Il Xerse

foto © Clarissa Lapolla

Francesco Cavalli, Il Xerse

Martina Franca, Teatro Verdi, 25 luglio 2022

★★★☆☆

bandiera francese.jpg  Ici la version française

Cavalli al galoppo al Festival della Valle d’Itria

La cavalcata dell’opera nei secoli proposta da Sebastian Schwarz, direttore artistico del Festival della Valle d’Itria, ci fa ritornare al Seicento, il secolo in cui era nata, con uno dei massimi compositori di quell’epoca, il più popolare, Francesco Cavalli.

Il Xerse, dramma per musica in un prologo e tre atti su libretto di Nicolò Minato  vagamente basato sul libro 7 delle Storie di Erodoto, sta esattamente a metà delle opere di Cavalli, essendo la ventunesima delle sue circa quaranta. Come praticamente tutte le altre venne rappresentato a Venezia, nel teatro dei Ss. Giovanni e Paolo, il 12 gennaio 1655. Anche in questa la storia è quanto mai complicata e centrata su intricate vicende amorose, intrighi di corte e travestimenti: due coppie (il re Xerse e Amastre; il fratello di Xerse Arsamene e Romilda), la sorella di Romilda (Adelanta), il loro padre (Ariodate), un eunuco (Eumene), un balio (Aristone), un ambasciatore (Periarco), un paggio (Clito), un servitore (Elviro) e due maghi (Sesostre e Scitalce) popolano la scena (1).

La personalità piuttosto peculiare del monarca, che innamoratosi di un platano lo coprì di ornamenti d’oro e fece “fustigare” e “marchiare a fuoco” le acque dell’Ellesponto colpevoli di aver distrutto il ponte di barche da lui costruito per collegare Europa e Asia, qui si riscontra nella labilità dei suoi sentimenti ondivaghi, con ritorni di fiamma improvvisi o furiosi eccessi d’ira che si alternano a momenti di abissale tristezza. Il libretto di Nicolò Minato, che cinque anni prima aveva già scritto per Cavalli L’Orimonte e ne scriverà in seguito altri sei, verrà riadattato nel 1694 da Silvio Stampiglia per l’opera di Giovanni Bononcini e nuovamente riadattato, sfoltendo ulteriormente il numero di personaggi, da un anonimo e intonato da Georg Friedrich Händel nel 1738 per il suo Serse. Quello di Cavalli fu un lavoro di grande successo alla sua epoca, tanto da essere scelto per i festeggiamenti nuziali di Luigi XIV con l’Infanta di Spagna nel 1660 a Parigi.

Anche Il Xerse di Cavalli inizia con l’aria «Ombra mai fu» che nella versione di Händel fu una delle poche pagine settecentesche di grande popolarità, con l’immancabile versione per organo utilizzata durante le celebrazioni nuziali in chiesa. A questa segue una serie di lunghissimi recitativi e poche arie, anche se memorabili quali il lamento di Xerse «Lasciatemi morire, stelle spietate». Proprio per questo l’accento su questi recitativi dovrebbe avere la massima attenzione sulla parola, e invece questi vengono sciorinati a grande velocità e con scarsa cura alla dizione da parte degli interpreti, alcuni non di lingua italiana. Francesco Maria Sardelli è alla guida di un’Orchestra Barocca Modo Antiquo dal suono non sempre perfettamente a fuoco e con alcuni strumenti, come il cornetto, predominanti nell’equilibrio fonico. L’opera è sfrondata in molti punti – il pubblico di oggi non è quello del Seicento e non ha le stesse libertà e agevolazioni di quello – e la scelta dei tempi, sempre piuttosto rapidi, porta lo spettacolo alle tre ore  con un intervallo.

Il tono semi-comico dell’intricata vicenda, non esattamente quello voluto dagli autori, viene esaltato dalla regia di Leo Muscato, nativo di Martina Franca, che trasforma il “dramma per musica” nei toni della commedia dell’arte con una recitazione marcata e costumi, di Giovanna Fiorentini, caricaturali, come quello stile Bollywood del personaggio eponimo, quello da bambola di pezza di Romilda o il pigiama con tutù del paffuto Amore. Per i numerosissimi “a parte”, indicati tra parentesi nel testo, il regista sceglie di bloccare in stop motion gli altri personaggi con un battito di mani, cosa che si traduce molto presto in una trovata estremamente fastidiosa e diventa il tormentone del pubblico durante l’intervallo e dopo lo spettacolo. Non proprio l’effetto che ci si aspettava. Di tono fiabesco è la scenografia di Andrea Belli illuminata dalle luci di Alessandro Carletti: una visione da libro illustrato per ragazzi di una città orientaleggiante. Unico elemento di scena una serie di lanterne che scendono oscillando dall’alto.

