Transverse Orientation

Dimitris Papaioannou, Transverse Orientation

Moncalieri, Fonderie Limone, 23 settembre 2021

Cercare la luce per trovare la strada

Nella lunghissima tournée internazionale con cui Dimitris Papaioannou presenta la sua ultima creazione non poteva mancare la tappa di TorinoDanza. Transverse Orientation è forse lo spettacolo più atteso della rassegna.

Per il titolo non ci aiuta il suo creatore: «Il titolo dei miei pezzi li sceglie sempre un mio amico geniale, Angelo Mendis, e mi fido di lui», aveva risposto alla domanda di Sergio Trombetta in una sua intervista su “La Stampa” del 31 agosto scorso. Più illuminante la definizione di wikipedia: «orientamento trasversale:  mantenere un angolo fisso su una fonte di luce lontana per l’orientamento», come fanno alcuni insetti quali le falene.

E la fonte di luce che per tutto lo spettacolo sarà lì col suo sfarfallio a incantarci è un tubo fluorescente in alto su una parete bianca in cui si apre anche una porta. In scena le immagini a cui l’artista greco ci ha abituato, che richiamano un’iconografia sterminata – dalle pitture micenee ai preraffaelliti a Picasso – o sono talmente evocative che nella mente di ognuno di noi spettatori sorgono inediti rimandi, come a un certo momento i letti di contenzione dipinti da Carol Rama, che probabilmente Papaioannou neanche conosce…

Su una rarefatta colonna sonora di musiche di Vivaldi, in scena sei ragazzi e una ragazza dipingono coi propri magnifici corpi le fasi della vita, dalla nascita (un neonato immerso in un liquido biancastro che cola a terra), alla morte, qui incarnata da un toro nero a grandezza reale, in cui però prevale l’aspetto sensuale (dalla figura nuda sul dorso del “Ratto di Europa” al torero nudo che offre da bere alla bestia), passando per la fatica di Sisifo del vivere (i massi spostati da un punto all’altro) e l’invecchiamento (il corpo non più giovane di una donna che attraversa nuda tutta la scena lentamente e su tacchi altissimi).

Spettacolo di grande suggestione, ma forse di faticosa gestazione: il lungo tempo della chiusura dei teatri sembra averne in qualche modo svigorito l’invenzione e qui è sembrato che mancasse la magia e la sorpresa che ci avevano così colpiti nella precedente trilogia (Primal Matter, Still Life, The Great Tamer) o nell’intimo INK visto al Teatro Carignano un anno fa.