idea registica è sicuramente scioccante, ma regge molto bene lo sviluppo della vicenda e le sorprese sono teatralmente efficaci.
Christie e La Scintilla sono tutt’uno con i cantanti, ed è il miglior complimento che si possa fare alla sua precisa e pimpante direzione orchestrale. Le finezze strumentali della partitura sono innumerevoli, con tutti quegli assoli degli strumenti che accompagnano il canto dei personaggi.
In scena nel ruolo principale c’è la voce calda e insolita del mezzosoprano serbo Marijana Mijanovič, che dipana felicemente le agilità richieste dalla sua parte e rende drammaticamente convincente il suo personaggio. La scena della pazzia del second’atto è vocalmente e teatralmente fenomenale. Degli altri quattro ottimi interpreti una menzione merita la straordinaria Angelica di Martina Janková, stilista perfetta e voce di grande bellezza.
⸪