Cast non omogeneo che ha la punta di eccellenza nel Xerse di Carlo Vistoli: le due arie citate sono un esempio di fraseggio ed espressività rese con timbro di velluto e morbidezza di suono. Del resto si salva l’Arsamene di Gaia Petrone, grande personalità scenica e vocalità sicura, ma non la Romilda di Carolina Lippo dall’intonazione incerta, l’Ariodate di Carlo Allemano, insopportabilmente manierato, l’Adelanta un po’ sguaiata di Dioklea Hoxha e il caricato Elviro di Aco Bišćević. Pubblico plaudente con ovazioni per Vistoli e Sardelli.

1) L’opera, preceduta come nelle consuetudini dell’epoca da un prologo allegorico con le antiche divinità, è ambientata ad Abydos, città dell’Ellesponto sul versante dell’Asia Minore, intorno al 480 a.C., che Xerse, re di Persia, utilizza come piazza d’armi per la guerra che ha intrapreso contro gli Ateniesi. Xerse vuole passare in Grecia per combattere contro Atene e ha scelto la città di Abydos come punto d’appoggio alle sue imprese belliche.
Atto I. Alla periferia della città, in un luogo piacevole che si affaccia su un boschetto. Xerse trova un platano ombroso che gli piace così tanto da adornarlo d’oro. Ariodate ha due figlie, una di nome Romilda e l’altra Adelanta. Arsamene, fratello di Xerse, è innamorato di Romilda e lei di lui. Ma Xerse, che la sente cantare deridendo la folle passione del re dei Persiani per un albero, si innamora di lei. Arsamene finge di non conoscerla. Quando Xerse viene a corteggiare Romilda, Arsamene si nasconde e rifiuta l’amore del re. Il re scopre Arsamene e il suo paggio Elviro e in preda alla gelosia li bandisce dalla sua corte. Nonostante Eumene e Adelanta la esortino ad amare il re, Romilda rimane ferma nel suo amore per Arsamene. Cortile. Amastre, figlia di Ottane, re di Susa, che Xerse aveva promesso di sposare, entra in scena vestita da uomo. È fuggita dalla fortezza del padre. Con lei c’è Aristone, il suo vecchio precettore. Si fingono pellegrini. Sentendo le trombe di Ariodato e dei suoi soldati che tornano dalla battaglia, si nascondono. Arrivano gli eserciti vittoriosi. Xerse saluta Ariodate, ed è così soddisfatto della vittoria che gli dice che Romilda «avrà sposo reale | de la stirpe di Xerse, a Xerse eguale». Aristone chiede ad Amastre di andarsene, ma lei insiste per restare ancora un po’. Amastre ascolta la conversazione tra Xerse ed Eumene che gli rivela che Xerse in realtà ama un’altra, Romilda. Quando Xerse ed Eumene scoprono Amastre e Aristone, si fingono stranieri in cerca di notizie. Da solo, Aristone cerca di convincere Amastre a tornare ad Arax. Ma è decisa a rimanere vicino a Xerse, anche da sola. Clito, il paggio di Romilda, passa di lì e cerca di scoprire chi è Amastre, ma Amastre si sottrae alle sue domande. Ariodate, Romilda e Adelanta si chiedono chi sia il marito a cui si riferiscono le parole di Xerse. La sorella cerca di convincerla a sposare il suo Xerse, perché in fondo Arsamene se n’è andato e lei perderebbe il re per un amante perduto. Romilda dice che il suo amore non finirà mai.
Atto II. Elviro, travestito da venditore di fiori, incontra Amastre e gli rivela che il re ama Romilda, ma che lei in realtà ama Arsamene. Più tardi, entra Adelanta ed Elviro rivela incautamente la sua identità e che sta portando una lettera di Arsamene a Romilda. Adelanta si offre di dargliela lei stessa. Elviro se ne va ed entrano Xerse ed Eumene. Xerse legge la lettera che Adelanta dice che Arsamene le ha inviato, poiché il suo amore per Romilda è solo finto. Quando Adelanta parte e Romilda arriva, Xerse glielo mostra per dimostrare che Arsamene non è degno del suo amore. Ma dice che, nonostante tutto, ama ancora Arsamene. Sull’Ellesponto con il ponte di navi. Eumene canta l’umanità infelice, che piange appena nata e, se non ha altre cose a tormentarla, è l’amore a tiranneggiarla. Aristone impedisce ad Amastre di suicidarsi e decide di andare da Xerse, per dirgli che è un traditore. Da parte sua, Elviro ha detto ad Arsamene che, secondo Adelanta, Romilda ama davvero il re. Xerse va a vedere il ponte steso sull’Ellesponto, pronto a passare in Europa. Scopre Arsamene che ha deciso di annegarsi; Xerse accetta di sposare la persona che ama, credendola Adelanta. Arsamene lo dissuade, chiarendo che la persona che ama è Romilda. Più tardi, Xerse dice ad Adelanta che Arsamene non la ama e che lei non deve amare l’uomo ingrato. Adelanta risponde che non sa come non amarlo, che non amarlo è impossibile come non morire. Elviro si pente di aver tradito il suo padrone, ma non sa se confessarlo o meno. Inizia ad attraversare il ponte ma cade in acqua. Per la disperazione di Amastre, Xerse corteggia Romilda. Romilda rifiuta di essere la sua regina. Il re ordina l’imprigionamento di Amastre, ma Romilda lo rilascia dopo la partenza del re. Cleito ha salvato Elviro mettendolo sulla sua nave. Adelanta, sola, si lamenta, chiedendosi come possa amare così tanto quando non prova amore. Periarco, amico di Aristone, arriva come ambasciatore di Ottone. Riconosce Aristone e Amastre, ma loro gli dicono che si sbaglia. È venuto a offrire a Xerse il matrimonio con Amastre. Romilda incarica Eumene di chiedere a Xerse di non inseguirla, perché non è opportuno che un re molesti le fanciulle. Eumene esita, perché chi dice la verità perde il suo amico. Clito fa i preparativi per la sfilata delle truppe a cui Xerse intende partecipare in compagnia di Periarco. Xerse dice che con un tale coraggio, se combatteranno gli Ateniesi in questo modo, vinceranno.
Atto III. Romilda e Arsamene si incontrano. Ognuno rivendica una fedeltà incrollabile e accusa l’altro di tradimento. Quando l’inganno viene chiarito, si riconciliano. Xerse rinnova la sua offerta d’amore e Romilda rifiuta, dicendo di non avere il consenso del padre. Quando Xerse se ne va, Arsamene, che ha origliato, rimprovera a Romilda la sua tiepidezza nei confronti del re. Eumene va a consegnare a Romilda un diadema come futura regina di Persia. Quando l’ambasciatore Periarco lo scopre, chiede di vedere il re. Xerse dice ad Ariodato che troverà il promesso sposo nelle stanze di Romilda, ma non gli dice il nome. Delizioso villaggio appena fuori città, affacciato sulla foresta. Eumene consegna a Romilda la corona. Ammette che preferirebbe essere un’amante piuttosto che una regina. Xerse la corteggia di nuovo. Obietta che Arsamene l’ha amata, abbracciata e baciata. Xerse dice che sta mentendo ma, in ogni caso, dovrà giustiziare Arsamene. Romilda accetta di fare come dice il re, a patto che non uccida Arsamene. Entra Amastre, ancora travestito da uomo, e Romilda gli chiede di avvertire Arsamene che il re ha ordinato la sua morte. In cambio, Romilda consegnerà la lettera di Amastre a Xerse, tramite Cleitus. Appartamenti reali del palazzo di Ariodate. Ariodato trova Arsamene nelle stanze di Romilda e gli dà Romilda in moglie, «come il re comanda». Entrambi accettano, anche se sono sorpresi dal cambiamento d’opinione del re. In riva al mare. Aristone attende invano Amastre. Xerse dice all’ambasciatore Periarco che si rifiuta di sposare Amastre. Ariodate esce per incontrare Xerse e gli dice che ha già esaudito il suo desiderio. Xerse è furioso quando scopre che Arsamene e Romilda sono sposati. Decide che moriranno tutti: Romilda, Ariodato, Arsamene e lo stesso Xerse. Clito gli consegna la lettera di Amastre. Galleria di arazzi e piatti. Palazzo di Abydos. Xerse desidera morire, ma Eumene ritiene che il suo atteggiamento non sia consono a un eroe. Arsamene arriva per ringraziarlo e Xerse gli dà una spada con cui uccidere Romilda e poi uccidersi. Ma Amastre prende la spada dicendo che solo lei deve morire. Lei rivela la sua identità e Xerse sente rinascere il suo amore per lei. Xerse risparmia le vite di Arsamene e Romilda. L’opera si conclude con un quartetto di Romilda, Amastre, Arsamene e Xerse: «Non ci sarà amante più felice di me, né lo è mai stato, né lo sarà mai».